Propulsore di sinergie e facilitatore di sistema: il ruolo di TLS oggi

Fondazione TLS nasce nel 2005 nel solco di una tradizione senese di ricerca scientifica la cui origine risale agli inizi del ’900. Su spinta dei soggetti istituzionali presenti sul territorio locale e regionale, del mondo universitario, clinico, imprenditoriale e finanziario, nasce un polo scientifico-tecnologico nel settore delle scienze della vita.
Oggi TLS è una realtà che dà lavoro a circa 500 persone, tra Fondazione e aziende del bio-incubatore, e conta oltre 600 pubblicazioni scientifiche ottenute in questi anni. Abbiamo intervistato Andrea Paolini, direttore generale di Fondazione Toscana Life Sciences.
Qual è la missione di TLS oggi?
«La nostra missione ha sostanzialmente tre anime: incubatore d’impresa, quindi supporto alla nascita e allo sviluppo di start up innovative nel settore delle scienze della vita; facilitatore di sistema attraverso la creazione di partnership pubblico-private e attraverso la promozione del distretto toscano scienze della vita e del trasferimento tecnologico, che amiamo definire in modo più ampio attività di valorizzazione della ricerca; ente di ricerca che, negli ultimi anni, ha potenziato sempre di più la propria attività e i servizi conto terzi.
Queste anime sono sinergiche e funzionali tra loro. Con l’incubazione di impresa abbiamo a che fare con tante realtà interessanti, tutte con un loro focus specifico e una storia, circa una cinquantina tra affiliate e incubate: il nostro compito è creare le condizioni affinché un’idea innovativa possa diventare impresa».

TLS dunque come aggregatore e facilitatore di sistema?
«Seguiamo un modello pubblico-privato di partnership tra attori, anche molto diversi, che debbono però operare assieme, seguendo un obiettivo condiviso. Lavoriamo per avvicinare le diverse realtà valorizzando l’esistente, in molti casi già di eccellenza, e compensando con nostre competenze su altri fronti strategici. Il trasferimento tecnologico è un valido esempio in questo senso, considerato che possiamo contare sulla forte esperienza maturata grazie all’Ufficio UVaR presso Regione Toscana. Si tratta però di un tema sul quale c’è ancora molto da fare a livello culturale poiché il sistema è estremamente parcellizzato e le azioni rischiano di rimanere isolate e non sempre efficienti. Operare, quindi, sul trasferimento tecnologico diventa molto complesso se il sistema ancora non è maturo».
È sufficiente oggi svolgere questo ruolo a livello locale?
«Non possiamo prescindere da una rete nazionale che integri la visione strategica del sistema paese con quella operativa dei territori che sia abbastanza strutturata da posizionarci a livello europeo e mondiale. I grandi player della ricerca e dell’innovazione si muovono, infatti, su scala mondiale ed è questo l’orizzonte con cui dobbiamo confrontarci quotidianamente e in prospettiva futura.
Con la nostra azione, noi vogliamo alzare il livello di competitività e di maturità di tutto il sistema regionale delle Scienze della Vita. In economia si parla di approcci “bottom-up” e “top-down”. Noi li seguiamo entrambi».
Come operate per rendere possibile questo modello glocal?
«Lavoriamo spingendo dal basso e operando sul territorio attraverso la conoscenza delle aziende, le collaborazioni con le università, la condivisione di competenze e la creazione di contatti. Cerchiamo di fare cultura. È merito proprio di Regione Toscana se ha visto in un ente come TLS il giusto interlocutore per l’attivazione di questi processi. Non è un caso che la Fondazione TLS sia anche soggetto gestore unico del Distretto Toscano delle Scienze della Vita, strumento regionale e naturale facilitatore di sistema. Inoltre, lavoriamo con un approccio top down, legato a scelte e a opportunità strategiche di medio lungo periodo, che consenta alla Toscana di essere anticipatore in molte sfide del settore. Ecco che i due piani, regionale e nazionale, devono andare assieme mettendo a disposizione quegli strumenti per favorire e valorizzare il dialogo tra le imprese e le università seguendo nel medio lungo termine quelle che sono linee strategiche di sviluppo di sistema. Due approcci che diventano indispensabili soprattutto quando i due mondi – pubblico e privato – non sono ancora così vicini da far scattare spontaneamente meccanismi di collaborazione. Questo è lo sforzo che compiamo quotidianamente: facilitare le dinamiche e i meccanismi di dialogo che, poi quasi fisiologicamente, permettono il ripetersi spontaneo di processi collaborativi. Oltre all’intersezione di metodo c’è quella dei piani sui quali ci muoviamo, tra il globale e il locale: le nostre strategie non possono che essere quelle europee della Smart Specialization Strategy. Ma dobbiamo avere la capacità di operare con capillarità sui territori conoscendo bene le esigenze delle aziende e delle università che vi si trovano. Le politiche europee che hanno funzionato sono proprio quelle pensate e realizzate per i territori».
Per approfondimenti:
www.toscanalifesciences.org