Leadership positiva: nuove esperienze d’impresa ad ‘Artes et ethica’

Imprenditori e professionisti a confronto sulla leadership positiva: è il tema che è stato al centro del convegno che si è svolto sabato 20 novembre alla villa medicea di Artimino, nell’ambito della 14esima edizione di “Artes et ethica”, organizzato dall’Associazione Toscana Ricerca e Studio ARTES
Valori, virtù, realizzazione e sviluppo del carattere dei manager: come influiscono questi fattori sulla produttività dei collaboratori e come possono contribuire a rendere più umani i rapporti di lavoro e di conseguenza a creare anche una società più sostenibile?
A raccontare la loro esperienza di manager d’azienda sono stati due imprenditrici e un imprenditore: Eleonora Anselmi, vicepresidente nazionale dei Giovani Imprenditori di Confindustria e Business developer di Chimera Gold Srl; Marina Salamon, fondatrice e presidente di Altana Spa, tra le maggiori aziende europee di abbigliamento per donna e bambini e impegnata nella gestione di diverse associazioni non-profit, tra cui Wwf, Salus Pueri e Gruppo Abele; Marco Bartoletti, presidente e proprietario della BB Holding, leader mondiale nella produzione di accessori per la moda, con sede a Calenzano e creatore di un’esperienza di impresa orientata all’inclusione delle persone diversamente abili.
Ospite internazionale del convegno Alberto Ribera, professore di Pratica del management e di gestione del personale nelle organizzazioni alla Business School IESE di Barcellona.
Ad Eleonora Anselmi, Toscana Economy aveva dedicato nel novembre 2020 un’intervista sui temi dell’etica e dell’innovazione, temi che hanno trovato nella cornice dell’ultima edizione di Artes ed Ethica la loro collocazione ideale.
Anche Marina Salamon ha una forte attenzione verso l’etica e la responsabilità sociale. Ha fondato la sua prima azienda nel 1982, a 23 anni, ancora studentessa. Con Save The Duck, azienda fashion di cui è stata socia in passato, ha vissuto il passaggio in società benefit, equivalente delle B-Corp statunitensi e realtà anche in Italia grazie a una legge del 2015. Oggi tutte le aziende della sua holding ‘Alchimia’ seguono questo modello: hanno come valori guida la responsabilità sociale e la distribuzione di quote degli utili a progetti benefici e danno lo stesso peso agli obiettivi economico-finanziari e agli obiettivi di impatto sociale e ambientale.

Questo significa che l’imprenditore deve prendersi una responsabilità precisa sia sul piano sociale, accertando la correttezza di tutte le condizioni di lavoro dei propri collaboratori e di tutta la catena produttiva – fino al più piccolo fornitore – che sul piano della sostenibilità ambientale.
«Non lo si fa per essere buoni – precisa Salamon – ma perché attira le persone migliori a lavorare con noi. Queste persone non si baseranno sullo stipendio ma sulla condivisione di valori e di progetti».
Inoltre scaturiscono anche conseguenze economiche: quello che all’inizio poteva sembrare di moda, come la crescita di valore delle aziende adeguate agli obiettivi ESG (Environmental -Social-Governance), si sta diffondendo ovunque e sta rivoluzionando anche le imprese legate alle grandi aziende del lusso, molto presenti in Toscana. Si sta creando un circolo virtuoso, in cui ogni azienda è chiamata ad essere coerente, altrimenti ne va della sua credibilità e della sua crescita».
Nello specifico, i criteri sintetizzati nella sigla ESG sono i seguenti: Environmental, ossia come un’azienda si comporta nei confronti dell’ambiente; Social, sulla relazione con il territorio, con le persone, con i dipendenti, i fornitori e i clienti; Governance, con riferimento alle logiche legate alla retribuzione dei dirigenti, il rispetto dei diritti degli azionisti, la trasparenza delle decisioni e delle scelte aziendali, il rispetto delle minoranze.
Sulla leadership Salamon esprime il dovere di interrogarci sulla nostra possibilità di intendere il potere come responsabilità e servizio, da esercitare nelle aziende, così come nella politica, nelle associazioni non profit, nelle famiglie: «La responsabilità può essere intesa come responsabilità educativa, trasmissione del sapere, umiltà, ‘mettere in opera’ i talenti ricevuti, restituzione alla comunità. Tutto ciò non significa ‘buonismo’, né ricerca del consenso, né esercizio demagogico della leadership, ma capacità di scegliere e di decidere, anche in modo scomodo o impopolare».
Alla capacità decisionale dell’imprenditore, che nei momenti di emergenza risulta necessaria ma che non deve essere l’unico modus operandi, deve affiancarsi la capacità di ascolto: «Decidere al volo e ascoltare la pancia può diventare un limite. Quando mettiamo noi stessi al centro, non riusciamo a notare tutte le idee buone che ci girano intorno. Bisogna attivare la creazione condivisa con chi lavora con noi. Nella mia storia professionale, mi sono sempre confrontata con il problema della ‘leadership positiva’. Ho sbagliato molte volte, ho sperimentato i miei limiti e ho imparato a riconoscerli e a condividerli, di fronte agli altri».
