L’economia circolare in Toscana: azioni ed esempi concreti
Dieci aziende e un’associazione che lavorano dal basso per costruire un futuro sostenibile
A che punto è la transizione ecologica in Toscana? Le aziende sono pronte ad essere protagoniste di un’economia circolare, che abbia come parole d’ordine la condivisione, il prestito, il riutilizzo, la riparazione, il ricondizionamento e il riciclo dei materiali e dei prodotti?
Le linee guida di questo grande cambiamento a tinte verdi sono state dettate a marzo 2020, con il Green Deal presentato dalla Commissione Europea: l’obiettivo generale del piano è di raggiungere un’economia a zero emissioni di carbonio entro il 2050 e nel frattempo introdurre nuove leggi sulla ristrutturazione degli edifici, sulla biodiversità, sull’agricoltura e sull’innovazione.
Nel nuovo piano d’azione che il Parlamento europeo ha votato a febbraio 2021 sono anche incluse norme più severe su riciclo e riduzione dei rifiuti e obiettivi vincolanti sull’impronta ecologica dei materiali.
La Toscana sta facendo la sua parte: è notizia di questi giorni l’approvazione in Consiglio regionale della proposta di legge che prevede l’istituzione del Piano regionale per la transizione ecologica (Prte). Come ha affermato l’assessore all’Ambiente Monia Monni, l’obiettivo è arrivare a una regione carbon neutral, grazie al nuovo piano coordinato con Agenda 2030 ed in linea con le sfide dell’economia circolare, della gestione dei rifiuti, dell’energia pulita e dell’efficienza energetica.
Gli attori principali del cambiamento saremo in prima battuta noi cittadini con le nostre scelte di consumo e di vita e naturalmente le aziende che decidono di produrre in modo più responsabile e sostenibile.
Abbiamo scelto dieci realtà toscane impegnate in modelli ispirati all’economia circolare: un campione esemplificativo di una regione che corre verso un futuro più verde.
1 – Un’idea semplice e alla portata di tutti: produrre funghi freschi a partire dai fondi di caffè.
Ci ha pensato la startup innovativa “Funghi Espresso”, con sede a Scandicci (Firenze). Gli scarti, ricchi di minerali e sostanze nutritive, vengono ritirati nei bar e nei ristoranti del territorio e utilizzati come substrato per la coltivazione, unendoli al “seme” del fungo. Il tutto senza ricorrere alla pastorizzazione e senza l’uso di alcuna sostanza chimica. I funghi vengono poi coltivati in verticale, su supporti sospesi, riducendo della metà lo spazio utilizzato dalle coltivazioni tradizionali.
Il concetto di rifiuto è superato da quello di risorsa: infatti, il substrato, una volta finita la coltivazione, diventa un ammendante organico per l’agricoltura, chiudendo così il ciclo del caffè.
L’azienda ha ideato il “kit Funghi Espresso”, grazie al quale è possibile coltivare anche a casa i funghi della specie Pleurotus, in particolare la varietà Ostreatus, Djamor, Cornucopiae.
https://www.funghiespresso.com/
2 – Sempre in ambito di agricoltura circolare, segnaliamo il Centro Lombricoltura Toscano, con sede a San Giuliano Terme (Pisa): dal 2013 lavora per lo sviluppo di un nuovo sistema agricolo, in cui i rifiuti vengono trasformati in una risorsa e in un prodotto ecologicamente vantaggioso.
L’azienda produce e commercializza humus di lombrico (detto anche vermicompost) attraverso la tecnica della lombricoltura e la creazione di impianti di vermicompostaggio per aziende agricole e privati. Il principio base su cui si fonda l’attività, in un’ottica di sviluppo sostenibile locale, è quello di poter creare un virtuoso ciclo di rifiuti su piccola scala, immettendo sul mercato locale un prodotto di qualità da destinarsi all’agricoltura e al giardinaggio.
Humus CLT è un fertilizzante organico completamente naturale ottenuto dalla degradazione della materia organica da parte dei lombrichi con ottime proprietà chimico-fisiche e biologiche, ideale per l’arricchimento del terreno e la crescita delle piante.
