Venticinque anni dopo
Presente e futuro del franchise pokémon
Lo scorso 25 febbraio, i Pokémon, contrazione di Pocket Monsters, hanno compiuto venticinque anni.
Per un prodotto informatico di qualunque tipo, venticinque anni sono sinonimo di obsolescenza. Non per loro.
Lanciati sulla console portatile Game Boy nel 1996 per il mercato nipponico e nel 1998 per quello
occidentale – Pokémon versione rossa e Pokémon versione blu –, hanno rappresentano, e rappresentano
tuttora, un fenomeno commerciale e culturale insieme, forse il primo fenomeno di massa dell’era digitale:
la serie anime, le carte collezionabili, i francobolli, gli eventi dedicati – da ultimo quello di Katy Perry per il
venticinquesimo anniversario – , il merchandise, e persino le leggende nere – si pensi alle storie legate al
famigerato mondo di Lavandonia – e le controversie legali sono sintomi di una penetrazione profonda nel
tessuto culturale globale. Il lancio, nel 2017, dell’applicazione free to start Pokémon Go ha ulteriormente
ampliato la platea di giocatori oltre i tradizionali fan.
I profitti registrati da The Pokémon Company per il 2020 ammontano a quasi 130 milioni di euro. Forte di
queste cifre, Pokémon è il primo franchise del settore, seguito da Super Mario, sempre Nintendo, e Call of
Duty. L’incremento di vendite del 14% rispetto al precedente anno fiscale è dovuto principalmente al
rilascio, nel novembre 2019, dei giochi di ottava generazione Pokémon Spada e Pokémon Scudo, a due anni
di distanza dai deludenti Ultrasole e Ultraluna. Nel corso del 2020 sono stati rilasciati i primi DLC in assoluto
della saga: L’isola solitaria dell’armatura e Le terre innevate della corona.
Il concept è estremamente semplice. Ideati da Satoshi Tajiri, fondatore della software house Game Freak, i
Pokémon sono esseri dalle sembianze teriomorfi – inizialmente centocinquantuno – che abitano un mondo
parallelo al nostro, in cui coesistono con gli umani. Sono dotati di abilità speciali, possono essere catturati,
addestrati e messi in competizione con altri Pokémon. La circostanza per cui non sanguinano e non
muoiono – se sconfitti diventano temporaneamente inutilizzabili – li ha resi adatti a un pubblico vasto, dai
bambini agli adulti.
La formula chimica del successo è impossibile da definire. Una parte consistente del merito risiede nella
natura ibrida del prodotto, che fonde tratti gestionali con caratteristiche RPG e adventure, e soprattutto
nella compulsione collezionistica. Lo scopo del gioco è, infatti, completare il Pokédex, l’elenco completo dei
Pokémon. Non è sufficiente acquistare i giochi: l’unico modo per «catturali tutti», in ossequio allo slogan
ufficiale, è ricevere i Pokémon eventi nel corso di occasioni speciali e scambiare i Pokémon esclusivi di
ciascuna edizione con gli altri membri della community. Il carattere competitivo, inoltre, ha posto di fatto i
Pokémon tra gli e-sport, con gare nazionali e internazionali. Il ruolo dei gamer professionisti e degli
influencer è stato fondamentale nel mantenere alto l’hype.
La semplicità è allo stesso tempo il limite del titolo. La lore di gioco ha un potenziale estremamente alto ma
non è mai stata sfruttata appieno. Nel corso dell’evento ufficiale Pokémon Presents, del 26 febbraio, sono
stati presentati i remake, a lungo attesi dai fan, di Pokémon Diamante e Pokémon Perla – Diamante
splendente e Perla lucente –, e un prequel/reboot della serie, Leggende Pokémon: Arceus, il primo capitolo
di una nuova saga. Visivamente, l’architettura dell’ambiente di gioco ricalca quella, rispettivamente, di The
Legend of Zelda: Link’s Awakening e Breath of the Wild. I due remake, a giudicare dal trailer di lancio, si
mantengono fin troppo fedeli agli originali, trasponendo in grafica 3D la tradizionale struttura a griglia: un
vistoso passo indietro rispetto alle ultime generazioni. Il design chibi scelto per gli allenatori, inoltre,
sembra una cattiva citazione delle bambole Funko Pop. L’open world Arceus, invece, pare voler
accontentare le richieste della community di una maggiore profondità narrativa.
Nintendo, a differenza delle altre case produttrici di console, punta su un mercato di affezionati e su titoli
storici, tanto da non aver ancora avvertito la necessità di una console next gen. Il suo mercato è solido e i
suoi prodotti sono unici e non giocabili su altre piattaforme. In linea con la cultura giapponese, che fonde
sin dall’epoca Meiji tradizionalismo e innovazione, la Nintendo mantiene la sua rotta. Tuttavia, anche le
rotte più sicure sono soggette a marosi e il brand Pokémon, come polena, non basterà da solo a garantire
buona sorte per i prossimi venticinque anni.
