• 08/12/2024

Dal lombrico un ritorno alla faccia sana dell’agricoltura

 Dal lombrico un ritorno alla faccia sana dell’agricoltura

Maurizio Falconiero

Alle origini della produzione agricola di qualità c’è un piccolo e instancabile animale che l’uomo ha sempre utilizzato e che può avere il suo riscatto: il lombrico

M&F Lombricoltura è un progetto che nasce nelle campagne della provincia di Pisa, a Santa Maria a Monte, su iniziativa di Maurizio Falconiero. Ecco la nostra intervista.

Che cos’è la lombricoltura e come è nato il suo interesse per questa attività?

«La lombricoltura è un processo naturale basato sulla trasformazione di materiale organico in fertilizzante, per la precisione in ammendante. Si tratta di un’attività che favorisce la crescita della vegetazione, delle piante e di tutto quello che nasce dalla terra. Il letame, attraverso la trasformazione che ne fa il lombrico durante la digestione, diventa ricco di molecole di azoto e di carbonio, necessarie al terreno per essere nutrito.

Inoltre, la carica batterica presente nell’humus favorisce l’interazione tra la radice delle piante e le sostanze nutritive presenti nel terreno. Infine, con l’humus di lombrico si riesce a trattenere l’acqua, anche per tempi prolungati, nel terreno che circonda la radice delle piante.

Da istruttore di equitazione e cavaliere in forza alla Federazione Italiana Sport Equestri, ho coltivato una passione che mi ha portato ad aprire la mia prima attività, una selleria che propone articoli sportivi per l’equitazione, tutti in linea con le nuove tecnologie.  In seguito, ho preso in affitto e poi rilevato un centro ippico, facendolo diventare la sede di un’associazione sportiva di equitazione, la M&F Riding Club. Secondo le norme vigenti il letame prodotto dai cavalli sportivi non è un ammendante biologico, ma è un rifiuto che deve essere smaltito.

Con dei costi che la nostra ASD non può sostenere. Per questo, ho cercato un modo più naturale per poter valorizzare questo prodotto e così ho deciso di aprire la terza azienda, M&F Lombricoltura, che trasforma il letame prodotto dai cavalli in ammendante naturale biologico. Tutte queste attività le ho aperte e le gestisco insieme a mia moglie Flaviana Miccio.

Siamo fornitori del Centro Lombricoltura Toscano, che da San Giuliano Terme, in provincia di Pisa, distribuisce il nostro humus di lombrico in tutta Italia e presso le aziende vinicole più prestigiose. La nostra filiera di produzione è interamente controllata, dai foraggi che diamo ai nostri cavalli alla qualità dei lombrichi, per un processo che dura più di 18 mesi. Tutte le procedure sono svolte in maniera naturale, senza utilizzare asciugatori industriali né diserbanti».

Perché il lombrico viene definito un ingegnere ecologico?

«Questo prezioso invertebrato viene da sempre considerato l’intestino della terra, perché è quello che lavora nei primi dieci centimetri del substrato terrestre, nutrendosi di tutte le sostanze organiche, dalle foglie agli insetti morti, fino alle feci degli animali. Sintetizzando tutta questa materia organica produce una vera e propria bomba di sostanze nutritive per le piante. È ecologico perché rielabora e ‘digerisce’ tutto quello che è organico e che noi butteremmo via.

Con la lombricoltura ridiamo importanza a un animale che nel corso della storia dell’umanità ha sempre avuto un ruolo fondamentale. Per esempio, Darwin gli ha dedicato un intero libro, “L’azione dei vermi”. In questa opera il grande scienziato afferma che il lombrico agisce allo stesso modo della selezione naturale: lavora in modo nascosto e instancabile, ma soprattutto con intelligenza, riuscendo a trasformare il paesaggio e il pianeta. Inoltre, esistono testimonianze antichissime sull’utilizzo del lombrico: per esempio gli egiziani grazie ai lombrichi hanno reso fertile il deserto e bonificato vaste aree di terreno».

Come contribuisce la sua impresa allo sviluppo dell’economia circolare?

«Noi riteniamo il nostro progetto un anello fondamentale dell’economia circolare, in quanto siamo un’attività che produce humus da lombrichi ma abbracciamo anche lo sport e l’agricoltura a chilometro zero. I nostri cavalli si nutrono di mangime prodotto nel territorio circostante e tutto il processo di produzione dell’humus viene fatto nello stesso luogo, senza esportare materiale e infine vendiamo il prodotto finale ad aziende del territorio locale e nazionale. Con l’avvento della chimica la lombricoltura era stata abbandonata, ma noi riteniamo che sia importante sfruttare meno il terreno e renderlo qualitativamente migliore.

Gli ultimi studi dicono che i terreni europei sono quasi privi di sostanza organica. Possiamo invertire la rotta tornando al compost di lombrico, certi che in questo modo il suolo renderà di più e i prodotti agricoli che ne usciranno saranno più sani. Secondo me si parla tanto di sostenibilità, ma alle parole non si accompagnano i fatti. Da mio nonno, che è stato un agricoltore, ho imparato due grandi lezioni: bisogna rispettare quello che la terra ci dà e senza la terra non andiamo da nessuna parte».

M&F Lombricoltura è associata a Compagnia delle Opere Toscana. Come ha conosciuta questa realtà e come si è evoluta la sua attività imprenditoriale all’interno dell’organizzazione?

«Un anno fa ho partecipato a un loro convegno che parlava di giovani imprenditori e di innovazione. Mi è piaciuta molto sia l’organizzazione del convegno sia il rapporto che si viene ad instaurare tra gli imprenditori. Non si tratta infatti di incontri fatti per firmare accordi commerciali o per trovare acquirenti o fornitori, ma di momenti in cui è possibile uno scambio di idee. Questa è un’opportunità di cui oggi si sente la mancanza. In particolare, io ho difficoltà a rapportarmi con imprenditori della mia generazione. Io ho 35 anni e mi sono reso conto che di imprenditori della mia età ce ne sono pochi.

Ho apprezzato la presenza di spazi dove imparare da chi ha maggiore esperienza in materia aziendale. Questo mi ha fatto molto piacere e soprattutto mi ha dato molti spunti positivi per portare avanti le mie attività. Ho sposato la mission di CDO perché andava incontro alle mie stesse idee. In particolare, l’idea secondo la quale il profitto si crea parallelamente alla crescita umana e personale.

Io faccio l’imprenditore non solo e non tanto in base a un interesse economico ma per lasciare un segno: il mio lavoro sposa l’ambiente e vuole riqualificare una pratica del passato, ma per cercare di lasciare qualcosa in più. Con la consapevolezza che la lombricoltura è un’attività antica ma può essere benissimo un’attività moderna e attuale».

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Giulia Baglini

Giornalista specializzata sui temi dell’innovazione e della sostenibilità

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