Savini Tartufi: il cliente è il nostro miglior ambassador

Dalla truffle experience, creata tra il 1998 e il 2000, al ritrovamento, nel 2007, del tartufo di 1.497 grammi e del valore di 330mila dollari che ha segnato l’ingresso dell’azienda nel Guinness dei Primati fino al boom dell’e-commerce in concomitanza della pandemia. Cristiano Savini che ha traghettato l’azienda di famiglia nel XXI secolo ci racconta una storia fatta di fortunati eventi, ma anche di uno straordinario talento
Raro, prezioso e nascosto: è il diamante del bosco, sua maestà il tartufo.
Per assonanza con il nome latino terrae tuber (escrescenza della terra) viene chiamato tubero, ma il tartufo è un fungo, un fungo ipogeo che nasce e cresce in simbiosi con gli alberi.
Nella bottega-museo di Savini Tartufi, a Forcoli (Pisa), è chiamato il frutto del miracolo, perché ha un ciclo vitale circolare e continuo, che nasce dall’unione delle spore presenti nel terreno con le radici delle piante.
E ha qualcosa di straordinario anche l’avventura imprenditoriale della famiglia palaiese, tartufai di professione dagli anni’20, da quando Zelindo Savini, guardiacaccia nell’allora Tenuta di Villa Saletta, intuì le potenzialità del tartufo e, sostenuto dalla moglie Leontina, iniziò la sua nuova vita di commerciante acquistando un negozio di generi alimentari con bar annesso, in località Montanelli, a pochi passi dalla sede attuale della Savini Tartufi. Qui il figlio Luciano, pasticcere e appassionato di cucina, si occupava del bar insieme alla moglie Carla e aiutava Zelindo nelle trattative con i vari acquirenti, diventando in seguito il riferimento più importante per i ristoranti e le gastronomie locali.
Oggi la direzione dell’azienda è nelle mani del figlio di Luciano, Cristiano Savini, che ha portato l’azienda di famiglia nel XXI secolo e l’ha resa un connubio vincente tra commercio del tartufo fresco e lavorato, turismo esperienziale e ristorazione.
Lo incontriamo nella sala degustazioni, dove accoglie clienti e appassionati di tartufo e dove si fa ritrarre con il suo amato bosco alle spalle. Ci sono tanti modi di descrivere e vendere un prodotto, per Savini l’essenziale è che il cliente viva un’esperienza a tutto tondo, andando nel bosco a scovare tartufi e toccando con mano ciò che qualche ora dopo sarà l’ingrediente principe della sua pietanza: «Il vero lusso nel mondo del tartufo è scoprire quello che si nasconde sotto una pianta, in totale simbiosi con il proprio cane, quasi come se fosse un tartufo anche la caccia vera e propria».
La componente esperienziale, introdotta tra il 1998 e il 2000, ha visto una forte crescita dopo il ritrovamento, nel 2007, del tartufo che ha segnato l’ingresso dell’azienda nel Guinness dei Primati: un tuber magnatum pico di 1.497 grammi e del valore di 330.000 dollari, tutti devoluti in beneficenza. Una storia fatta di fortunati eventi, ma anche di talento. E di un rapporto speciale con il proprio pubblico che conosce ‘Casa Savini’ anche attraverso i punti vendita e i ristoranti nati nel corso degli anni: a Firenze (Mercato Centrale e I Gigli), a Milano e Fidenza con i due truffle bar ‘Il Tartufotto’ e nei due mercati centrali di Roma e Torino.
Presente sul territorio, presente sui social. La parola d’ordine per Savini Tartufi è la condivisione: «Raccontiamo il tartufo tutto l’anno e non solo quando inizia la stagione del tartufo bianco pregiato. Attraverso i social raccogliamo le storie dei blogger e degli influencer che vengono a trovarci. Spesso cerchiamo di far parlare il nostro cliente: nel momento in cui usufruisce di una truffle experience a Forcoli o di un tagliolino al tartufo a Milano, a Firenze, a Roma o a Torino, è lui il nostro miglior ambassador».
Ed è proprio il capoluogo del Piemonte il terreno di una nuova sfida per la famiglia Savini: «Per chi lavora nel mondo del tartufo approdare in un punto vendita ad un’ora da Alba è un bel vanto, che alimenta in maniera positiva il dualismo presente a livello enogastronomico tra queste due regioni. È una competizione sana, dove a vincere sono la qualità e il top di gamma».