L’azienda, infine, porta avanti una serie di attività, tutte collegate allo sviluppo dell’economia circolare: la consulenza e la vendita di impianti di vermicompostaggio per attività professionali e hobbistiche; la creazione di tavoli tecnici con amministrazioni comunali per la gestione della frazione organica del rifiuto solido urbano; la vendita dei lombrichi per pesca sportiva e come integratore proteico in mangimi; l’ideazione di progetti di ricerca agro-ambientale; la creazione di percorsi di educazione ambientale con le scuole.
https://www.lombricolturaclt.it/
3 – Anche l’edilizia può essere ecologica: è la mission di Manifattura Maiano S.p.A., che dal 1960, nella sua sede di Campi Bisenzio, lavora le fibre tessili naturali e riciclate per realizzare feltri, imbottiture e isolanti, tutte nel segno del basso impatto ambientale. Gli altri settori di destinazione sono l’arredamento, la calzatura, l’automotive e il florovivaismo.
In particolare, gli isolanti sono composti da materie prime di recupero come bottiglie di plastica, residui di lavorazioni del settore tessile e dell’abbigliamento o fibre naturali come canapa e lana di pecora. A fine vita i prodotti sono riciclabili o riutilizzabili. Nella fase di produzione non sono impiegate sostanze chimiche nocive, collanti e acqua. L’azienda ha anche messo a punto un sistema di riciclo dei propri scarti, recuperati al novantanove per cento e introdotti nuovamente nel ciclo produttivo.
Manifattura Maiano partecipa al programma per la valutazione dell’impronta ambientale promosso dal Ministero dell’Ambiente, con il progetto cofinanziato sull’impatto ambientale degli isolanti in fibre naturali e riciclate.
4 – Ancora più longeva è la storia di Manteco S.p.A. (Mantellassi Compagnia Tessile), fondata nel 1943 a Prato, nel cuore del distretto tessile più grande d’Europa. L’attività dell’azienda inizia riciclando vecchi capi di abbigliamento dismessi e coperte militari lasciate in eredità dalla guerra. Oggi è un punto di riferimento per la produzione di tessuti e filati, caratterizzati da altissima qualità e ridotto impatto ambientale.
Manteco si è fatta conoscere come azienda pioniera dell’economia circolare per la sua MWool®, la lana ricavata sia da scarti di lavorazione che da capi pre e post-consumo, secondo i principi del Life Cycle Assessment. Il prodotto è ottenuto senza l’utilizzo di sostanze chimiche, ma solamente attraverso la combinazione di fibre riciclate di diverse tonalità. Nella produzione del tessuto Woolten® si risparmiano l’80% di acqua, il 59% di energia e il 79% di CO₂. Con il Project 43 Manteco recupera gli scarti di lavorazione delle aziende e li ricicla per ottenere nuovi filati.
5 – Pochi chilometri separano il distretto tessile pratese dal distretto vivaistico pistoiese. Qui, esiste una cooperativa agricola che recupera e valorizza gli scarti verdi: si chiama Agribios ed è nata a Chiesina Montalese nel 2017. A marzo 2022 sono 213 le aziende socie, di cui circa il 90% vivaistiche, con le quali si è avviato un modello virtuoso di economia circolare.
Agribios è un punto di raccolta finalizzato al recupero e alla gestione dei residui vegetali. Il ciclo di trattamento prevede una fase di ritiro degli scarti, insieme ai substrati di coltura dalle singole aziende socie; dopo lo stoccaggio preliminare, è prevista la riduzione volumetrica e la vagliatura delle diverse componenti e infine il loro reimpiego, una volta lavorate, in agricoltura.
