• 08/12/2024

Università e impresa: collaborazione necessaria

 Università e impresa: collaborazione necessaria

Pierini Marco

L’Università fa ricerca, ma è necessario che anche il mondo delle imprese si apra ad una collaborazione. Questo il pensiero di Marco Pierini, prorettore al Trasferimento tecnologico, attività culturali e impatto sociale dell’Università di Firenze

Le funzioni dell’università  

«L’università ha tre grandi funzioni: quella della formazione dei giovani, quella che un tempo si definiva la “futura classe dirigente”, con corsi di laurea capaci di soddisfare il mondo delle imprese e degli enti pubblici; la ricerca e, infine, la relazione con la società civile (imprese, associazioni, PA, cittadini).

La funzione primaria – spiega il prorettore Marco Pierini – è quella di preparare i giovani a vivere in un mondo in fortissima evoluzione. Una caratteristica della nostra università italiana è quella di dare una formazione generalista e non fortemente specializzata sulle esigenze della singola azienda, cosa che, invece, avviene in altri paesi, per esempio in Germania e nel Nord Europa.

Personalmente ritengo che questa sua peculiare essenza sia al contrario un punto di forza perché non dobbiamo formare i giovani a un problema specifico da risolvere, ma ad essere in grado di affrontare il mondo non solo oggi, ma nei prossimi 40 anni. Quella fornita dall’Università di Firenze è più una formazione ad affrontare temi sempre più complessi e sempre nuovi rispetto a quella che serve a risolvere un problema specifico che poi, magari tra 5 anni, sarà superato dalla tecnologia stessa.

Secondo aspetto fondamentale – prosegue Pierini – è che l’Università crea i suoi percorsi formativi – soprattutto di II e III livello – cioè, lauree magistrali e dottorati sulla base della ricerca. La ricerca è una “ricerca di frontiera”, che sviluppa metodologie ancora non in uso e forma giovani ad affrontare i nuovi problemi che si presenteranno negli anni futuri. Per esempio, il tema dell’IA che oggi è sulla bocca di tutti, come se fosse arrivata solo ora, è già allo studio in università da più di un ventennio e abbiamo corsi di laurea attivi da anni.

Terzo punto: il rapporto con le imprese. Questo aspetto mi sta particolarmente a cuore – sottolinea il prorettore – e da quando sono arrivato, circa un anno e mezzo fa, ho cercato di dare un forte impulso al consolidamento della relazione con il mondo delle imprese attraverso le associazioni di categoria come Confindustria, Cna e molte imprese singolarmente.

Il rapporto è relativamente facile con le grandi aziende e, in generale, con chi fa ricerca e innovazione. Diventa più difficile con le PMI e con le aziende che non fanno innovazione. Questo è un grosso limite, in particolare del nostro tessuto toscano. Se si varcano gli Appennini, infatti, si trova tutta un’altra realtà con un’apertura e predisposizione all’innovazione che non riscontriamo da noi.

Purtroppo è un dato oggettivo che ricaviamo dal rapporto spesa ricerca/innovazione o dal numero dei brevetti depositati. La collaborazione non è così attivabile nonostante gli incentivi dati anche dal PNRR di poter inserire giovani ricercatori in azienda – ammette Pierini – perché alla fine sono davvero poche le aziende in grado di cogliere queste opportunità. Innovazione è su tutto: di processo, di prodotto, di tipo sociale e di organizzazione del lavoro. Si pensi allo smart working ormai utilizzato da realtà di grandi dimensioni, ma visto ancora come un tabù da realtà con dimensioni minori».

Toscana Economy - Università e impresa: collaborazione necessaria

Innovazione a carattere sociale

«I temi sono di varia natura: si va dall’approccio e gestione del lavoro a quello del risparmio energetico e alla sostenibilità, visti ancora come un onere dalle aziende, invece, che opportunità di sviluppo economico. Noi facciamo ricerca, ma è necessario che anche il mondo delle imprese si apra a una collaborazione. Spesso l’università è vissuta dalle PMI con un doppio freno: con un rapporto di sudditanza o ritenendo che la ricerca universitaria sia fine a se stessa.

La realtà conferma, invece, che dove le collaborazioni sono effettive, i risultati sono tangibili. Inoltre, ora ci sono grandi opportunità anche in termini di finanziamenti per superare quest’impasse e favorire un ponte di congiunzione per un percorso bidirezionale. Io ho voluto inserire nel nostro piano strategico l’ascolto del territorio perché dai cittadini, dalle imprese, dalla società civile, delle associazioni possono arrivare input che possono essere sviluppati al nostro interno per poi riportarli a loro in un secondo momento».

Inclusione – Innovazione

«Sull’inclusione, come Università, stiamo investendo molto con delega specifica e regolamenti appositi. Ma anche a livello di attrattività con il tema delle discipline STEM attraverso progetti specifici. Per esempio, a breve partirà un progetto di orientamento per le scuole superiori in collaborazione con Fondazione CR Firenze, che si svolgerà al Dynamo Camp con animazione dei giovani ricercatori per superare lo schema al “femminile”.

Altra cosa è il tema del “bilanciamento” di genere nelle imprese. Alcune stanno lavorando tantissimo al punto da portarci via alcune dottorande o laureande per esigenze interne loro. Ma resta ancora molto da fare. La letteratura scientifica dimostra che un ambiente di lavoro con presenze di genere e culture diverse è più efficace e produttivo con tangibili benefici per l’azienda».

IA: la fine dell’uomo?

«L’effetto dell’automazione della robotica soppianterà certamente lavori a più basso contenuto intellettivo dando dei benefici in termini di produzione e di sicurezza, eliminando lavori più faticosi e usuranti. Sul tema che la IA possa andare a sostituire attività di tipo cognitivo c’è forte preoccupazione perché indubbiamente ha una grande potenzialità che va governata. Qualcuno l’ha paragonata all’energia atomica che da una parte può avere grandi potenzialità, ma ha anche tutti i suoi risvolti negativi per un uso improprio. Ci aiuta anche nella ricerca ma va regolamentata perché c’è il rischio possa prendere il sopravvento sul genere umano rendendolo insignificante.

Disegnare il futuro vuol dire collaborare e gestire quello che abbiamo, avvicinando sempre più i giovani al mondo della formazione universitaria. Il nostro paese è ancora al penultimo posto in Europa per il numero dei laureati e credo che per poter governare anche il tema della IA ci voglia una preparazione culturale e una formazione di livello superiore a quella che abbiamo oggi. Questa è una grande preoccupazione, ma perché è un forte limite allo sviluppo del Paese».

Università degli Studi di Firenze

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Letizia Pini

Giornalista - letizia.pini@toscanaeconomy.it

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