Tutto questo contribuisce, conclude Salamon, a rendere le aziende tra le poche ‘comunità’ presenti nella società attuale: sono un luogo di vita, oltre che di lavoro.
Marco Bartoletti va ancora oltre: l’impresa dovrebbe essere la casa di ogni lavoratore e l’imprenditore dovrebbe considerare ogni suo collaboratore come un proprio familiare.
La sua BB Holding conta circa duecento dipendenti: il 30% di questi sono persone disabili o con gravi problematiche. Da anni l’imprenditore di Calenzano interviene presso istituti scolastici ed enti di formazione come la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa per raccontare la sua idea di impresa. Nel 2017 è intervenuto alla Settimana Sociale di Cagliari, dove è stato presentato un documentario girato proprio nell’azienda, a cura della CEI. Da tempo è in relazione con enti pubblici e socio-assistenziali del suo territorio, che lo mettono in contatto con persone che vogliono uscire dallo stato di bisogno.
«Abbiamo messo in atto – più i miei ragazzi che io stesso – un processo di non esclusione. Non ci siamo posti il problema di escludere. Fin da subito, i criteri per assumere un nuovo lavoratore sono stati diretti a privilegiare le persone con difficoltà, nella convinzione che il concetto di disabilità è ormai superato. La nostra esperienza d’impresa – i modelli sono altri – ha suscitato un interesse da più parti a livello nazionale. Tuttavia non è nata oggi, ma vent’anni fa. Oggi fa notizia perché siamo tutti a rincorrere questa economia sostenibile, a mio parere, più citata che rincorsa».
Riumanizzare l’impresa, è questo il suo imperativo morale: «I nostri valori di ingresso sono diversi da quelli che siamo abituati a cercare, ossia quelli legati alle alte performances, che inevitabilmente tendono a escludere qualcuno. Si alza sempre di più l’asticella, a partire dal sistema dell’istruzione, dove i ragazzi che non arrivano primi, anche per il fatto di non possedere titoli di studio all’altezza delle più esigenti aspettative, diventano di fatto ‘i nuovi disabili’ o si sentono tali».
Bartoletti inverte i parametri che normalmente reggono le assunzioni e si chiede: «Qual è quell’azienda di valore e di valori che esclude o seleziona le persone? Questo non è il metodo giusto per diventare un’impresa felice e performante. Noi siamo la dimostrazione che includere persone, anche con malattie gravi, non significa non essere un’azienda performante, così come il fatto di discriminare le persone non significa crescere per forza. L’esclusione si opera anche cercando di incasellare le persone in base al loro stato di malattia, certificato o meno, dimenticando che davanti e oltre a ciò ci sono facoltà e abilità ben più importanti».
L’ascolto e l’empatia sono gli strumenti con cui si relaziona con i suoi collaboratori: «Siamo un’impresa che ha scelto di crescere mettendo le persone nella condizione di potersi esprimere, a prescindere dal proprio stato di salute. Basta parlare con le persone, magari si scopre che alle loro problematiche il lavoro può dare una risposta, un aiuto per rimettersi in gioco e per riacquisire forza e dignità».
Tante le storie di riscatto, personale e lavorativo, che si sono sviluppate sotto il tetto della BB Holding, racconta Bartoletti: «Abbiamo una signora con problemi di mobilità che gestisce un reparto di 25 persone. Abbiamo ragazzi autistici, down, con problemi di sordità, persone con la sclerosi multipla. Persone che si erano ammalate di tumore e si erano licenziate dal precedente posto di lavoro perché, benché tutelati dal punto di vista normativo, si sentivano un peso. Ognuno svolge il proprio compito e si mette in gioco ogni giorno. Che sia sano o malato, qua non c’è la regola che vince chi corre di più».
Esiste una solidarietà a doppio senso, che si sviluppa tra il lavoratore disabile e quello normodotato: «Se all’inizio è il lavoratore in difficoltà a chiedere aiuto, subito dopo l’aiuto si inverte. È il collega ‘sano’a ricevere aiuto e nello stesso tempo a scoprire di avere un valore e delle capacità che pensava di non avere».
Con queste parole conclusive si capisce ancora meglio cosa si intende quando si parla di un’impresa orientata secondo valori etici. «È un dovere contribuire a creare nel proprio ambiente di lavoro una condizione di vita migliore possibile, destinata a chi è sano e a maggior ragione a chi sano non è. Come comparto toscano e italiano abbiamo la possibilità di creare un’impresa molto più umana. Il cuore e la voglia di fare con consapevolezza in Italia c’è. Solo che a volte si perde un po’ la strada. Fondamentale sarebbe lavorare sul valore delle persone: far tornare il politico, il giornalista, l’imprenditore una persona. Continuando ad anteporre i titoli ci allontaniamo l’uno dall’altro».
E infine un messaggio agli studenti, i lavoratori di domani: «A loro consiglio di mettere nel curriculum quello che fanno per aiutare gli altri, quello che fanno a livello sociale. Sono caratteristiche fondamentali che devono emergere se vogliamo creare imprese che siano veramente sostenibili».
Per approfondimenti:
https://toscanaeconomy.it/educare-alla-imprenditorialita-diamo-le-gambe-alle-idee-innovative/