I benefici per il territorio possono essere così sintetizzati: riduzione di scarti verdi nelle discariche; utilizzo dei sottoprodotti in agricoltura tramite la creazione di una filiera locale; recupero di notevoli quantità di sostanze organiche e terricciato che possono contrastare la mineralizzazione dei terreni; minore necessità di ricorrere all’abbruciamento dei residui legnosi; incremento della produzione di energia rinnovabile a mezzo di biomassa.
https://www.cooperativaagribios.com/
6 – Anche prendere un caffè da un distributore automatico può rappresentare un gesto eco-sostenibile: è ciò a cui lavora General Beverage, azienda leader in Italia, con sede operativa a Pontremoli (Massa-Carrara) nella distribuzione automatizzata di bevande fredde e calde, acqua microfiltrata, alimenti e gelati espresso. I suoi distributori sono progettati e realizzati per ottenere un effettivo risparmio energetico: ad esempio, il servizio Freebeverage® (distribuzione self service a libero consumo di bevande sfuse e acqua microfiltrata) permette attualmente la prevenzione annua di oltre 4.000 tonnellate di rifiuti e di circa 168.000 tonnellate di merce trasportata. I distributori sono inoltre dotati di un sistema “contact free”, tramite un apposito bicchiere pluriuso.
L’azienda fornisce a mense, uffici e alberghi “Io Plastic Free Bottle”, una bottiglia in acciaio che ha lo scopo di eliminare l’utilizzo di acqua e bevande confezionate durante i momenti della giornata e che può essere personalizzata con messaggi di comunicazione ambientale e istituzionale.
Grazie al progetto io sano® l’azienda produce prodotti alimentari per persone affette da disfagia, come gli ospiti delle strutture sanitarie e socio-sanitarie: un esempio di come la sostenibilità sia un concetto non solo ambientale, ma anche sociale.
https://www.iobevo.com/online/
7 – Riciclare è un arte: questo principio è ancora più valido in un contesto apparentemente lontano dai temi dell’economia circolare come quello della scultura e del design.
È ciò che mettono in pratica Davide Dall’Osso e Maria Vittorio Gozio nel loro Atelier di, nato a Casole d’Elsa, in provincia di Siena e poi trasferitosi nella zona industriale di Malacoda, nel comune di Castelfiorentino.
La particolarità delle loro opere sta nell’utilizzo, per l’80%, dello scarto industriale di policarbonato: si tratta di un polimero che può essere riciclato fino a otto volte, in modo che anche gli scarti delle creazioni possano a loro volta entrare in un circuito di riciclo.
L’Atelier Dall’Osso si è fatto notare in vari contesti internazionali: dalla texture scenografica realizzata per il Festival di Sanremo 2016 alla progettazione dell’ “Albero del cibo” per il padiglione di EXPO Milano 2015, fino alla progettazione e realizzazione dei 650 “Ice floes” per la cerimonia inaugurale delle Paralimpiadi del 2014 a Sochi, in Russia.
http://www.atelierdallosso.it/
8 – Come è noto i RAEE (Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche) devono essere riciclati (e smaltiti) secondo specifiche procedure, in quanto rappresentano una notevole fonte di inquinamento. Allo stesso tempo possono diventare una risorsa di materiali utili e recuperabili per usi successivi, nell’ottica di allungare quanto più possibile la vita media di un prodotto.
Lo sa bene E-Repair, un laboratorio con sede a Livorno, che ripara e rigenera le schede elettroniche industriali, rimettendo a zero ore anche quelle obsolete. Leader del mercato da più di 13 anni e unico service partner di Siemens per l’Italia, l’azienda ripara anche prodotti in garanzia e fuori garanzia oppure prodotti fuori produzione.
Come si legge sul portale aziendale «è necessario scardinare l’attuale modalità di gestione delle attività di manutenzione aziendale, che vengono attivate solo in caso di guasto, e che comportano ingenti costi di fermo macchina».
Infatti il servizio punta sulla pianificazione dell’attività di manutenzione delle schede elettroniche, prevedendo lo stato di usura dei componenti elettronici, l’analisi della reperibilità del prodotto obsoleto, il calcolo della variabile di riparabilità e l’applicazione di sensori di rilevazione delle performance.
Tutta questa attenzione al ciclo di vita e alla rigenerazione dei componenti elettronici industriali fa di E-Repair non soltanto un’attività di business, ma anche e soprattutto una vera propria promotrice del concetto di economia circolare, oltre che un esempio da seguire nella riduzione dell’inquinamento industriale e nella creazione di una nuova sensibilità nell’ambito della responsabilità ambientale.
