• 13/01/2025

La scrivania rivelatrice

 La scrivania rivelatrice

La scrivania rivelatrice: molti dei nostri comportamenti in azienda generano processi in grado di rivelare una parte del nostro modo di essere

Può sembrare singolare, insolito, eccentrico, provare a scrivere un articolo basato esclusivamente su una scrivania. La singolarità prende ulteriore forza considerando che non si parte dal punto di vista di un designer, né di un costruttore di mobili.

Per infierire ulteriormente, l’oggetto dell’attenzione non è proprio la scrivania, ma cosa c’è sopra.

Effettivamente può sembrare del tutto particolare, ma posso assicurare che, in qualche modo, la presenza, la composizione di quello che c’è sopra una scrivania può rivelare più informazioni di quante se ne possano immaginare.

Mi è capitato di visitare migliaia di aziende per motivazioni professionali e, per mia natura, oltre a tenere alta l’attenzione riguardo alla comunicazione verbale e ai documenti messi a disposizione, non ho mai trascurato una particolare attenzione alla comunicazione gestuale, all’ambiente e ad altri elementi: disposizione dei posti lavoro, targhe degli uffici, ordine e pulizia degli ambienti, materiale sulle scrivanie.

Focalizzando l’attenzione proprio sulle scrivanie, si può rilevare come tra i due antipodi, scrivania emula di un tavolo da sala operatoria e quella empia di ogni “ben di dio” disposto in modo caotico dove l’unico problema sembrerebbe essere non far cadere nulla, sussiste una interminabile interpolazione di situazioni.

Questa casistica vale dall’imprenditore in giù. Per quanto ovvio, ciascuno di noi, per sua estrazione caratteriale e culturale, tenta di posizionarsi, se non in uno dei due limiti, sicuramente all’interno di essi.

A ciò si aggiungono le consapevolezze, le ostentazioni e le giustificazioni dei possessori. Quante volte ci siamo sentiti dire: “Scusate per il disordine ma in questi giorni sono talmente impegnato che mi è difficile sistemare anche la scrivania”. Oppure: “Non ho necessità di mettere a posto le cose perché nel mio caos ritrovo tutto e non consento a nessuno di metterci le mani”.

Puntualizziamo che il target di riferimento è costituito da aziende di servizi, produzione, concetti e settori merceologici ben lungi dalla mera arte dove anche il brainstorming convulso, sfrenato costituisce un importante atout per raggiungere lo scopo.

Per tentare qualche abbozzo di valutazione dobbiamo anche considerare quanto simili atteggiamenti derivino dal nostro personalissimo modo di fare e quanto abbiamo lavorato per schermare questo stato dal nostro far parte di un’azienda.

In poche parole: tutto ciò che facciamo è figlio del nostro essere, senza filtri? Può questo atteggiamento costituire un valore aggiunto per la nostra azienda?

Inoltre, è proprio condivisibile la tesi secondo la quale quanto più siamo disordinati tanto più siamo intelligenti? E se fosse tutto vero, essere solo intelligenti senza individuare un modello per la sua applicazione può essere sufficiente a valorizzare la nostra azienda?

A questo punto abbiamo messo talmente tanta legna sul fuoco che dovremmo provare a trarre qualche considerazione. Rischiando di scivolare nel preconcetto, mi torna utile pensare che l’ordine nel quale si vive può facilitare l’ordine mentale e scelte razionali. Una scrivania, un luogo in ordine non è sempre la cartina di tornasole dell’assenza di documenti e operatività.

Può darsi che sia stato messo a posto il tutto, oppure che non ci sia bisogno di stampare proprio perché è tutto disponibile in digitale. Questa modalità di approccio favorisce la condivisione di processi e documenti, meglio se figli di disposizioni interne che ne regolino la trattazione (vedasi articolo in merito).

Sempre in parole povere: è molto più facile condividere un file presente nella intranet, nel luogo previsto da disposizioni interne, che un documento posto sotto un metro cubo di altri documenti sopra la scrivania. Non va sottaciuto che il tempo agito per la ricerca costa allo stesso modo di quello utilizzato per la produzione e la progettazione, ma è ovviamente molto meno redditizio.

Non è certo questo lo spazio per investigare sul meglio tra un atteggiamento razionale o uno eclettico. Per quanto mi fossi data la colpa del preconcetto, non me la sento di sposare e proporre in toto una linea di condotta. Non va però sottaciuto che, nel buon nome della economicità dei processi, mi torna utile pensare alla razionalità come veicolo privilegiato (vedasi articolo) per raggiungere gli obiettivi aziendali.

I risultati restano e resteranno sempre l’unica cartina di tornasole in grado di dare ragione all’uno o all’altro percorso. Resta sempre da verificare se, raggiunto un livello accettabile dopo aver perseguito una strada, non sia possibile migliorarlo seguendo l’altra.

Ma a proposito di ottimizzazioni, promettendo di parlarne in una delle prossime occasioni: abbiamo mai pensato ad eliminare tutti, proprio tutti, i documenti dalle scrivanie? Stressando ulteriormente il concetto: abbiamo mai pensato di eliminare anche le scrivanie?

Umberto Alunni Consulting

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Redazione

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