Trasformazioni del sistema industriale
Le trasformazioni comportano enormi dispendi di risorse, in particolare con riferimento al mondo industriale
Se ne è parlato il 28 e 29 settembre a Pistoia nel forum organizzato da Confindustria Toscana Nord e dal Centro Studi di Confindustria, ospitati dalla Fondazione Caript presso l’antico palazzo dei Vescovi. La stessa Fondazione e Intesa Sanpaolo hanno sostenuto l’iniziativa.
Il format è stato progettato nel 2017 ed inserito nella rosa di eventi di Pistoia capitale italiana della cultura. Da quella data ha continuato a riproporsi annualmente con successo.
Secondo Lorenzo Zogheri, presidente della Fondazione, è destinato ad ampliarsi con nuove attività a partire dal prossimo anno grazie a un sostegno ancora maggiore della Fondazione Caript. Marcello Gozzi, Direttore di CTN, ha ringraziato Intesa Sanpaolo per il sostegno al progetto sia sul piano economico che con gli importanti contributi scientifici della propria Direzione Studi e Ricerche.
Quest’anno si lascia alle spalle la narrazione della globalizzazione e del suo esaurirsi, che ha costituito l’asse privilegiato del confronto tra i Membri della Community fin dal 2017, per abbracciare due interessantissime tematiche.
La prima è il ruolo dell’Italia nel Mediterraneo, inteso sia in termini strettamente economici ( rapporti con altri sistemi economici dell’area ) che in senso più ampiamente geopolitico (quale è l’effettivo grado di influenza dell’Italia nel contesto mediterraneo?).
La seconda, mai affrontata in modo esplicito nelle precedenti edizioni, riguarda i rapporti tra finanza e sviluppo industriale ed i cambiamenti che li hanno caratterizzati nel tempo.
A coordinare le sessioni dei lavori Fabrizio Traù, ieri dirigente del Centro Studi Confindustria e oggi docente all’Università Luiss di Roma ma, sin dall’inizio, animatore del progetto, e Alessandro Fontana, Direttore del Centro Studi di Confindustria nazionale.
Gli argomenti sono stati affrontati da oltre cinquanta persone tra le più influenti del mondo della ricerca economica.
Ferma restando la trattazione della seconda tematica in un successivo contributo, la prima è stata intonata da Traù. Le “pennellate” dell’intervento, attinte da logiche storico – politiche, hanno gettato le basi per i successivi interventi generando quelle ombre lunghe necessarie per meglio comprendere i successivi contributi. Sono seguite quattro interessantissime relazioni e un importante numero di interventi. Ciascuno di essi ha arricchito la tematica: in alcuni casi con delle precisazioni e messe a terra, in altri aprendo altre questioni non colte o solo lambite in precedenza.
Si è parlato di EUSAIR, strategia europea di cooperazione tra regioni e nazioni che si affacciano sul Mare Adriatico e sullo Ionio. Lanciata nel 2014, coinvolge dieci Paesi: quattro Stati membri (Italia, Slovenia, Grecia, Croazia) e sei paesi non-UE (Albania, Serbia, Bosnia-Erzegovina, Montenegro, Macedonia del Nord, il cui iter di adesione si è concluso nell’aprile 2020) a seguito dell’adesione della Repubblica di San Marino il 14 febbraio 2022.
L’Italia partecipa non in toto ma solo con alcune Regioni. L’obiettivo della strategia è promuovere una prosperità economica e sociale sostenibile nella regione mediante la creazione e crescita di posti di lavoro nonché il miglioramento della sua attrattività, competitività e connettività, preservando al tempo stesso l’ambiente e assicurandosi che gli ecosistemi costieri e marini restino sani ed equilibrati.
Altro aspetto trattato le quattro macroregioni europee: la Baltica, la Danubiana, la Ionico-Adriatica e l’Alpina. Per queste aggregazioni si è potuto constatare la difficoltà di cooperare e portare avanti le strategie per le quali erano state ideate.
Con riguardo alla situazione geopolitica ed i conflitti nella regione adriatico ionica si è focalizzata l’attenzione sugli effetti che ha provocato la balcanizzazione, in primis la frammentazione degli Stati. Costituiscono vere e proprie barriere per una gestione armonica ed integrata le differenze culturali, sociali, storiche e, non ultimo, geografiche. Tutto ciò genera una visione curtense del proprio destino non aprendo a soluzioni comuni. In più occasioni si è invocato il soft power quale possibile soluzione per aprire la strada alla vera e più proficua cooperazione.
La crescita e lo sviluppo dell’area possono costituire veri e propri volàni per una migliore integrazione politico – sociale. Su questo possono giocare un ruolo di interesse le catene del valore, o più opportunamente la loro evoluzione. Si parte dall’assunto che dalla crisi del 2008 – 2009 le catene del valore hanno subito una forte crisi rimettendo in discussione la opportunità di continuare a stressare il concetto di globalizzazione.
Tutto questo ha creato qualche dubbio anche tra i benpensanti che ritenevano la globalizzazione strumento principe per ridurre la concorrenza, abbassare i prezzi al consumo e ridurre la povertà.
Si è posto anche il dubbio se gli shocks recenti, pandemia e guerre in primis, possano avere indotto una riconfigurazione delle catene del valore attivando un vero e proprio reshoring strutturale o, quanto meno, nearshoring. In tutto ciò il Mediterraneo gioca un ruolo forte.
Si è potuto constatare che, nonostante avessero contribuito alla propagazione degli shock, le catene del valore hanno anche permesso di diversificare, riducendo la vulnerabilità e contribuendo alla resilienza in caso di interruzione della produzione nazionale. In una situazione in cui le GCV fossero stata rinazionalizzate la contrazione del PIL sarebbe stata superiore a quella osservata.
Tuttavia un determinato grado di regionalizzazione e di reshoring – TOSCANA ECONOMY – L’impresa tra offshoring e reshoring – può essere un’opzione da seguire, specie in situazioni di maggiore incertezza con politiche commerciali più restrittive e diffusione di nuove tecnologie, due per tutti la stampa 3D e la robotizzazione, che non stimolano il commercio.
Si è poi focalizzata l’attenzione sui porti, la loro estrema valenza nella interazione tra le sponde del Mediterraneo e non solo. Si è posto l’accento sulla loro progressiva deindustrializzazione, elemento non in sintonia con le realtà simili al di fuori dell’area considerata che andrebbe fortemente ripensato. La loro attrattività passa anche attraverso la logistica e tutti i servizi accessori non trascurando che qualsiasi scelta politica, sociale e industriale non può non essere messa a terra senza il movimento di merci.
Nel VI seminario pistoiese la coraggiosa e necessaria scelta di lasciare la questione della globalizzazione ed aprirsi ad ulteriori tematiche, come l’area del Mediterraneo, è stata accolta con favore ed entusiasmo. Ne sono una riprova le animate relazioni e, a caldo, le focalizzazioni dei presenti. Tutto lascia presagire una soluzione di continuità e la possibilità di attrarre ulteriori matasse da sciogliere. Magari anche con articolazione nello svolgimento dei lavori ancora più arricchita, come anticipato del presidente Zogheri nel suo animato intervento.
Detto ciò l’Antico Palazzo dei Vescovi continua a guardare. Lo fa da mille anni e auspichiamo lo possa fare per molti altri ancora, continuando ad accogliere ed impreziosire il forum sulle trasformazioni del sistema industriale.
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