Dopo il forte exploit dell’e-commerce, in contemporanea con le restrizioni sanitarie, la platea che ha conosciuto i prodotti di Savini è aumentata. L’online continuerà ad essere un’ottima modalità di vendita, con possibilità di sconti e promozioni.
Tuttavia, il modo migliore per comprare un prodotto di eccellenza come il tartufo rimane ancora la gastronomia di livello, che secondo Savini sta vivendo una seconda giovinezza: «Se nell’ultimo anno e mezzo quello della ristorazione è stato il settore più colpito, ciò che invece è tornato forte in seguito alla pandemia è la bottega di paese o il negozio di quartiere. Nel corso degli anni la gastronomia aveva perso quasi tutto l’interesse per la vendita del tartufo fresco, lasciando più spazio al prodotto a scaffale, in quanto più facilmente gestibile e lasciando campo libero ai ristoranti per l’acquisto e il consumo del tubero appena raccolto. Con la chiusura forzata dei ristoranti il consumatore è finalmente tornato anche nelle pizzicherie che vendono primizie di stagione».
Parlando con Cristiano Savini emerge che la passione per il tartufo va ben al di là del business: «Il tartufo non è qualcosa che serve per arricchirci, è un’espressione del territorio. Basti pensare che solo in Toscana nascono 7 dei 9 tartufi presenti in tutta Italia. Si parte dalla pineta marittima, dove nasce il tartufo bianchetto, detto anche marzuolo; nell’asse, parallelo al mare, che attraversa Pisa e che si dirige verso Siena e parte della provincia di Firenze, troviamo il tartufo bianco pregiato; in quella punta della Toscana che si incunea tra Emilia Romagna, Marche e Umbria c’è il tartufo nero (il nero estivo, detto anche scorzone e il nero uncinato); nelle vallate tra San Gimignano e Volterra si può trovare il tartufo nero pregiato; altri due tipi di tartufi, meno conosciuti, sono il brumale e il macrosporum».
La Savini Tartufi ha la fortuna di trovarsi in una zona centrale rispetto alle principali città toscane, in cui i cinque migliori tartufi (il bianco pregiato, il nero pregiato, il nero estivo, il nero uncinato e il tartufo bianchetto o marzuolo) si trovano tutti a portata di mano, nel raggio di 50-100 chilometri.
Questo è un vantaggio non solo per la cerca dei preziosi tuberi – l’azienda può contare su 650 cavatori – ma anche per ricevere i turisti, attratti dall’offerta enogastronomica della Toscana e dalle sue bellezze artistiche. È fuori dall’Italia, in particolare, che arriva l’interesse maggiore: «Le nostre offerte esperienziali sono acquistate per l’80% da stranieri ed anche il nostro fatturato deve una quota maggioritaria, il 60%, agli acquisti da parte degli stranieri».
Chissà quanti viaggiatori sono rimasti affascinati da questa Toscana meno conosciuta, quella della Valdera. Cristiano Savini ne fa un ritratto vibrante: «È una Toscana più genuina e meno ‘sfruttata’. Subiamo la vicinanza con due province più pronte e più coordinate come Firenze e Siena, nonostante la presenza dell’aeroporto internazionale di Pisa. La nostra provincia è un po’ indietro, ma è più vera. Dove vivo, i bambini giocano ancora a pallone per la strada e gli anziani frequentano il bar fino a sera. Non come tanti altri paesi, vuoti e spenti già all’imbrunire».
Anche chi abita in Toscana avrà l’occasione di ‘assaporare’ questa parte di territorio, grazie alla prima edizione della rassegna gastronomica “Palaia terra di tartufi – Cucina e Sapori d’Autunno”, iniziata l’8 ottobre e in programma fino all’8 dicembre.
Dalla Toscana più autentica alle cucine degli chef stellati, toscani e non. La ricerca del bello non conosce confini per Cristiano Savini: «Abbiamo da sempre un profondo legame con l’Enoteca Pinchiorri e con tutte le istituzioni dell’alta cucina toscana, oltre a collaborare con tutti i pizzaioli gourmet della nostra regione per un progetto innovativo che prevede l’abbinamento pizza-tartufo, in particolare di quello estivo».
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