L’arte del gioiello tra spirito e materia

In via San Niccolò, una delle strade più antiche d’Oltrarno, sorge il museo bottega del maestro di arti orafe Alessandro Dari. Ospitato all’interno del quattrocentesco Palazzo “Nasi-Quaratesi”, dove più di due secoli fa fu ritrovata la Madonna del Cardellino di Raffaello Sanzio, il museo che è al contempo laboratorio artistico e scuola, rappresenta per il visitatore prima di tutto un’esperienza sensoriale unica nel suo genere
Luci soffuse, musica sacra, alambicchi, simboli alchemici, astrologici, animali. Sono loro a fare da cornice alle creazioni del maestro Dari, “pezzi unici”, gioielli che racchiudono lavorazione scultorea e sperimentazione orafa di altissimi livelli, ma soprattutto racchiudono una storia, ciascuna la propria, che il maestro ci regala, inframmezzata dal suono di ingranaggi.
C’è “Amore”, l’anello di ispirazione rinascimentale che raffigura due mani che si uniscono; c’è il “Ragno Sacro” che ripropone, in forme moderne, un antico gioiello etrusco che simboleggia il connubio tra la componente sacra e quella materica della vita; c’è il “Rosone Gotico”, il pendente in oro giallo 18 carati, diamanti, rubini e zaffiro che sembra quasi invitarci alla contemplazione.

«La materia ti parla, sceglie proprio te perché tu gli dia una forma – spiega il maestro – chi crea sta sempre in bilico tra due mondi, quello materiale che plasma e quello spirituale da cui giungono le suggestioni più importanti, quelle che rendono la materia viva». E al centro del lavoro di Dari c’è un’incessante ricerca spirituale. «L’arte orafa, rispetto alle altre, non ha ancora riconosciuto il giusto riconoscimento a mio avviso e questo perché è sempre stata legata all’apparire, alla ricerca di forme esteriori piuttosto che interiori. Il mio approccio non è quello dell’artigiano, bensì quello dell’artista, non mi è mai interessato replicare qualcosa che fanno da tre secoli alla stessa maniera, identica, io cerco di liberare la materia dalla propria prigionia, di amplificare la sua vita attraverso il movimento». È quello che il maestro definisce “dinamismo percettivo”, un approccio che vuole trasmettere anche ai suoi studenti.
Secondo il maestro Dari, l’opera d’arte non è mai da considerarsi completa dato che è l’artista stesso ad imporre dei limiti dando una forma. Un rimando all’opera scultorea di Michelangelo, che non terminava le sue opere per non “limitarle”. Alla stessa maniera l’opera orafa deve tendere all’incompleto, alla dinamicità, all’atemporalità per essere infinita, vera opera d’arte ed avvicinarsi a Dio, Infinito per eccellenza.
Insomma, ad ascoltarlo Dari ricorda più un alchimista vissuto nel XIV secolo che un uomo dei nostri tempi. Laureato in farmacia, musicista e appassionato studioso delle scienze e delle tecniche antiche, le sue creazioni trovano ispirazione in diversi temi: dal mondo etrusco a quello gotico e rinascimentale, dai templari all’esoterismo, dal mondo femminile a quello marino passando per le chiese e i castelli, la vita e la morte. Dari è erede di una lunga tradizione nell’arte orafa. Già nel 1630 un suo antenato, Aldebrando Dari produceva gioielli e piccole sculture in bronzo per i nobili della città e per la chiesa. Il marchio dell’antica bottega fiorentina, una chiesa gotica con le iniziali all‘interno, è rimasto uguale da allora.
I suoi gioielli sono grandi, imponenti, hanno una personalità definita. «Quando ho iniziato, per gli altri maestri orafi ero una pecora nera, facevo cose inammissibili, mi prendevano in giro per via di queste creazioni enormi, sgraziate, che non tenevano conto dell’indossabilità, adesso molte sono esposte all’interno dei loro musei». Le opere di Dari sono esposte al museo degli argenti del Palazzo Pitti e al museo della cattedrale di Fiesole. Dari è stato insignito del titolo di professore universitario onorario di Oreficeria della Facoltà di Architettura di Firenze.

Dal 1997 all’interno della bottega è nata la Scuola di Scultura del Gioiello sulla tradizione delle antiche botteghe artistiche fiorentine. «Da me non imparano le tecniche di riproduzione di un gioiello, per questo ci sono molte altre scuole finalizzate ad imparare il mestiere dell’orafo secondo certe regole, fisse, standard – spiega Dari – gli allievi qui vengono immersi in un ambiente che ispira la creatività, vengono formati secondo l’approccio del dinamismo percettivo, pertanto non impareranno a replicare opere bensì verranno stimolati ad avvicinarsi alla forma, rendendola propria, attivando il proprio personale modo percettivo e creativo».
Chi sono gli allievi dell’arte orafa, oggi e quali sono i prerequisiti per andare a studiare in via San Niccolò alla bottega del maestro Dari? Proviamo a tracciare un identikit. «I miei allievi sono pochi, 7 o 8 al massimo così da essere seguiti meglio; sono tutti stranieri, al 90% cinesi, gli italiani puntano ad un percorso formativo più standardizzato, tradizionale, con una laurea che dia loro un’identità sociale precisa; a differenza del passato sono quasi tutte donne, l’uomo oggi ha paura di esprimere il suo lato femminile, quello legato all’espressività e alla creatività. Quelli che vengono da me partono già da un buon livello, devono aver fatto o fare un corso di disegno/scultura, ma ciò che conta è che abbiano tanta passione».