Saccardi per una agricoltura sostenibile
L’innovazione ha una dimensione collettiva in Toscana: digitalizzazione e agricoltura di precisione favoriscono, insieme, un’agricoltura sostenibile. C’è ancora molto da fare per raggiungere l’obiettivo designato, ma la strada scelta è quella giusta. È quanto afferma l’assessore regionale all’agroalimentare Stefania Saccardi
La Regione ha pubblicato un bando relativo alla diversificazione delle aziende agricole: quali sono gli obiettivi?
«Il bando, che scade il 31 marzo, è finalizzato a incentivare gli investimenti per attività di diversificazione aziendale ed economica necessaria per la crescita, l’occupazione e lo sviluppo sostenibile nelle zone rurali. Contribuisce anche a migliorare l’equilibrio territoriale, sia in termini economici che sociali, aumentando il reddito delle famiglie agricole.
Attraverso il bando sono concessi contributi in conto capitale per realizzare investimenti finalizzati a diversificare l’attività agricola: qualificazione dell’offerta agrituristica; attività di agricampeggio; fattorie didattiche; attività sociali e di servizio per le comunità locali; attività ricreative, sportive, escursionistiche e di ippoturismo; valorizzazione delle risorse naturali e paesaggistiche. L’importo complessivo dei fondi messo a disposizione è pari a 5,4 milioni di euro».
Innovazione, ma anche tradizione: ci parli dei progetti di “salvataggio” delle varietà di sementi a rischio estinzione. La Toscana ha un patrimonio di agrobiodiversità?
«Innovare l’agricoltura toscana vuol dire anche non prescindere dal rispetto della cultura rurale, nella quale si è generata insieme al tipico paesaggio toscano: è il brand della Toscana nel mondo. Spesso le zone agricole più svantaggiate o montane sono tutt’oggi ancora abitate e vissute grazie al mantenimento del rispetto della tradizione agricola locale, della quale le razze animali e le varietà vegetali a rischio di estinzione sono parte integrante.
I progetti di “salvataggio” delle varietà locali a rischio di estinzione della Toscana sono fondamentalmente frutto delle segnalazioni di agricoltori appassionati, cultori dell’orto, della cucina tradizionale, dei vecchi sapori e prodotti della tradizione rurale. Sono segnalazioni che a volte provengono direttamente dalla Regione o da Terre Regionali Toscane, altre volte vengono fatte pervenire da associazioni locali a carattere culturale, da pro-loco, comunità del cibo, ma anche da enti pubblici come comuni e unioni dei comuni.
I progetti più recenti riguardano l’Isola del Giglio (il cavolo torso del Giglio e il pomodoro di Scasso) e il territorio dell’Amiata (il fagiolo del minatore e il granturco di Castell’Azzara); ma sono stati realizzati progetti anche con la Regione Liguria per il recupero del frumento tenero, Avanzi 3-Grano 23, oppure con la Regione Umbria per la caratterizzazione dell’aglione tradizionale della Val di Chiana.
In ponte c’è, infine, un progetto con il Comune di Mulazzo per il recupero della cipolla di Terceretoli. Più in generale, nel 2004 è stata promulgata la seconda legge regionale in materia di agrobiodiversità, allargando il concetto di recupero delle risorse genetiche anche alla loro tutela e valorizzazione. A oggi sono state rintracciate e caratterizzate 900 risorse genetiche locali, delle quali 775 sono a rischio estinzione».
L’innovazione può integrarsi anche con i progetti di agricoltura sociale?
«Credo molto nell’agricoltura sociale come occasione di sviluppo della società, di strategie e di diversificazione dell’attività agricola e allo stesso tempo come soluzione innovativa per la coesione del territorio, poiché interviene sia sulla necessità di soddisfare nuovi bisogni della collettività fornendo servizi sociali alle persone in aree rurali, sia sulla possibilità di favorire lo sviluppo di reti rurali. Con la proposta di legge per la quale un’azienda agricola può diventare anche centro di servizi, l’agricoltura amplia i suoi orizzonti, offre strumenti di inclusione, nuove opportunità per le persone più fragili e al tempo stesso integrazione al reddito per le imprese.
Insomma, l’agricoltura sociale favorisce forme di cooperazione tra aziende e altri soggetti per lo sviluppo di nuovi settori di attività, un arricchimento del tessuto imprenditoriale, ma soprattutto del tessuto sociale. Il bando che abbiamo pubblicato a giugno 2022 ha ricevuto un riscontro importante e i progetti presentati che saranno tutti finanziati – la graduatoria è stata pubblicata a gennaio – sono certa che rappresentino un elemento di innovazione, ma anche una straordinaria opportunità di inclusione sociale a cui l’agricoltura è vocata».
