Ragionare in ottica 4.0 implica un approccio mentale nuovo
I processi produttivi sono sempre più digitali e interconnessi: la quarta rivoluzione industriale definita da più parti come “Industria 4.0” è iniziata anche in Italia. Quali figure professionali emergeranno da questo nuovo contesto? Oltre allo sforzo economico per finanziare la digitalizzazione dei processi cosa occorre fare per realizzare una reale transizione verso un futuro che è già qui?
Di tutto questo abbiamo parlato con Daniele Matteini, presidente di Confindustria Toscana Nord.
Industria 4.0: cosa la caratterizza e quali sono le figure professionali maggiormente richieste in questa nuova fase della rivoluzione industriale?
«È corretto parlare di nuova fase della rivoluzione industriale. Ciò che caratterizza Industria 4.0 è esattamente questo: un modo nuovo di concepire l’industria, un cambiamento che investe direttamente o indirettamente la totalità degli aspetti delle strategie produttive, organizzative, gestionali. Proprio per la pervasività degli aspetti aziendali su cui si applica Industria 4.0, figure professionali specifiche che possano essere ricondotte a questi quasi non ci sono: indubbiamente gli esperti di IT sono e saranno essenziali, ma poi occorre che i programmi vengano applicati, utilizzati, gestiti, interpretati e adattati alle esigenze aziendali. Per fare tutto questo occorre che le conoscenze in chiave 4.0 siano diffuse fra tutte le risorse umane».
Il passaggio al digitale dovrebbe incrementare la produzione. Quali potranno essere gli effetti occupazionali?
«Più che di produzione, l’incremento dovrebbe essere di efficienza e quindi anche di produttività. È importante, soprattutto in alcuni settori, anche l’incremento quantitativo, ma il punto vero è qualificare l’attività aziendale, rendere più efficienti i processi produttivi ottimizzandone i costi, utilizzare tecnologie nuove per avere output diversi e più avanzati. Non dimentichiamo che Industria 4.0 incrocia la propria strada con altri indirizzi fondamentali di strategie industriali evolute: la sostenibilità in primo luogo, che include anche un aspetto oggi più importante che mai come l’efficientamento energetico. Sul piano occupazionale occorre coltivare le competenze e porre in campo politiche attive del lavoro che in Italia sembrano essere fra gli obiettivi più difficili da realizzare. Industria 4.0 può essere una spinta a migliorare anche questo aspetto, particolarmente delicato dal punto di vista sociale. Il disallineamento fra domanda e offerta di lavoro è un problema molto serio, che colpisce fortemente il manifatturiero e che esige risposte rapide ed efficaci».
Per digitalizzare tutte le fasi dei processi produttivi dell’industria italiana sono stati mobilitati più di 50 miliardi di euro (tra pubblico e privato) ma cos’altro occorre, oltre allo sforzo economico?
«Occorrono prima di ogni altra cosa nuove menti: di tutti, dal legislatore agli imprenditori, dagli enti per la formazione ai lavoratori. Ragionare in ottica 4.0 implica un approccio mentale nuovo. L’Italia in questo non è stata una pioniera, ma non è nemmeno l’ultima della classe.
Ma bisogna che queste menti vengano coltivate e rinnovate: è quindi necessaria una formazione coerente con i bisogni di innovazione sia a livello scolastico e universitario che di aggiornamento continuo per i lavoratori; occorre, come dicevo prima, dare sostanza a una vera ed efficace riforma del mercato del lavoro. Occorrono anche politiche del credito che sappiano valutare adeguatamente le potenzialità di investimenti coerenti con la transizione 4.0 e, non ultima, che anche la pubblica amministrazione prosegua il suo cammino verso la digitalizzazione, indispensabile per tenere il passo del dialogo con le imprese».
Cosa rappresentano per il sistema Confindustria i Digital Innovation Hub? Come le imprese del territorio dialogano con il Digital Innovation Hub toscano?
«I Digital Innovation Hub sono uno strumento prezioso per consentire alle aziende di qualsiasi dimensione, ma soprattutto alle PMI, di dialogare fra di loro e con tutti gli altri attori che hanno un ruolo nei processi di innovazione: enti di ricerca in primo luogo ma anche il mondo della finanza. Confindustria Toscana Nord è cofondatrice, assieme a Confindustria Toscana, ad Ance Toscana e alle altre associazioni confindustriali della regione, del Digital Innovation Hub toscano. Anche la nostra associazione è, come le consorelle, antenna territoriale e quindi punto di riferimento per le aziende delle province di Lucca, Pistoia e Prato. In questa veste diffondiamo informazioni e ci poniamo a disposizione delle imprese per fare da cerniera con interlocutori già individuati, oppure da individuare col nostro supporto. Chi produce innovazione, chi intende applicarla e chi può contribuire a sostenerne i relativi investimenti devono poter dialogare nella maniera più efficace. Le sfide non mancano. Ne cito solo due fra le più strategiche: l’intelligenza artificiale e la blockchain, quest’ultima essenziale per la tracciabilità all’interno delle filiere ma non solo per questo. Non è fantascienza: è già la realtà di oggi ed è un appuntamento per quella di domani. Un appuntamento a cui le imprese non possono e non vogliono mancare».