• 19/01/2025

Università di Siena investe nel capitale umano 

 Università di Siena investe nel capitale umano 

Roberto Di Pietra Rettore Unisi

Coltivare il capitale umano è un investimento a lungo termine, ma dal valore incommensurabile. Ne abbiamo parlato con il rettore dell’Università degli Studi di Siena (Unisi) Roberto Di Pietra

Partire dalle università, ponte tra l’oggi e il domani, dove la formazione è la base delle competenze future, diventa essenziale per comprendere il ruolo che riveste il capitale umano. Ne abbiamo parlato con Roberto Di Pietra, rettore dell’Università degli Studi di Siena (sito web).

Come prepara l’università il capitale umano?

«La nostra impostazione, che è quella di ogni università statale, è volta a formare persone capaci di portare nei lavori che andranno a svolgere saperi e abilità raggiunti in un percorso di studi che va dai 3 ai 10 anni (come nell’area medica). 

In Ateneo, si lavora sulle capacità delle persone per fornire loro un metodo e avere delle competenze che possono essere adattabili a nuove specificità professionali. L’università deve essere in grado di preparare figure capaci ad aver un atteggiamento critico, un’indipendenza di giudizio e delle skills che siano adattabili a quello che sarà il lavoro futuro».

Quale relazione intrattiene l’Ateneo con il territorio?

«L’Ateneo ricerca tutte le forme di partecipazione con il contesto in cui opera, fatto da: una dimensione cittadina, nel nostro caso la città di Siena; le varie sedi periferiche (Arezzo, Grosseto e San Giovanni Val d’Arno); una dimensione più allargata, in quanto come università statale il nostro ambito è nazionale, ma anche internazionale dato che una parte significativa dei nostri studenti proviene dall’estero.

Dobbiamo quindi essere capaci di relazionarci con tutte queste realtà, cercando di avvicinare con le nostre attività di ricerca gli studenti a tutti gli stakeholder. A volte siamo noi che andiamo verso i nostri interlocutori, altre volte è il contesto che viene direttamente nelle nostre aule e nei nostri laboratori portando la sua esperienza, il suo punto di vista, i suoi fabbisogni.

Ambedue i passaggi sono indispensabili. Questa co-docenza arricchisce l’esperienza didattica di interazione in aula».

Quali sono le buone prassi portate avanti dall’Ateneo per formare un capitale umano in grado di fare la differenza nella società?

«Abbiamo piani strategici che prevedono azioni sulla sostenibilità, politiche di inclusione ed equità, e anche una squadra di delegati che deve coordinare tutte queste azioni. Abbiamo per esempio un delegato alla sostenibilità e un delegato alle politiche di inclusione ed equità.

Questi colleghi hanno una loro attività che si va a distribuire su tutta la struttura organizzativa dell’Università (paragonabile a quella di una grande azienda). Tutto questo lo facciamo per trasmettere valori alle persone che stiamo formando, affinché lo implementino nella loro quotidianità di vita lavorativa e sociale. Un esempio concreto è dato dall’adozione già nei nostri documenti di un linguaggio di genere e inclusivo.

Credo che sia un elemento importante, più che formativo direi educativo: se lo facciamo noi, lo faranno tutte le altre componenti della nostra società. Si arriverà così a permeare la nostra società, e credo che ce ne sia davvero un grande bisogno».

È possibile “misurare” il valore del capitale umano?

«Lo dice un rettore che incidentalmente è anche un aziendalista: spesso parliamo del capitale tangibile, del capitale finanziario, del capitale strumentale. Ma c’è un capitale, che è quello che definiamo umano, che è intangibile e che non è oggetto di misurazione nei bilanci, ma ha una sua rilevanza.

Non è misurato in euro, ma su di esso si deve lavorare perché è un elemento che arricchisce la qualità della società in cui viviamo. Si deve investire sulla crescita e sullo sviluppo del capitale umano anche se è un investimento a lungo termine, un investimento che darà risultati sulla lunga distanza».

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Letizia Pini

Giornalista - letizia.pini@toscanaeconomy.it

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