Scuola Superiore Sant’Anna e la robotica
Robotica e automazione applicano tecnologie innovative a problemi di robotica, interazione robot-uomo, produzione e assistenza sanitaria. La ricerca spazia dall’intelligenza artificiale alle tecnologie robotiche autonome e gestite da remoto. Ne abbiamo parlato con Marcello Antonio Carrozzino, docente della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa
La robotica e le macchine intelligenti stanno emergendo come tecnologie primarie in grado di fornire un’ampia gamma di soluzioni innovative nel settore sanitario, nella produzione avanzata e nelle applicazioni spaziali e di difesa. A causa dei progressi fondamentali in più discipline, tali tecnologie sono pronte a vedere un’enorme crescita nei prossimi anni, sia nella ricerca che nell’applicazione.
Cos’è l’intelligenza meccanica e quali recenti sviluppi e innovazioni l’hanno riguardata da vicino?
«È abbastanza evidente che uno dei campi più “caldi” della ricerca scientifica sia il tema dell’intelligenza artificiale. La ricerca in questo settore, oltre ad aver prodotto una serie di innovazioni che ognuno di noi sta sperimentando nella vita di ogni giorno (ad esempio nell’utilizzo di oggetti ormai di uso quotidiano, a partire dagli smartphone fino ad arrivare ai “comuni” elettrodomestici), sta portando a risultati che lasciano immaginare scenari difficilmente prevedibili fino a pochi anni fa. Nel pensare ad una macchina intelligente si fa comunemente riferimento ai processi “mentali” che essa sostiene e, conseguentemente, alla componente computazionale coinvolta in questi processi.
Tuttavia, in un mondo che nel futuro può essere immaginato come ambiente nel quale esseri umani, robot umanoidi e umani virtuali possono coesistere su vari livelli di una realtà mista, è lecito attendersi che questa non sia l’unica componente da tenere in considerazione. Come, per certi versi, l’intelligenza umana non può essere pensata come confinata alla sola mente, dato che numerosi processi mentali coinvolgono anche il corpo, così anche l’intelligenza artificiale può dover tenere conto della presenza di un corpo (meccanico o puramente virtuale), che acquisisce i dati che verranno processati e può costituire l’output di tali processi».
Ci commenti la frase di Alan Turing: «La scienza è un’equazione differenziale. La religione è una condizione al contorno. No, non mi interessa sviluppare un cervello elettronico potente. Mi accontento di uno mediocre, un po’ come quello del presidente dell’AT&T».
«Un’equazione differenziale è una sorta di finestra sul futuro: risolverla vuol dire prevedere l’evoluzione di una certa grandezza una volta che siano note determinate “tendenze”. Tuttavia, un’equazione differenziale comunemente ha molte soluzioni, talvolta infinite, e necessita delle cosiddette condizioni al contorno, ovvero di alcuni dati di fatto, talvolta scelti arbitrariamente, talvolta emergenti dalla situazione contingente, che limitano le possibili soluzioni, restringendone l’ambito solo ad un gruppo o, al limite, ad una sola di esse.
Il significato che darei alla frase di Alan Turing è che la scienza può aiutarci a determinare i progressi umani e le direzioni lungo le quali procedere, la religione può fissare dei limiti a questa determinazione che possono essere considerati sia “positivi”, se si crede che aiutino ad orientarsi nelle infinite ramificazioni che si possono dipanare a partire dalle direzioni scelte, o “negativi”, se si pensa invece che costituiscano un ostacolo che impedisce di evolversi in alcune direzioni».
Secondo Alan Turing: «Possiamo vedere solo poco davanti a noi, ma possiamo vedere tante cose che bisogna fare». Lei cosa vede e quali sviluppi prevede per il 2023?
«Per sua natura chi lavora nel mondo della ricerca tende a vedere con maggiore chiarezza le opportunità che ne scaturiscono e, in maniera più sfumata, le possibili conseguenze problematiche. Il fatto che alcune opportunità tecnologiche, quali quelle fornite dalla robotica e, più recentemente, dalla realtà virtuale e dall’intelligenza artificiale, non siano più limitate solo agli addetti ai lavori o a piccole nicchie di utilizzatori, ma siano alla portata di tutti, porta a prevedere cambiamenti abbastanza repentini di alcune modalità che ormai consideriamo abitudinarie (per quanto consolidate solo recentemente).
Basti pensare allo “sconvolgimento” portato da strumenti come ChatGPT che, in breve tempo, hanno portato a ritenere in via di chiusura l’esperienza dei motori di ricerca basati su parole chiave per arrivare ad una modalità in cui si dialoga per arrivare alla conoscenza che si desidera (una modalità che, a ben vedere, ha millenni di tradizione…).
