• 14/02/2025

Transizione energetica, priorità globale

 Transizione energetica, priorità globale

La transizione ecologica è la sfida globale che dobbiamo affrontare. Ne parliamo con Stefano Luccisano, presidente GGI Confindustria Toscana

Quella della transizione ecologica è una sfida epocale, che sta coinvolgendo tutti da vicino: cittadini, imprese, enti e istituzioni. Ne abbiamo parlato con Stefano Luccisano, presidente del Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Toscana e ceo di Macoev, un solution provider per l’era digitale.

Transizione ecologica: qual è lo stato dell’arte del problema e quali sono le dinamiche europee e globali sul tema?

«La sfida della transizione ecologica si presenta come uno dei grandi compiti di fronte ai quali ci troviamo, coinvolgendo cittadini, imprese, istituzioni e organizzazioni intermedie. Affrontare una problematica così significativa e complessa richiede un approccio ponderato, evitando commenti populistici che semplifichino eccessivamente la questione.

Nell’arco degli ultimi 150 anni, la popolazione mondiale è passata da 1 miliardo e mezzo a 8 miliardi di persone. Se in passato siamo stati in grado di mantenere un equilibrio con l’ambiente, negli ultimi due secoli abbiamo alterato l’habitat, generando una problematica di notevole entità.

Un aumento del consumo di elettricità è correlato a una maggiore presenza di anidride carbonica e all’effetto serra risultante. Secondo gli scienziati, il mondo si divide in tre velocità: i Paesi sviluppati, con 1 miliardo di abitanti; i Paesi emergenti con 3 miliardi e mezzo di persone, che contribuiscono al 50 per cento delle emissioni globali di CO2; infine, 3 miliardi e mezzo di abitanti nei Paesi sottosviluppati, privi persino di accesso all’elettricità. Pertanto, l’adozione di misure per contenere le emissioni di CO2 è importante, ma non può costituire l’unica soluzione.

Nonostante le sfide globali, l’Italia si trova tra i Paesi virtuosi che si impegnano attivamente nella transizione ecologica. Tuttavia, è necessario avere il coraggio di recuperare rapidamente il tempo perduto a causa di eventi come la guerra tra Russia e Ucraina, e l’incremento dei prezzi, che hanno distolto l’attenzione dalle cruciali questioni ambientali.

La transizione ecologica non è solo una priorità a livello regionale, nazionale, ma anche globale. La comunità internazionale sta compiendo sforzi congiunti per affrontare le sfide ambientali, ma è essenziale che ogni Paese, compreso l’Italia, giochi un ruolo attivo nella riduzione delle emissioni di carbonio e nella promozione di tecnologie e processi sostenibili.

È fondamentale adottare misure concrete e implementare politiche sostenibili per accelerare la transizione ecologica. Ciò implica investimenti nelle tecnologie verdi, nelle energie rinnovabili, nell’efficienza energetica e nella mobilità sostenibile. La visione sottolinea l’importanza della collaborazione tra il settore pubblico e privato per affrontare le sfide legate al cambiamento climatico. In quest’ottica, ritengo che il REPowerEU sia fondamentale per aiutare le imprese ad affrontare questi scenari.

Il piano, presentato il 18 maggio 2022 dalla Commissione Europea per “porre fine alla dipendenza dell’Unione europea dai combustibili fossili della Russia […] e affrontare la crisi climatica”, è oggi uno strumento per la competizione futura delle nostre imprese».

Lo scorso ottobre, come Giovani Imprenditori di Confindustria, avete presentato a Bruxelles un documento dal titolo Passaporto Digitale dei Prodotti – Analisi e feedback dei comparti industriali, che comprende anche un’analisi relativa alla Proposta di regolamento sulla progettazione ecocompatibile. Come avete realizzato questa analisi? Qual è il suo scopo?

«In questo basket di profondo rinnovamento socioeconomico, verrà appunto introdotto il Passaporto Digitale dei Prodotti. Innanzitutto, cerco di fare chiarezza sul PDP che è una parte della proposta di regolamento sulla progettazione ecocompatibile il cui scopo risulta essere: assicurare che i soggetti coinvolti nella catena del valore abbiano accesso alle informazioni sui prodotti di loro interesse; facilitare la verifica della conformità del prodotto da parte delle autorità nazionali; migliorare la tracciabilità dei prodotti lungo l’intera catena del valore.

Sulle ipotesi di applicazione proposte dalla Commissione Europea, noi Giovani Imprenditori di Confindustria abbiamo avviato un processo di ascolto dei settori maggiormente interessati dalla nuova normativa (legno- arredo, tessile-moda e plastica) e abbiamo formulato un dossier corposo con rischi, opportunità e una serie di proposte concrete che possano trovare luogo al termine dell’ultimo trilogo di dicembre a cui faranno seguito i singoli atti normativi.

Lo scopo era coinvolgere i nostri territori e le nostre filiere partendo dai giovani imprenditori, dato che la misura impatterà, nel bene o nel male, soprattutto la nostra generazione. Lo abbiamo fatto grazie al supporto della nostra Segreteria nazionale e con il nostro vicepresidente Alessandro Somaschini, la vicepresidente e il Past President di YES for Europe, Erika Rastelli e Matteo dell’Acqua, e la vicepresidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria Toscana Alessia Matteini Bresci.