9 – Quando il prodotto elettronico deve essere smaltito, una delle aziende a cui fare riferimento in Toscana è Sim Green, realtà aretina che offre ai propri clienti i servizi di ritiro, trasporto, messa a riserva e trattamento finale dei rifiuti elettro-elettronici. Offre anche servizi in conto terzi rivolti ad aziende ed enti pubblici che intendono distruggere materiale elettronico. Sim Green è una delle poche aziende in Italia specializzata nel trattamento finale degli apparati elettrici ed elettronici e dei componenti di essi tramite un processo di scomposizione, selezione, triturazione o macinatura, miscelazione e saggiatura a campione delle materie prime/seconde recuperate.
Sim Green può stoccare fino a 373 tonnellate al giorno di rifiuti elettronici ed è continuamente impegnata nel campo della ricerca per lo studio di nuove tecnologie per il trattamento dei RAEE e per ridurre la dispersione incontrollata di questo tipo di scarti.
L’azienda ha la capacità di reimmettere nel mercato delle materie prime/seconde una percentuale di circa il 90% del materiale raccolto, contenendo sensibilmente l’impatto ambientale creato dallo sfruttamento dei siti estrattivi di cava o miniera, nonché le emissioni di CO2 dovute ai processi della raffinazione.
10 – Chiudiamo la nostra rassegna sulle aziende eco-sostenibili con una realtà che è diventata un caso di studio nazionale: Sfera Agricola, un parco di 13 ettari situato nel cuore della Maremma grossetana, a Gavorrano. In questa che è la serra idroponica più grande e più avanzata d’Italia, si producono ortaggi come pomodori, cavoli e basilico senza consumare il suolo, senza l’uso di pesticidi (ma con l’uso di insetti utili o molecole naturali) e senza macchinari inquinanti. A differenza delle tecniche tradizionali di coltura, quella idroponica è capace di produrre più verdure utilizzando meno risorse.
Ispirandosi alle culture fuori suolo diffuse in Olanda, l’imprenditore maremmano Luigi Galimberti nel 2016 ha presentato il suo progetto a ‘Oltre Venture’, il primo fondo italiano che investe ad impatto sociale, da cui ha ottenuto un cospicuo finanziamento. Nel suo primo anno di attività l’azienda ha fatturato 13 milioni di euro ed oggi conta 230 dipendenti, tra i quali anche tecnici e agronomi che seguono tutta la fase della lavorazione.
I pomodori sono coltivati in dei contenitori dove vengono piantate le radici e da cui passa dell’acqua arricchita con dei nutrienti. Per farli crescere anche fuori stagione si utilizzano dei termosifoni posizionati lungo le piantagioni. I prodotti sono tutti a residuo zero, senza la presenza di nichel o cromo. Per il riscaldamento viene utilizzato il truciolato, mentre per l’irrigazione si sfrutta l’acqua piovana, il che permette di risparmiare fino al 97% di acqua rispetto alle colture in campo aperto.
BONUS TRACK: Associazione Bi-done
L’economia circolare si costruisce dal basso, dalle azioni individuali di cittadini di tutte le età.
Non poteva mancare, quindi, un riferimento a una realtà toscana che si occupa di formare e sensibilizzare le nuove generazioni sui temi della sostenibilità ambientale.
Bi-done è un’associazione nata nel 2006 a Porcari (Lucca) e presieduta da Sara Tocchini, coordinatrice ambientale presso una cartiera, insieme ad altre sei donne.
Il progetto fa parte del Centro per l’educazione al riuso “Grossomodo”, in zona Foro Boario a Lucca, dove si raccolgono scarti delle varie imprese del territorio per dare vita ad installazioni artistiche o per realizzare laboratori di educazione alla sostenibilità e al riutilizzo dei materiali.
Materiali che provengono dal territorio locale: dalle cartiere vengono ritirati carta e cartoncini, materiali pubblicitari, ritagli, scampoli di stoffa, rocchetti di plastica e rotolini di filo; da un ombrellificio sono recuperati gli scampoli di tende degli ombrelli. I laboratori sono rivolti a bambini, ragazzi e adulti. A tutti si cerca di insegnare che la sostenibilità fa rima con la bellezza e la creatività.
Per informazioni: bidone.crc@gmail.com