È evidente che l’aggiunta di una dimensione “corporea” agli attuali modelli di intelligenza artificiale può causare novità dirompenti, in un’ottica di mutua crescita delle discipline: da un lato robot e avatar diventeranno sempre più efficaci nelle loro azioni in quanto dotati di migliori modelli cognitivi e di apprendimento; dall’altro, gli stessi modelli potranno evolversi grazie a modalità più efficaci di acquisizione dei dati e alla possibilità di aggiungere esperienze derivanti dalle proprie azioni. Quanto queste opportunità si dimostreranno in futuro completamente controllabili e quanto, invece, potranno svilupparsi verso altre direzioni affascinanti, o inquietanti, non è semplice da prevedere».
Quali soddisfazioni ha recentemente tratto nel Suo coordinamento del Gruppo Arte, Cultura e Formazione presso il Laboratorio di robotica percettiva?
«Lavorare in un ambito interdisciplinare, specie in campo accademico, può essere un’arma a doppio taglio. Se infatti, dal punto di vista della ricerca, lavorare al confine tra più ambiti favorisce il progresso delle rispettive discipline, a livello di metodi e contenuti, e un notevole arricchimento personale, grazie alla contaminazione di idee e culture, dal punto di vista più squisitamente accademico questo porta paradossalmente ad una maggiore difficoltà di inquadramento delle proprie tematiche di ricerca all’interno dei recinti costituiti dai settori.
Coordinare un gruppo multidisciplinare, come il Gruppo Arte, Cultura e Formazione, nell’ambito di un istituto di ricerca ingegneristico, rappresenta quindi una sfida, ma è anche fonte di grandi soddisfazioni. Individuare o ideare soluzioni tecnologiche innovative che possano mettersi al servizio della divulgazione e della comunicazione della cultura consente, ad esempio, di delineare percorsi non convenzionali e, al contempo, affascinanti, per coinvolgere il pubblico (in particolare quello più giovane) ed avvicinarlo a tematiche che altrimenti potrebbero risultare ostiche o distanti.
Un recente esempio è dato da un progetto di ricerca nel quale abbiamo usato la realtà virtuale per illustrare i processi e le tecniche usate dagli artigiani dell’incisione per realizzare opere d’arte, facendo in modo che il visitatore virtuale potesse percepire soggettivamente e, dunque, “con gli occhi dell’artigiano“, come l’opera venga creata dalle mani dell’artigiano stesso e quali sono le azioni e gli strumenti necessari allo scopo. In questo caso la tecnologia ha consentito non soltanto di documentare, conservare e comunicare queste attività, al fine di evitare che questo incredibile patrimonio di conoscenza venga disperso, ma ha anche fornito, letteralmente, un punto di vista diverso e impossibile da ottenere altrimenti».
Cosa pensa della frase di Erich Fromm: «L’istruzione fa delle macchine che agiscono come uomini e produce uomini che agiscono come macchine»?
«Un sistema educativo poco flessibile, che privilegia il risultato quantitativo allo sviluppo del pensiero critico e che spesso si limita alla ratificazione delle competenze e alla loro valutazione, sicuramente non è ideale per sviluppare quella diversità che è alla base di ogni evoluzione, inclusa quella del pensiero umano.
È il motivo per cui, ad esempio, gli approcci educativi STEM (Science Technology Engineering and Mathematics) orientati alla diffusione della cultura scientifica possono risultare eccessivamente asettici e limitati se troppo standardizzati o “ingessati”, e nuove tendenze educative tendono a privilegiare approcci STEAM, dove la “A” aggiuntiva sta per Arts e introduce, dunque, un elemento umanistico che si propone di incoraggiare la creatività e, per l’appunto, il pensiero critico.
Visto nel senso opposto, questo potrebbe voler dire che non si escluderebbe a priori la progettazione di macchine che sviluppino un’intelligenza magari diversa da quella umana, che al momento è considerata un target di riferimento per l’intelligenza artificiale, ma potenzialmente più adatta ad affrontare certe categorie di problemi».
Cos’è il successo per lei?
«Molto sobriamente credo che il successo possa consistere nell’avere la consapevolezza di aver agito assecondando le priorità che ci si è posti o di cui si è preso coscienza nel corso della vita. Credo che una persona soddisfatta sia una persona di successo, indipendentemente dal numero di persone che ne certificano il valore. Non credo neanche che si tratti di uno stato permanente, quanto più di un’attitudine, una ricerca da compiere nel corso della propria vita».
Secondo la sua esperienza, in quale anno prevede che avremo androidi domestici molto simili all’uomo e a un prezzo da elettrodomestico?
«A prezzo da elettrodomestico non me li aspetterei prima del 2040».
Per approfondimenti: sito web
Leggi altri articoli: Formazione e Impresa – Formazione e Lavoro