Agricoltura e sostenibilità ambientale: cosa e quanti sono i distretti biologici della Toscana?
«Con la legge n. 51 del 2019, la Regione Toscana, tra le prime in Italia, ha istituito i distretti biologici, quali strumenti per lo sviluppo della coltivazione, dell’allevamento, della trasformazione e della commercializzazione dei prodotti agricoli e alimentari ottenuti con metodo biologico. Al momento i distretti biologici in Toscana sono cinque: il primo a essere riconosciuto è stato il Distretto biologico di Fiesole. Poi quello della Val di Cecina (riconosciuto il 13 luglio 2022) il Distretto biologico di Calenzano (15 settembre 2022) e, infine, gli ultimi due nati, il Distretto biologico di Montalbano (23 dicembre 2022) e quello del Chianti (27 gennaio 2023).
Tutti sono stati iscritti nel Registro nazionale dei distretti del cibo e nel Registro nazionale dei distretti biologici. Altri territori stanno lavorando per dotarsi di questo importante strumento, a testimonianza del buon lavoro che la Regione sta portando avanti per valorizzare l’agricoltura biologica».
Politica agricola comune: quanti fondi arriveranno alla Toscana e come verranno spesi per l’innovazione?
«La dotazione finanziaria del Csr Toscana (parte Feasr) per i cinque anni di programmazione 2023-2027 è pari quasi a 749 milioni in spesa pubblica, che determinano un fabbisogno di una quota regionale del 17,79% pari a oltre 133 milioni. In Toscana verranno attivati 54 interventi sui 76 previsti nel Psp Italia, che abbracciano tutte le tematiche: interventi a capo/superficie, investimenti (con alcune novità come il nuovo insediamento per i non giovani e le start up forestali), interventi per la cooperazione Agricultural knowledge and innovation systems (Akis)».
Un settore fondamentale per la nostra regione è quello del vino: ci parli del progetto Mo.vi.to. Quali sono le innovazioni proposte?
«Mo.vi.to è uno dei 52 progetti strategici che la Regione ha sostenuto nella programmazione 2014-2022. Il progetto si è focalizzato sul monitoraggio dell’andamento di mercato dei principali vini toscani a denominazione di origine e benchmarking di filiera per la gestione delle politiche di mercato. Importante tra i partner la presenza dei sette maggiori Consorzi toscani dei vini a denominazione di origine: Brunello di Montalcino, Chianti, Chianti Classico, Maremma, Morellino di Scansano, Nobile di Montepulciano, Vernaccia di San Gimignano, oltre alle aziende agricole Conte Guicciardini di Ferdinando Guicciardini e Fattoria dei Barbi. Costo totale: 361.348,84 euro».
In definitiva, qual è lo stato delle aziende agricole toscane dal punto di vista dell’innovazione? Quali sono i passi avanti fatti negli ultimi anni e cosa c’è ancora da fare?
«L’agricoltura a cui pensa la Regione Toscana è quella che coniuga metodi di coltivazione rispettosi, come il biologico o la produzione integrata e di tutela e valorizzazione dell’agro-biodiversità. Siamo orgogliosi di disporre di un Repertorio regionale-anagrafe nazionale che conserva 879 risorse genetiche di cui 753 a rischio, una rete di 180 coltivatori custodi e 9 sezioni della banca del germoplasma. L’innovazione, insieme alla digitalizzazione e all’agricoltura di precisione, è la chiave per favorire un’agricoltura sostenibile.
È importante formare l’imprenditore agricolo verso la cultura dell’informatizzazione, dell’innovazione e dell’aggregazione. L’innovazione su cui la Toscana ha investito, attraverso le misure del Psr, ha una spiccata dimensione collettiva (progetti integrati di filiera, progetti integrati territoriali, gruppi operativi). Ancora oggi la vera innovazione è far uscire l’agricoltore dall’isolamento.
Non possiamo dimenticare che in Toscana l’84% delle aziende e il 63% della Sau è condotta dal diretto coltivatore con solo manodopera familiare (se aggiungiamo la manodopera extra-familiare si giunge al 95% in numerosità e 83% in termini di Sau) e che la Sau in Toscana è per il 13% in montagna e per il 77% in collina. I piccoli agricoltori sono, quindi, importanti per la Toscana. C’è ancora molto da fare, ampliando queste percentuali innanzitutto, ma credo che abbiamo imboccato la strada giusta».
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