La persona al centro – Intervista a Serena Spinelli, assessora alle Politiche sociali della Regione Toscana
Gli obiettivi di coesione sociale, inclusione, eliminazione delle diseguaglianze devono stare alla base di un vero piano di ripresa, non solo economica, del nostro Paese. Questo il pensiero espresso da Serena Spinelli, assessora alle Politiche sociali della Regione Toscana, nell’intervista a Toscana Economy condotta dal direttore Giuliano Bianucci
Le conseguenze economiche della pandemia e lo scenario di guerra che si è aperto in Ucraina rendono più difficile la tenuta del sistema di welfare e stanno facendo aumentare la povertà e le situazioni di marginalità sociale. Quali interventi state portando avanti come Regione Toscana?
«Abbiamo istituito un tavolo regionale per la protezione e l’inclusione sociale e una cabina di regia e abbiamo così elaborato in maniera condivisa tra enti locali, servizi territoriali, Terzo settore e organizzazioni sindacali un Piano regionale di contrasto alla povertà per il prossimo triennio. Uno strumento organico che contiene complessivamente risorse per 71 milioni, in gran parte dal Fondo nazionale povertà istituito da Governo, ma anche dal Fondo per le politiche sociali e legate alla Missione 5 del PNRR, destinati a sostenere gli interventi dei territori toscani rivolti alle persone e alle famiglie in situazione di grave disagio economico.
L’obiettivo è ridurre le cause dell’impoverimento e sostenere le persone nel percorso di uscita dalle condizioni di marginalità ed esclusione sociale. Tutti gli interventi sono stati pensati per integrarsi con i territori e con i percorsi già in atto di sostegno, emersione e prevenzione rispetto a ogni tipo di povertà, quella economica, ma anche quella alimentare ed educativa.
Si tratta di servizi di assistenza sociale professionale, di assistenza domiciliare socio-assistenziale, di sostegno socio-educativo, di sostegno alla genitorialità, di mediazione culturale, di tirocini finalizzati all’inclusione sociale, all’autonomia delle persone e alla riabilitazione, di pronto intervento sociale. E una quota degli interventi riguarderà le persone in condizione di povertà estrema e senza dimora».
Per il vostro ultimo rapporto regionale sulle disabilità avete utilizzato un titolo efficace: “La persona al centro”, nella pratica in quali azioni si traduce? E poi, leggo che in Toscana abbiamo 190.000 persone con disabilità, di cui 46.500 iscritti al collocamento. Quale futuro per il loro lavoro?
«Quel numero è il dato Istat che fotografa coloro che da almeno sei mesi dichiarano di avere gravi difficoltà a svolgere attività quotidiane per motivi di salute. È un dato che quindi raccoglie un ampio spettro di situazioni anche molto diverse tra di loro. Il punto è proprio che non si tratta di prendere in considerazione tanto delle categorie o dei numeri, ma di assumere definitivamente un rinnovato modello di presa in cura delle persone con disabilità. Al centro, appunto, deve esserci la persona, che non si esaurisce nella propria condizione di disabilità ma per la quale si deve tener conto in maniera complessiva delle caratteristiche e delle capacità personali, dei progetti di vita, delle aspirazioni, dei desideri. È un approccio che vale per le persone con disabilità ma che vogliamo assumere in generale per ridefinire e rafforzare il nostro modello di presa in cura complessiva delle persone, capace di dare sul territorio risposte integrate dal punto di vista sanitario e sociale e il giusto sostegno in ogni fase della vita. Un modello per la disabilità che si basi sulla valutazione multidisciplinare della condizione personale, tenendo conto di tutti i fattori anche familiari e ambientali, sul progetto di vita individuale, costruzione di autonomia e di vita indipendente. Non ci si può limitare ad una visione assistenziale e a dare risposte soltanto ai bisogni, ma dobbiamo riconoscerne i diritti, costruendo i percorsi intorno alle persone e con le persone, dando a ciascuno opportunità di inclusione e di svolgere un ruolo attivo nella comunità.
