• 11/02/2025

Rifò è sustainable fashion

 Rifò è sustainable fashion

Team Rifò

Abbiamo analizzato l’esempio virtuoso di Rifò, impresa di Prato attiva nella produzione di capi e accessori con fibre tessili rigenerate

Sostenibilità e moda sembrano due termini difficilmente conciliabili: il primo si riferisce per sua definizione a concetti duraturi, mentre il secondo rimanda a un’idea temporanea e in continuo mutamento.

Ma l’industria dell’abbigliamento è una delle più inquinanti al mondo (responsabile, si stima, dell’8-10 per cento delle emissioni di gas serra globali e del 20 per cento dell’inquinamento idrico sul pianeta) e l’emergenza ambientale globale porta con sé l’evidente necessità di un cambiamento: da qui i sempre più numerosi sforzi di produttori e operatori nella direzione di una sustainable fashion.

Un modello italiano giovane e interessante in questo senso è Rifò (sito), impresa nata nel novembre 2017, tramite crowdfunding, da un’intuizione del pratese Niccolò Cipriani. «All’epoca mi occupavo di progetti di cooperazione e sviluppo in Vietnam – spiega il fondatore – e mi è parso evidente il problema della sovrapproduzione nell’industria dell’abbigliamento. Così ho deciso di tornare a Prato e di riprendere la tradizione della rigenerazione delle fibre tessili per offrire una vera alternativa al mondo del fast fashion».

I numeri parlano chiaro: la produzione di una semplice t-shirt 100 per cento cotone vergine richiede ben 2700 litri d’acqua. Attraverso il riciclo della fibra se ne risparmia almeno il 50 per cento. Se si considerano poi capi o accessori in cachemire o lana, il risparmio di risorse arriva addirittura oltre l’80 per cento. Ma come funziona tecnicamente la rigenerazione promossa da Rifò?

Si tratta di un processo meccanico e artigianale che ha origini antiche, in uso a Prato da oltre 100 anni e tramandato attraverso il mestiere dei “cenciaioli”, e che consente di riutilizzare i rifiuti e gli scarti riducendo significativamente la quantità di acqua, energia, prodotti chimici e conseguenti emissioni di CO2 necessari in ogni produzione di materiale vergine.

TOSCANA ECONOMY - Rifò è sustainable fashion
Niccolò Cipriani

«Capi e accessori usati – spiega Cipriani – arrivano attraverso due canali: post consumer, grazie ad associazioni che fanno raccolta e selezione, e pre-consumer, direttamente dalle aziende produttrici che ci inviano i loro scarti di lavorazione. Rifò non è produttore diretto, ma si avvale di una filiera di artigiani locali, i cenciaioli, che sono in grado di recuperare e valorizzare questi scarti. Poi c’è tutta una catena del valore che passa dalla materia prima al filato, al tessuto, al prodotto finito. Oltre il 90 per cento della produzione avviene nel distretto tessile pratese. Le fibre interessate in questo momento sono il cachemire, il cotone, la lana e la seta; entro il prossimo anno entrerà nel processo anche il lino».

Oltre ai rapporti con gli artigiani locali, centrali nell’universo Rifò sono il sito web, l’e-commerce e la catena di distribuzione dei prodotti, in Italia e all’estero. Un sistema che in pochi anni ha permesso di raggiungere risultati importanti: nel 2022 l’azienda ha registrato un fatturato di 2 milioni e 300 euro, mentre quest’anno dovrebbe superare i 3 milioni.

Il mercato si sviluppa per il 65 per cento nel nostro Paese e per il 35 per cento all’estero, principalmente in Germania, Francia, Austria e Svizzera. Oltre 78mila sono i capi d’abbigliamento prodotti in un anno, grazie al recupero di 13,8 tonnellate di fibre tessili. E l’attenzione del team, oltre che alla sostenibilità ambientale, si rivolge anche ai temi sociali: Nei Nostri Panni è il progetto di impatto sociale che permette l’inserimento di migranti vulnerabili all’interno del processo di rigenerazione e produzione, attualmente come cenciaioli o filatori, dal prossimo anno anche come tessitori.

«L’iniziativa, a cui teniamo molto, è finanziata dalle vendite online e coniuga due necessità del territorio: da una parte il ricambio generazionale nella filiera tessile, dall’altra l’esigenza di garantire ingresso legale alle persone che arrivano nel nostro Paese». Rifò è una società benefit, certificata B-Corp da due anni.

Da tre anni pubblica il proprio Sustainability Report dettagliato.

«Siamo un’azienda equa ed etica a 360 gradi – conclude Cipriani –. Ci contraddistinguiamo per l’utilizzo di fibre naturali che impieghiamo in collezioni monomateriche in modo che possano essere nuovamente riciclate dopo l’uso, il nostro è un bell’esempio di circular design. Siamo fieri di basarci sulla produzione locale, che ci permette di lavorare con piccoli artigiani che hanno potuto crescere in questi anni non facili per il settore. Abbiamo un team giovane, under 30 e prevalentemente femminile».

L’ultimo importante traguardo raggiunto da Rifò è stata l’apertura del primo store a Milano, in corso Garibaldi, il 2 dicembre.

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Irene Canziani

Giornalista

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