Abbiamo redatto tutti insieme il dossier partendo dai nostri settori di appartenenza e declinando poi una sintesi di domande e risposte che ci ha portato il 16 novembre scorso all’incontro con Alessandra Moretti, relatrice per il Parlamento Europeo. Siamo consapevoli che la tracciabilità, qualora applicata a livello globale, sia per noi europei, e in particolare per noi italiani, una grande opportunità.

Siamo la seconda manifattura d’Europa e la qualità è di fatto il nostro segno distintivo. La minaccia, se vogliamo, viene dal fatto che molte aziende micro e piccole non sono pronte, anche da un punto di vista tecnologico e informatico, ad affrontare una sfida così complessa su temi come le performance energetiche, la carbon footprint, la durabilità».

TOSCANA ECONOMY - Transizione energetica, priorità globale
Stefano Luccisano

Quanto è importante le tracciabilità in termini di sostenibilità?

«È fondamentale, è un requisito di esistenza della sostenibilità stessa. In contesti di filiera, spesso anche internazionale, se non viene coinvolto attivamente anche il fornitore in un processo di raccolta del dato e di condivisione degli obiettivi ESG, non possiamo parlare di sostenibilità, perché a valle della catena del valore – pensiamo al mondo retail – c’è un impatto sì, ma con una percentuale molto minore. Per migliorare ciò che stiamo facendo è fondamentale per prima cosa misurarlo, ma anche per vendere e far capire il nostro impegno verso la sostenibilità è essenziale poter dimostrare di avere in mano i dati di tutta la supply chain.

La tracciabilità riveste un ruolo cruciale nel garantire l’origine di un prodotto o di una materia prima, contribuendo significativamente alla mitigazione dei rischi associati.

La sua funzione principale consiste nell’identificare tempestivamente i prodotti “difettati” e nel rimuoverli dal flusso commerciale prima del loro ingresso sul mercato. Oltre a questo aspetto fondamentale, la tracciabilità offre alle aziende un mezzo per ottimizzare l’efficienza e la pertinenza dei controlli di qualità, riducendo al minimo le eventuali non conformità.

Ciò che rende la tracciabilità ancor più cruciale è la sua capacità di fornire un quadro completo dell’impatto ambientale e sociale associato alla produzione di un determinato prodotto. Questa prospettiva consente alle aziende di identificare chiaramente le aree che richiedono miglioramenti e facilita una transizione graduale verso pratiche più sostenibili. In tal modo, la tracciabilità diventa uno strumento imprescindibile per perseguire obiettivi di sostenibilità, poiché il concetto stesso di sostenibilità implica la necessità di collaborare per raggiungere gli obiettivi comuni.

Un’azienda che agisce in modo isolato risulta inadeguata a sostenere la complessità e l’interconnessione degli obiettivi sostenibili, sottolineando l’importanza di un approccio collaborativo e sinergico».

Macoev da società software tradizionale si è trasformata in una società di consulenza e servizi IT avanzati per le aziende. Uno degli strumenti a disposizione della nuova industria è l’intelligenza artificiale che, però, è energivora. In questa era in cui vi è la necessità di prestare attenzione alle tematiche ambientali, come si può ovviare al problema? Come Macoev state facendo qualcosa?

«È ora di iniziare a parlarne seriamente. In molti contesti in cui mi sono trovato a dibattere sul tema della sostenibilità aziendale, molti colleghi mi hanno sempre detto “voi informatici che ne sapete, non avete impatti con i pc”. Nvidia Corporation, una delle principali aziende a livello globale nel mondo tecnologico, spedirà circa 1,5 milioni di unità di server IA all’anno entro il 2027, che a regime consumeranno 85,4 terawattora di elettricità all’anno, una cifra superiore al consumo totale di diversi piccoli Paesi.

Le nuove unità di elaborazione grafica avanzata (GPU) consumano da 10 a 15 volte la quantità di energia per ciclo di elaborazione rispetto alle CPU. Per fare un esempio, una domanda a ChatGPT rispetto a una e-mail costa, in termini energetici, da 10 a 100 volte. Il costo energetico totale del settore ICT, secondo le ultime stime, varia dal 5 al 10 per cento dei consumi elettrici mondiali, praticamente quello dell’aviazione.

Anche il consumo di acqua ha un impatto non trascurabile sulla sostenibilità del calcolo dell’IA, dove viene utilizzata nei data center sia per il raffreddamento che per la generazione di elettricità. Solo il 33-50 per cento circa degli operatori di data center compila e riporta metriche sull’utilizzo dell’acqua (OCSE, 2022).

Noi di Macoev ci stiamo impegnando nella riduzione di qualunque tipo di spreco; da oltre 3 anni abbiamo completamente dematerializzato qualunque processo e abbiamo introdotto, dal 2020, lo smart working libero per tutti i dipendenti, cercando di ridurre al minimo le emissioni di CO2. Abbiamo investito in una sala riunioni tecnologica che ci ha consentito di ridurre le trasferte del 35 per cento e stiamo eliminando quasi tutta la plastica.

Quest’anno abbiamo deciso anche di redigere il bilancio di sostenibilità, andando a compensare dove non possibile ridurre. Penso che anche le aziende piccole, e non particolarmente energivore, debbano fare la loro parte, sia dal punto di vista operativo che nella comunicazione e diffusione di messaggi positivi».

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Martina Rossi

Coordinatrice editoriale

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