Il lavoro è un aspetto centrale per questo e i percorsi di inserimento e di accompagnamento costituiscono una grande opportunità. Gli interventi regionali sono in gran parte legati ai fondi europei FSE, che trovano lo loro attuazione in una forte sinergia con i servizi e le realtà sui territori. In quest’ambito abbiamo promosso la realizzazione su tutto il territorio regionale di un sistema diffuso e articolato di servizi per l’accompagnamento al lavoro di persone con disabilità non occupate in carico ai servizi territoriali. Nella programmazione 2014-2021 abbiamo fatto un primo bando regionale che ha finanziato 31 progetti di zona con uno stanziamento di 14,5 milioni. Con il secondo bando, pubblicato a marzo 2020 e i cui progetti sono ancora in corso fino al 31 dicembre di quest’anno, abbiamo confermato l’impegno e proseguito le attività avviate. In questa prospettiva, viene data continuità ai concetti fondamentali quali la coprogettazione tra soggetti pubblici e privati, la presa in carico integrata, la valutazione multidimensionale della singola persona e il progetto personalizzato di inclusione socio-lavorativa. L’accompagnamento al lavoro avviene principalmente tramite l’attivazione di tirocini di inclusione sociale. Attualmente i progetti finanziati, per un totale di 13,9 milioni e realizzati sul territorio delle 28 zone-distretto, coinvolgono oltre 2500 persone, per 1510 risultano attivati percorsi individualizzati e circa 650 destinatari hanno iniziato un tirocinio di inclusione sociale».
Un’economia sostenibile deve prevedere che le persone con redditi modesti possano sopravvivere. Tra inflazione e rincari generalizzati siamo al limite. La casa è una delle priorità. Quali programmi avete?
«Un’economia socialmente e ambientalmente sostenibile deve prevedere un’equa redistribuzione della ricchezza e delle risorse, salari che siano giusti e consentano di vivere, di perseguire le proprie aspirazioni, di migliorare la propria condizione sociale insieme a quella della comunità.
La logica del massimo profitto, della precarizzazione e della riduzione dei diritti del lavoro, dello sfruttamento intensivo delle risorse ambientali non era sostenibile prima della pandemia e tanto meno può esserlo adesso. È importante che le risorse del Next Generation Eu siano nettamente orientate nel senso del contrasto alle disuguaglianze e della conversione ecologica e questi principi sono e devono restare alla base degli investimenti del PNRR.
Sul tema del diritto alla casa per prima cosa credo che sia importante ribadire una forte sollecitazione a livello nazionale: sono ormai troppi anni che il nostro Paese non investe in tal senso, mentre servirebbe un grande piano di finanziamento di edilizia residenziale pubblica per dare risposta a lungo termine a un quadro di forte emergenza abitativa e a una crescente necessità di alloggi. Per quanto riguarda la Regione Toscana abbiamo 93 milioni, da utilizzare entro il 2026, del Piano “Verde, Sicuro, Sociale” del PNRR, destinati a interventi di riqualificazione energetica, funzionale e ambientale del patrimonio Erp e che consentiranno in parte di recuperare alloggi e in particolare di renderli più sostenibili, sicuri ed economici dal punto di vista dei consumi.
Allo stesso tempo siamo impegnati, anche con modalità innovative, nelle risposte abitative per la cosiddetta “fascia grigia”: persone che non si trovano in un quadro di difficoltà economica grave ma che non riescono comunque a sostenere i costi dei canoni dettati dal mercato immobiliare.
Grazie anche alla partnership economica con Fondo Housing Toscano stiamo portando avanti interventi di rigenerazione urbana per realizzare insediamenti abitativi di social housing con alloggi a canone calmierato. Anche questa è una delle cose che dovremmo aver imparato dalla pandemia: che abbiamo bisogno di luoghi dell’abitare che siano inclusivi, rispondano a esigenze di sostenibilità e conversione ecologica e che favoriscano il tessuto delle relazioni umane e sociali, valorizzando la sinergia con il terzo settore e con le esperienze di comunità».