«La strada migliore è quella che si fa insieme agli altri»

Intervista a
Matteo Niccolai, manager di Fass Spa
Ha un approccio umanistico all’economia Matteo Niccolai, della storica azienda Fass di Larciano, eletto nel gruppo dei giovani industriali di Confindustria. Appartenente alla terza generazione di imprenditori di famiglia, durante gli studi universitari ha voluto sperimentare tutte le fasi del lavoro in manovia prima di diventare un vertice aziendale perché secondo Niccolai «ci vuole umiltà»
«Quando ho iniziato a lavorare non avevo mai smontato nemmeno una marmitta di motorino. Quindi ho cercato di puntare molto sull’aspetto umano facendo anche i turni di notte per comprendere meglio la produzione. Non si può uscire dall’università e andare da una persona che è alle macchine da 30 anni a dirgli come si deve fare».
Eccolo qua il giovane Matteo Niccolai, l’esponente della terza generazione dell’azienda di produzione di scope Fass di Larciano in provincia di Pistoia, recentemente eletto tra i giovani industriali di Confindustria Toscana Nord. A 22 anni ha ricevuto la sua prima busta paga simbolica per «aver fatto finta di lavorare – come dice lui – dal momento che la mia preparazione era solo teorica». Consapevole di essersi trovato il lavoro già pronto grazie alla fiorente azienda di famiglia fondata nel 1968 dal nonno paterno Piero Niccolai, sempre sostenuto dalla moglie Romana Garau, Matteo Niccolai rappresenta un cambio di prospettiva tra gli imprenditori, puntando sulla sensibilità, l’autocritica e l’umiltà di imparare.
«Di solito si sentono dire cose terribili sulla terza generazione di imprenditori di famiglia – spiega Niccolai – ma credo che ogni generazione abbia un ruolo difficile in un’azienda familiare. Tuttavia chi pensa di fare l’imprenditore per diritto acquisito sbaglia, ma a volte capisco che la mancanza di umiltà è anche frutto della società in cui viviamo».

Dunque l’università non prepara agli aspetti pratici del lavoro e allora un giovane che contributo può dare alla propria azienda?
«Chi come me si ritrova a entrare nella realtà familiare – spiega il giovane imprenditore – ha il grande vantaggio di non essere influenzato da quel che l’azienda ha fatto fino a quel punto. A me hanno dato la possibilità di osservare prima e di essere ascoltato dopo. Un occhio non condizionato fa la differenza nel trovare soluzioni e questa forse è la chiave del ricambio generazionale: osservare dall’esterno e dare il proprio contributo e anche nella predisposizione al cambiamento». Nata esclusivamente per la produzione di scope e spazzole, la Fass, che oggi conta 85 dipendenti di cui 65 alla produzione, negli anni ha iniziato a produrre internamente, a integrare nell’azienda tante altre fasi produttive come ad esempio lo stampaggio di plastica, produzione manici e panni «che poi sono diventati il valore aggiunto dell’azienda – prosegue Niccolai – in Italia siamo quelli che producono più articoli internamente. E siamo fra i primi tre in Europa».
Insieme a Matteo in azienda lavorano anche il babbo Celestino, che ne è presidente e lo zio Simone Niccolai, amministratore oltre alla zia Michela Balducci per il commerciale e il fratello di Matteo, Giammarco, di 28 anni e il cugino Filippo, di 23. Certo è che essere un giovane imprenditore non è semplice.
«Il segreto credo che sia trovare l’equilibrio con le generazioni precedenti – conclude – che nel mio caso mi hanno facilitato in tanti aspetti del lavoro ma la mentalità di oggi è anche frutto di un percorso accademico è diversa rispetto a quella consolidata in decenni di lavoro. La propensione al cambiamento per chi ha sempre lavorato in un certo modo non è così scontata, e bisogna avere anche tanta passione». Chiosa delineando un approccio umanistico Matteo Niccolai, nonostante gli studi universitari in economia. «Si parte sempre dalle persone. Sono felice dell’elezione tra i giovani imprenditori che dopo l’università è stata l’occasione più stimolante di scambio con un gruppo di veramente belle persone. Peccato sia poco pubblicizzata come realtà perché da soli non si va da nessuna parte, e questo tipo di associazionismo può fare la differenza anche per i territori».