Ricerca e formazione interdisciplinare
Così la Scuola IMT di Lucca sforna le eccellenze di domani
INTERVISTA A Pietro Pietrini
direttore Scuola IMT
Nel cuore di Lucca, all’interno del Complesso di San Francesco in Piazza San Francesco sorge il Campus della Scuola IMT alla quale si accede con concorso pubblico. A tutti gli ammessi è riconosciuta una borsa di dottorato, così come l’esenzione dal pagamento delle tasse universitarie, l’alloggio nel Campus e il servizio mensa gratuiti. I programmi di Dottorato durano dai 3 ai 4 anni
Entrare in una scuola di eccellenza non è cosa facile, i titoli non bastano, occorre anche una forte motivazione condita con una buona dose di determinazione.
In compenso, chi ce la fa e riesce a portare a compimento il percorso di alti studi, accede quasi sempre al lavoro dei suoi sogni e ad una carriera prestigiosa. Le scuole di eccellenza sono poche, in Italia quelle riconosciute dal Miur sono sei, di queste tre si trovano in Toscana: la Normale di Pisa, la più antica, fondata da Napoleone nel 1810, la Scuola Sant’Anna, sempre a Pisa, la Scuola IMT Lucca e poi la Sissa di Trieste, lo Iuss di Pavia e il GSSI de L’Aquila. Si affiancano alle università per offrire una formazione potenziata rispetto a quella ordinaria, hanno un ordinamento speciale, un corpo docente permanente, un proprio bilancio e autonomi organismi dirigenti. Oltre all’attività formativa, svolgono tutte anche attività di ricerca di elevato profilo, come alla Scuola IMT.
Ricerca e insegnamento non sono reparti stagni, ma ambiti strettamente interconnessi.
Ne abbiamo parlato con il direttore, Pietro Pietrini. Il professor Pietrini dirige la Scuola IMT dal 2015, ma la sua conoscenza delle scuole di eccellenza è molto più antica, essendo stato lui stesso discente della Scuola Sant’Anna di Pisa, dove ha conseguito sia il diploma del corso ordinario di Medicina e Chirurgia sia il perfezionamento in Neuroscienze (Ph.D.). La Scuola IMT offre due programmi di dottorato interdisciplinari in Cognitive and Cultural Systems (che a sua volta si articola in due curricula: Analisi e Management dei Beni Culturali e Neuroscienze Cognitive, Computazionali e Sociali) e Systems Science (che si articola in Computer Science e Ingegneria dei sistemi da una parte e Economia, Networks e Business Analytics dall’altra).
«Abbiamo investito moltissimo sugli studenti – ci spiega il professor Pietrini – la nostra Scuola si caratterizza per un’attività didattica molto intensa, con un approccio multidisciplinare.
Non occorrono lauree propedeutiche per intraprendere i nostri percorsi didattici, ovvero non c’è nessun filtro specifico in ingresso, basta avere una laurea magistrale o un titolo equipollente per avere accesso a qualsiasi dottorato e/o programma di ricerca.
Così capita che il nostro corso in Analisi e Management dei Beni Culturali possa accogliere archeologi, studiosi di arte, come pure economisti o giuristi».
Come si coniuga questa aspirazione alla multidisciplinarietà che vi caratterizza, con l’iperspecializzazione, ovvero lo sviluppo di competenze professionali molto specialistiche, limitatamente al proprio settore di competenza?
«Quando parlo di multidisciplinarità non intendo dire che i nostri docenti sanno un po’ di tutto, la nostra vocazione non è generalista, al contrario.
I nostri professori sono tutti esponenti di punta della propria materia e al contempo interessati e rivolti al dialogo con le altre discipline. Questo dialogo promuove lo sviluppo di competenze trasversali, offrendo un ambiente stimolante con molteplici occasioni di scambio, sia tra allievi, che tra insegnanti e allievi. La Scuola ha adottato il modello campus, gli studenti vivono insieme, noi cerchiamo di favorire gli scambi in molti modi, ad esempio anche assegnando la stanza a due allievi con background formativi differenti, perché nella integrazione di competenze afferenti ad ambiti diversi c’è crescita. Alla fine di questo processo formativo, gli allievi che si diplomano alla Scuola, non entrano in concorrenza con figure affini sulla specificità degli insegnamenti, ma sulla capacità di leggere la realtà in maniera trasversale, ovvero secondo punti di vista differenti».
Ogni anno, sono tantissime le domande di ammissione alla Scuola IMT. Fatta eccezione per il 2020, segnato dal Covid, nel quale comunque sono giunte 890 domande per poco più di 30 posti a disposizione (33 borse complessive), ci sono stati anni in cui il rapporto è stato 1 a 110. Nel 2019 sono giunte 1700 domande.
«Un anno ne arrivarono 3745 – ricorda il direttore – e poiché la selezione avviene per titoli tutto diventa molto dispendioso in termini di tempo e di energie, per questo abbiamo cercato di introdurre dei criteri sempre più stringenti. Noi ricerchiamo il talento, gli studenti più motivati. Ammettiamo all’orale una media di 150 persone e naturalmente chiediamo loro anche perché hanno fatto domanda. Il nostro programma risulta accattivante proprio per la sua interdisciplinarietà.
Alla fine è chiaro che noi selezioniamo loro, ma anche loro selezionano noi perché si tratta di persone che possono scegliere, facendo domanda contemporaneamente per più scuole di dottorato in diversi Paesi, alla fine optano per l’una o per l’altra». L’ambiente della Scuola è internazionale, la lingua di tutti gli insegnamenti è l’inglese, lo stesso corpo docente è formato da un consesso di professori e ricercatori di provenienza diversa e formazioni diverse, anche questo concorre alla interdisciplinarietà. Le domande di ammissione giungono da ogni parte del mondo, compresi India, Pakistan, Cina. «Ma sono moltissime le richieste anche dall’Europa, che pure dispone di un’offerta formativa importante – evidenzia Pietrini – i ragazzi ammessi dispongono tutti di una borsa di studio, vitto e alloggio gratuiti nel campus, contributo per il materiale didattico, stage all’estero.
Un percorso di dottorato normalmente dura 3 anni. Noi ci siamo inventati il “sistema 4-1” ovvero chi lo desidera può diplomarsi entro i 3 anni, ma allo stesso tempo chi vuole avviare una carriera accademica potrà frequentare un quarto anno in cui avrà la possibilità di condurre una propria ricerca, in autonomia». Se l’approccio alla didattica è multidisciplinare, il metodo perseguito è quello scientifico. Chiediamo al direttore se la definizione può essere pertinente e soprattutto può rappresentare un’utile sintesi di quello che fa la Scuola IMT. «La curiosità è l’inizio di tutto, ma occorre maturare la capacità di critica, quella che ci fa mettere in dubbio l’esistente e dunque cercare una risposta utilizzando un rigoroso metodo scientifico. La ricerca implica la perseveranza e cosa altrettanto importante, la tolleranza della frustrazione». Alla Scuola IMT Alti Studi Lucca, il placement degli ex allievi è ragguardevole: quasi il 100% trova lavoro già ad un anno dal diploma, qualche volta persino prima!