• 14/02/2025

La rivoluzione di Autostrade per l’Italia

 La rivoluzione di Autostrade per l’Italia

Movyon, del Gruppo Autostrade per l’Italia, illumina stazioni di servizio e fa funzionare caselli autostradali sfruttando il passaggio dei veicoli

È la prima sperimentazione al mondo in autostrada che prevede l’utilizzo di una piattaforma capace di trasformare l’energia cinetica dei veicoli in decelerazione in energia elettrica ed è stata ideata da Movyon, il centro di eccellenza per la ricerca e l’innovazione di Autostrade per l’Italia.

Movyon, già conosciuta come Autostrade Tech, è proprietaria e progettista degli apparati Telepass, opera nei settori di Ricerca e Sviluppo e integrazione dei sistemi hardware e software nell’ambito degli Intelligent Transport System (ITS), ossia di quei sistemi che consentono di monitorare, valutare e gestire in modo intelligente la mobilità grazie a sensori, telecamere, comunicazioni wireless, dispositivi IoT e intelligenza artificiale, raccogliendo e analizzando i dati relativi a traffico, condizioni stradali e dei veicoli “connessi” in tempo reale.

Ne abbiamo parlato con Benedetto Carambia, responsabile Ricerca, Sviluppo e Innovazione di Movyon – Gruppo Autostrade per l’Italia.

Quali sono le iniziative di ricerca e sviluppo di Movyon e gli ambiti in cui l’intero gruppo Aspi si impegna a rendere la rete autostradale sempre più innovativa?

«Autostrade per l’Italia gestisce più di 3mila chilometri di rete, la più vasta in Italia e una delle più grandi in Europa. All’interno del gruppo ci sono delle società controllate focalizzate su alcuni business verticali che contribuiscono alla missione di Autostrade per l’Italia di diventare un operatore di mobilità sostenibile, leader nel mercato.

Questo obiettivo, più ampio rispetto al semplice ruolo di gestore dell’infrastruttura, viene perseguito proprio attraverso Movyon e le sue soluzioni tecnologiche d’avanguardia. Per raggiungere questo obiettivo, Movyon non è da sola, ma in stretta connessione con le sopracitate società.

Eccone alcune: Tecne, che coordina le attività di progettazione, direzione lavori e monitoraggio del piano di manutenzione e investimenti; Amplia, che si occupa di costruzione, manutenzione e ammodernamento delle strade e dello sviluppo di materiali e tecnologie per la pavimentazione stradale; Free to X, che si occupa di servizi innovativi legati alla mobilità sostenibile, come le colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici; Elgea, che si occupa di produzione e vendita di energia elettrica da fonti rinnovabili.

TOSCANA ECONOMY - La rivoluzione di Autostrade per l’Italia
Benedetto Carambia Head R&D and Innovation Movyon

La mobilità del futuro si baserà sempre più su un dialogo diretto tra il veicolo e l’infrastruttura stradale, sul modello delle cosiddette ‘macchine connesse’. È proprio questo l’ambito di Movyon e del suo team di ricerca e sviluppo, che collabora con la Direzione Studi e Strategie del gruppo.

Le iniziative di ricerca e di innovazione sono afferenti a tanti stream di business: dal monitoraggio delle infrastrutture (sviluppato anche tramite il progetto Argo) alla manutenzione della pavimentazione stradale (correlato al comfort di guida ma soprattutto alla sicurezza ed anche all’impatto ambientale dei cantieri).

In particolare, abbiamo sviluppato il Pavement Management System, per monitorare e impostare i piani di manutenzione, in modo che siano ottimizzati nella scelta di quale tratta conviene manutenere, prima che entri in una fascia di rischio per la sicurezza.

Un altro importante stream è quello della sostenibilità e dell’efficienza energetica, in primis dei nostri impianti tecnologici. Parallelamente, ci impegniamo a rendere le nostre aree di servizio più indipendenti e più resilienti dal punto di vista energetico: in presenza di più impianti di energia sostenibile (fotovoltaico, KEVH, microeolico) bisogna decidere come scambiare energia con la rete.

Se acquistarla dal fornitore, se reimmetterla in rete o se accumularla per poterla poi usare in caso di una richiesta energetica molto importante, come potrebbe accadere in futuro con l’aumento dei veicoli elettrici.

Inoltre, cerchiamo delle soluzioni che possano aiutare a ridurre l’impatto delle emissioni dei veicoli che ogni giorno utilizzano le nostre infrastrutture. Un’altra area su cui siamo impegnati è quella della smart mobility o delle smart road in generale, per sviluppare impianti tecnologici basati sull’interazione tra veicolo e infrastruttura.

Collaborando con il Politecnico di Milano, stiamo sviluppando una ricerca che possa permettere alla guida autonoma di essere mantenuta a un livello costante in tutti i sistemi, anche quando non è presente il posizionamento positivo, come per esempio dentro una galleria.

La guida autonoma riguarda l’accessibilità a una mobilità più ampia, da rivolgere a chi non è in grado di guidare perché interessato da una disabilità. La sostenibilità per noi è un tema ampio, non è solo energetico: è un tema anche sociale, visto che noi lavoriamo principalmente per la sicurezza dell’utenza delle infrastrutture stradali.

Se chi si muove in auto è più sicuro, vuol dire che si sta lavorando sull’aspetto sociale della sostenibilità. Aumentando con dei sistemi tecnologici la sicurezza di chi si muove in strada, di fatto si implementano strade sostenibili.

