Piccole e microimprese, attività specialistiche

Il generalista e lo specialista: una dialettica che, se non risolta, potrà rendere sempre più vischiosa l’attività di piccole e microimprese
Qualora l’imprenditore di piccole e microimprese ritenga di avere meno problemi di un suo collega di aziende più grandi non sempre sta nel giusto. Anzi, forse si sta proprio sbagliando.
La complessità di una struttura piccola non sta solo nel numero di attività che si devono svolgere, ma anche nella loro dinamica e innervatura. Per il sistema dei grandi numeri alcuni processi possono essere meglio deglutiti da aziende di medie e grandi dimensioni perché poggiano su un’articolazione della propria struttura in grado di assorbire più agevolmente l’impatto degli stessi.
Pensiamo, per praticità, aduna ormai stereotipata certificazione ISO9001, alla redazione di un DVR – documento di valutazione dei rischi, o meglio ancora di un DUVRI, che valuta i rischi interferenti tra più soggetti. Sono attività che richiedono sforzi importanti, ma molti di più, in proporzione, quando le dimensioni dell’azienda sono contenute.
Potremmo andare avanti parlando del regolamento aziendale, dell’organigramma, funzionigramma ed altro ancora.
Per tutti questi processi chi bisogna ingaggiare? È necessario uno specialista o un generalista? Posso automaticamente ricorrere all’esterno investendo tanti consulenti per quanti processi devo sviluppare? In questo modo mi affranco dalle mie responsabilità di imprenditore?
Sono tutte domande e dubbi leciti che valorizzano chi li ha avuti ma, al tempo stesso, creano disagio se le risposte tardano a comporsi.
L’imprenditore si deve preoccupare che il costo di definizione dei vari processi sia sostenibile con lo sviluppo del suo business, portandosi a casa una prima consapevolezza: non avrà possibilità di esimersi dalle responsabilità pur potendo esercitare rivalsa sui professionisti ingaggiati. Per questo, ed altri motivi, dovrà mantenere al suo interno una struttura, seppur contenuta, in grado di colloquiare ed interagire con i professionisti individuati.
Gli aspetti della vita aziendale sono molteplici e richiedono costantemente attenzione e dedizione. Per molti di questi, specie per la loro attivazione, è necessario uno specialista, intendendo per tale una Figura professionale che ha competenze sull’argomento ed è in grado di portare a termine quanto necessario.
Tuttavia, è opportuno che il suo operato venga assorbito anche da una figura interna all’azienda, magari con ruolo di generalista per ovvii motivi di carattere dimensionale. Quest’ultimo dovrà supportare l’imprenditore e, del caso, provare a risolvere una necessaria ottimizzazione del processo o ingaggiare lo specialista ma, questa volta, con maggior cognizione di causa e, per converso, con minore costo per l’imprenditore stesso.
È ovvio che un’impresa moderatamente strutturata debba ricorrere a terze economie per sviluppare, definire, ottimizzare alcuni processi. È altrettanto opportuno che, a mano a mano, la dipendenza dallo specialista si riduca per evitare un eccessivo sbilanciamento dell’impresa verso l’esterno.
Tutto quanto incamerato dall’azienda dovrà essere utilizzato per velocizzare i processi decisionali, promuovere un insourcing continuo la cui finalità, oltre a rispondere al sacro fuoco della economicità, risponde anche a principi di opportunità.
Lo specialista va adoperato ma per lo stretto periodo necessario al compimento e definizione del processo assegnato. La risoluzione di quest’ultimo dovrà diventare patrimonio aziendale e, insieme a tutti gli altri, comporrà quella cultura aziendale che il generalista avrà modo di utilizzare anche per altre occasioni ed opportunità.
Non me ne voglia la lobby degli specialisti ma continuo a ribadire che la dipendenza dell’azienda nei loro confronti debba essere la minore possibile e fino ad un certo punto. Il loro operato è utile all’azienda ma non può essere il must per la stessa tenendo conto che lo specialista è quel qualcuno che sa sempre di più su…sempre di meno, fino a sapere tutto…di niente.