L’imprenditore e il suo stile
Lo stile dell’imprenditore contribuisce alla connotazione e all’inquadramento della propria azienda
Quando si prova a parlare di stile dell’imprenditore, stile aziendale e quant’altro di correlato, si ha il ragionevole timore di riscaldare minestre e di raggiungere quel livello di retorica che non stimola nei convenuti il prosieguo della lettura. In poche parole: siamo in un terreno minato, dove gli ordigni sono stati apposti da tante professionalità: i filosofi, i sociologi, gli psicologi. Dimenticavo: anche dagli aziendalisti, nemo propheta in patria, si sarebbe detto un tempo.
Inutile ribadire che le prime tre categorie fanno più trend. O meglio, forse facevano più trend. Non erano infrequenti le situazioni in cui si decantavano filosofi prestati al management e allo status di amministratore delegato, magari anche “imperatore” delegato. Per l’impatto sui sempre più numerosi stakeholder non può mancare chi si occupa di sociologia. Men che meno gli psicologi. Sarebbe bene che ci si fermi qui, magari escludendo gli psichiatri per ovvii motivi.
La formazione sull’argomento, di massima, da quella manageriale in giù, necessariamente segue questi filoni tentando di erogare suggestioni, meraviglie e quant’altro possa sollecitare un’adeguata attenzione, non solo gestionale ma anche commerciale.
Ad ogni modo, aver partecipato a numerosissimi eventi della specie ha contribuito a rafforzare in me l’attenzione a quel criterio che, in più di un articolo, trasuda ed esce fuori con la dirompenza che gli è propria: il criterio della proporzionalità. Ed è su questo ring che vorrei combattere perché a volte si ha la sensazione che quando si parla di imprenditori scatti automaticamente una soglia di accesso, non proprio bassa, che tende a escluderne una buona fetta, numericamente si intende.
E a volte ci assale l’idea che questa soglia porti a una dicotomia e che per molte aziende, quelle al di sotto, alcune rilevanti problematiche vengano trascurate. Sono problematiche come queste: quanta filo-socio-psicologia può gocciolare sulla testa di un imprenditore che da ditta individuale si trova a fare il passo verso una srl? Come si deve comportare nel passaggio da 3 a 20 dipendenti? Quale impostazione è più opportuno adottare, la amicale o quella più oggettiva? Quale e quanta energia deve passare attraverso i meccanismi di delega? Fa ancora fiamma il sacro fuoco dell’emotività e del coinvolgimento?
Insomma, un vero e proprio bailamme dove si rischia di restare meravigliati da alcune santificazioni e vedere sfocato il più evidente, e forse corretto, punto di osservazione dal quale poter trarre spunto per la propria realtà aziendale.
In fin dei conti i piccoli imprenditori hanno quotidianamente a che fare con le questioni provocatoriamente poste in precedenza. In quei casi la questione dello stile si pone in tutta evidenza. Difficile affermare la correttezza di uno o dell’altro stile, se vince l’aspetto estremamente oggettivo e distaccato o quello più ragionevolmente emotivo e amicale.
Giocano un ruolo importante l’evoluzione della dimensione aziendale, il numero dei dipendenti, il turnover complessivo, il grado di indispensabilità, le attese dello stesso imprenditore e tanti altri fattori ancora, comunque da ritenere meno prioritari di quelli enunciati (vedasi contributi di Associazioni di categoria, per tutti Confartigianato).
Si potrebbe tendere ad affermare che, alla fine, ciò che conta è la coerenza, intendendo per tale un’uniformità di visione nel corso del tempo. Tuttavia, questa inossidabilità non sempre è vincente perché anche lo stile può essere massaggiato dalle circostanze. Si può anche addurre la tesi secondo la quale varrebbe la pena metterci del proprio sempre, a prescindere dalla circostanza, perché solo in questo modo l’imprenditore non correrà il rischio di fare cose avventate e asimmetriche rispetto al suo credo.
Ci può stare, ma anche no. Non è con questo che la tesi finale stia nel voler sezionare il cluster degli imprenditori tra grandi, ai quali applicare la filo-socio-psicologia e i piccoli ai quali applicare non so cosa.
Alla fine, senza fare troppo il verso a Gigi Marzullo, in tutti i casi e le dimensioni, ciò che conta non è l’evidenza dello stile, ma ciò che lo stile rende evidente.
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