Sostenibilità, un valore aggiunto per il made in Italy
Intervista a Andrea Cavicchi, presidente del Consorzio Italiano Detox
Andrea Cavicchi è il presidente del Consorzio Italiano Detox, ma soprattutto un imprenditore di uno dei più importanti distretti tessili europei. Come presidente, prima di Confindustria Prato e successivamente di Confindustria Toscana Nord, dal 2014 collabora con la ong Greenpeace, per il progetto Detox. L’obiettivo è quello di limitare e eliminare l’uso dei prodotti nocivi per l’uomo e l’ambiente in un’industria – quella tessile – che è seconda solo a quella petrolifera per l’inquinamento delle falde acquifere. Toscana Economy gli ha chiesto di raccontarci come nasce questa esperienza
Tutto è partito nel 2012, quando si manifestò la necessità di capire quali sostanze chimiche nocive si trovassero nei capi d’abbigliamento cinesi venduti in Italia e di dimostrare quanto inquinamento si stava importando inconsapevolmente.
«Fu allora che vennero analizzati decine di capi con etichetta made in China – racconta Cavicchi – riscontrando in più della metà di questi prodotti la presenza di sostanze chimiche, vietate dalla nostra legislazione da oltre vent’anni, o composizioni fibrose diverse da quelle dichiarate in etichetta».
Il passo successivo fu quello di capire come si produceva nel distretto pratese. Quindi, insieme alla società che gestisce il depuratore centralizzato di Prato, la Gida (Gestione Impianti Depurazione Acque, nda), vennero analizzate le acque in arrivo al depuratore alla fine del processo produttivo. Trovarono degli inquinanti, successivamente depurati, ma niente a che vedere con quello che avevano trovato nei tessuti cinesi.
Nello stesso periodo Greenpeace, la famosa ong per la salvaguardia dell’ambiente, stava promuovendo a livello mondiale la propria campagna Detox, lanciata nel 2011, con la quale chiedeva ai più importanti marchi della moda mondiali l’eliminazione, dai loro cicli produttivi, di più di 500 sostanze chimiche nocive per l’uomo e per l’ambiente, da sostituire con prodotti non tossici.
«Partendo dalla collaborazione con la ditta Miroglio, che aveva aderito da poco all’iniziativa, si decise come Confindustria Prato di organizzare un incontro per far conoscere alle imprese del nostro distretto il progetto di Greenpeace – prosegue Cavicchi – In quell’occasione rilasciai un’intervista ad un giornale locale, dove affermavo che Prato era pronta per il Detox. Gli studi fino ad allora svolti, infatti dimostravano che molte delle sostanze tossiche, delle quali Greenpeace chiedeva l’eliminazione, nei tessuti pratesi non erano presenti da tempo. Eravamo pronti per far capire al mondo quanto fosse sostenibile la produzione pratese, assumendosi un forte impegno pubblico».
Anche se il giornale era locale, la notizia arriva velocemente agli altri distretti tessili industriali provocando meraviglia ma anche alcune reazioni contrarie.
«Mi arrivarono chiamate del tipo “…non era un’affermazione azzardata?” “…e i costi da sostenere per la filiera?” “…non avete paura di Greenpeace?».
Poi arriva la telefonata di Greenpeace.
«Ci chiama Chiara Campione, la referente per l’Italia della campagna Detox, che ci chiede un incontro. La mia dichiarazione era arrivata anche a loro. Così siamo andati a Roma, portando con noi lo studio sull’inquinamento delle acque e sulle fibre tessili, basato sulle analisi svolte negli ultimi anni dal Laboratorio Buzzi di Prato. I responsabili di Greenpeace rimasero positivamente colpiti dalla nostra collaborazione e disponibilità a mettere in comune le molte informazioni che avevamo sui tessuti e ausiliari tessili. Il fatto importante era che finalmente un distretto tessile era disposto a lavorare al loro fianco in maniera trasparente. Questo progetto permise a Greenpeace di togliere l’alibi ai brand del fashion, che riversavano sulle filiere produttive l’incapacità di raggiungere gli obiettivi di sostenibilità sottoscritti».
Dal 2011, a seguito del progetto Detox, i più importanti marchi di abbigliamento, Nike, Adidas, Puma e altri grandi brand, istituirono il protocollo Zdhc (Zero Discharge of Hazardus Chemicals, nda), per controllare che la filiera produttiva non utilizzasse sostanze pericolose e imponendo alle produzioni la limitazione dell’uso di sostanze nocive per l’ambiente.
«Oggi continua la nostra collaborazione con Greenpeace, non solo sulla riduzione degli inquinanti, ma anche su progetti di comunicazione e soprattutto sull’ecodesign. Insieme all’Istituto Design Europeo e Greenpeace, abbiamo sostenuto un progetto di formazione degli studenti sulla sostenibilità e sullo sviluppo di una vera economia circolare».
Tutte queste attività sono portate avanti dal Consorzio Italiano Detox, nato nel 2016, e che oggi raggruppa 40 aziende del territorio italiano, impegnate a produrre secondo i principi di sostenibilità promossi da Greenpeace.
Nell’ultimo anno è iniziata anche una forte collaborazione a livello nazionale e internazionale con la Fondazione ZDHC al fine di armonizzare gli strumenti tecnici per la gestione e eliminazione delle sostanze nocive, partendo da una ricerca svolta dal Consorzio nel 2018, sulla sicurezza chimica dei materiali tessili di lana rigenerata.
«Questa grande attività – conclude Cavicchi – potrà far diventare la produzione tessile italiana, basata sulla sostenibilità e la tracciabilità, un valore aggiunto del made in Italy».