L’aspetto sociale insiste anche sulla sicurezza dei nostri operatori: meno uomini in campo nei cantieri o sul luogo degli incidenti riduce il rischio di chi si deve muovere e andare in un contesto molto pericoloso come un’autostrada. Il nostro obiettivo è azzerare gli incidenti che coinvolgono i nostri lavoratori.

Per questo vorremmo che i droni visionassero l’area interessata prima di inviare le persone, per poter coordinare anche meglio le operazioni di soccorso. A livello di governance, introduciamo sempre più elementi di digitalizzazione, come l’intelligenza artificiale a supporto delle azioni di chi gestisce le sale di controllo, riducendo i tempi di intervento o gli errori».

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In cosa consiste il progetto KEHV e perché è così importante a livello mondiale?

«Un veicolo che passa sopra al modulo attiva un generatore elettromeccanico e l’energia elettrica viene resa fruibile mediante un convertitore elettronico che ne permette la connessione alla rete. In un’area di servizio, per esempio, l’energia prodotta potrebbe essere utilizzata per alimentare l’illuminazione, la cartellonistica pubblicitaria e anche per i generatori di ricarica dei veicoli elettrici.

Nel caso della stazione di esazione, l’energia generata potrà essere utilizzata dall’impianto del casello (casse, sbarre e illuminazione). La piattaforma è come un tappeto che si mostra a livello della strada, è paragonabile alle bande rumorose presenti in prossimità dei cantieri.

La parte software è legata al come si scambia energia con gli impianti e con il resto della rete. L’impianto ha bisogno di un certo numero di passaggi di veicoli e va collocato, tendenzialmente, dove questi passaggi sono garantiti, quindi in aree di servizio e piste di esazione che siano interessate da un certo numero di traffico.

L’ideale sono i caselli dotati di telepedaggio: per ottenere energia, infatti, è necessario passare a una certa velocità, dai 20 ai 70 chilometri orari. Invece di sprecare energia attraverso il calore dei freni o di disperderla, essa viene recuperata. Funziona come il sistema di recupero delle frenate delle auto di nuova generazione, solo che vale per tutti i veicoli e contribuisce all’alimentazione dei sistemi a terra. In base a dei modelli predittivi, 9mila veicoli al giorno produrrebbero 30mila kilowatt ora all’anno e causerebbero una riduzione di 11 tonnellate di CO2.

Un impianto KHEV è l’equivalente di un impianto fotovoltaico di circa 120 quadri, quindi con un impatto ambientale ridotto. Speriamo davvero che diventi importante a livello mondiale, ci fa piacere che ci sia tutta questa attenzione nel capire come stanno proseguendo le fasi di sperimentazione. Tutto dovrà essere validato nel momento in cui avremo i risultati.

La sua rilevanza a livello mondiale sta nel fatto che abbiamo individuato una potenziale tecnologia che può contribuire all’autoalimentazione di certi impianti in alcuni contesti: prima di tutto dove non si possono installare impianti aggiuntivi, come il fotovoltaico, per la mancanza di spazi, per l’assenza di condizioni meteo favorevoli o per la presenza di vincoli autorizzativi o ambientali. Si può scegliere il fotovoltaico, si può scegliere la tecnologia KEHV, oppure può convenire introdurli entrambi».

Il progetto KEHV è stato sviluppato insieme a una start up, quindi si inserisce a pieno titolo in un percorso di open innovation. Come è nata questa collaborazione?

«Noi siamo sempre attenti a che cosa succede al di fuori della nostra area di azione quotidiana, guardando sempre cosa fanno le altre aziende e start up, in Italia e nel mondo. Guardiamo anche cosa succede fuori dal contesto autostradale e così abbiamo fatto con la start up 20energy, una piccola azienda che ha ideato Lybra, un rallentatore stradale intelligente la cui operatività era stata sperimentata nel parcheggio di un centro commerciale.

Abbiamo quindi studiato la loro proposta, per capire in che cosa dovesse essere riadattata per poterla applicare al nostro contesto. L’azienda ha poi elaborato una versione più avanzata, facendo nascere un’azione di co-sviluppo e di condivisione di conoscenza.

Abbiamo concordato con loro i punti in cui poteva essere utile avviare una sperimentazione ed è quello che stiamo facendo: stiamo provando la loro tecnologia nell’area di servizio di Arno Est in A1 e presto la proveremo anche in una pista di esazione. L’area di servizio è funzionale alla fase attuale di sperimentazione e di test, è meno impattante dal punto di vista del volume di traffico.

Rispetto al prodotto creato dalla start up, il nostro elemento di sviluppo è sulla parte intelligente: un sistema software che riesce a capire quando conviene prendere l’energia dalle auto rispetto alle previsioni di traffico e quando puntare sul fotovoltaico perché magari in un dato giorno c’è poco traffico.

Si tratta di operare ogni volta un bilanciamento tra le varie opzioni. In ambito di mobilità sostenibile si fa riferimento solo al fotovoltaico, noi invece siamo stati i primi a fare delle nuove valutazioni e stiamo lavorando con tante altre start up sul microeolico oppure sull’alimentazione da remoto dei sensori per il monitoraggio delle infrastrutture».

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Giulia Baglini

Giornalista specializzata sui temi dell’innovazione e della sostenibilità

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