La montagna toscana patria dei prodotti tipici IGP
Sono vicini di casa, ma non sono parenti: il primo è un cereale, il secondo un legume. Entrambi possono fregiarsi di un riconoscimento europeo che in Italia spetta solamente a centotrentasette prodotti, ma soprattutto continuano a raccontare una storia di grande qualità, rispetto per le tradizioni e amore incondizionato per la natura.
Il Farro della Garfagnana e il Fagiolo di Sorana sono due vere e proprie eccellenze della cucina italiana: materie prima di estrema versatilità, che grazie alle loro caratteristiche e proprietà nutritive hanno iniziato a trovare posto anche nei menù dei più importanti ristoranti, in Italia e nel mondo.
Il farro in Garfagnana viene coltivato da secoli. È infatti la base di alcuni dei principali piatti della tradizione (soprattutto minestre o torte salate), ma a un certo punto della sua storia è stato a rischio di “erosione genetica”. Così, per recuperarlo, all’inizio degli anni ‘70 si è messa in moto la Comunità Montana della Garfagnana e in poco più di un decennio si è passati da poche migliaia di metri quadrati a qualche decina di ettari di coltivazioni. Da qui la nascita,nel 1996, del Consorzio dei Produttori, e, successivamente, al riconoscimento europeo di Indicazione Geografica Protetta (IGP) e alla redazione di un preciso disciplinare che prevede la coltivazione del “Farro della Garfagnana” in un’area ben delineata (da Castelnuovo a Minucciano), ad una quota compresa tra i 300 e i 1.000 m. s.l.m., solo e soltanto secondo metodi di coltivazione biologica. «Il farro della Garfagnana è diverso da tutti gli altri – spiega Lorenzo Satti, socio del Consorzio fin dagli albori – si è adattato perfettamente al territorio, molto argilloso, e al particolare microclima, vista la posizione della Garfagnana situata tra l’Appennino e le Alpi Apuane. Un’altra caratteristica che lo rende unico è il fatto che per essere consumato non deve essere ammollato: basta una lavata veloce ed è pronto per la cottura. La sua vera forza è però la versatilità. Si abbina con tutto: oltre ai piatti tipici, lo abbiamo visto servire come insalata fredda, con la trota, il tonno, la salsiccia, le uova. Addirittura l’anguilla. Dal punto di vista nutritivo è ricco di proteine e di ferro. Viene consigliato ai cardiopatici e a chi ha problemi intestinali».
Il Consorzio dei produttori è stato riconosciuto dal Ministero nel 2010 e si occupa principalmente di controllare e promuovere il prodotto. «Covid permettendo – sottolinea Satti – abbiamo in ballo tante iniziative, non solo nelle sagre e nei mercati: grazie alla Regione Toscana, che ha inserito i prodotti d.o.p e i.g.p. nelle mense, portiamo a far conoscere il prodotto nelle scuole, cercando di trasmettere un po’ di cultura alimentare. A livello di produzione siamo assestati sui 1.500 quintali, grazie al lavoro di circa 40 produttori che possono cambiare di numero di anno in anno».
Scendendo di qualche decina di chilometri, arriviamo in un’altra area che proprio grazie alle sue caratteristiche ha reso speciale, anzi unico, un prodotto proveniente addirittura dall’America: il fagiolo. È qui, nel territorio bagnato dal fiume Pescia che si estende per circa 600 ettari da Sorana a Stiappa, che il Fagiolo di Sorana ha acquisito delle proprietà tali da renderlo un vero e proprio gioiello alimentare. «Possiamo dire che sono tre i fattori determinanti per lo sviluppo di questo fagiolo – spiega Rita Chelini, produttrice e membro dell’associazione Il Ghiareto che dal 1999 valorizza e tutela il fagiolo di Sorana e il suo territorio di produzione – il terreno, piuttosto sabbioso e parecchio drenante; microclima della zona, umido la notte, che fornisce protezione dai raggi solari durante il giorno; e l’acqua, molto importante, perché da queste parti è praticamente priva di calcare. A questo possiamo aggiungere che la coltivazione viene fatta con i principi biologici, senza diserbanti e con fertilizzanti organici, e che la raccolta e la selezione vengono eseguite esclusivamente a mano».
Ecco spiegato il motivo di un prodotto straordinario, caratterizzato da un colore perlato e da una buccia sottile e tenerissima, che dopo la cottura diventa inconsistente e impercettibile al palato. Poi c’è anche il fagiolo rosso, caratterizzato da un colore vinato e da un sapore più deciso. «Il fagiolo di Sorana conserva una digeribilità eccellente – conclude Rita Chelini – tant’è che viene spesso consigliato anche da dietologi e nutrizionisti. Come tutti i legumi ha un alto valore energetico, un considerevole contenuto proteico e un discreto apporto di sali minerali. Inoltre ha un’ottima resa, perché con mezzo chilo di fagioli ci mangiano in dieci. Grazie al lavoro dell’Associazione, che oggi conta una ventina produttori, nel 2002 siamo diventati il più piccolo territorio italiano ad ottenere il riconoscimento IGP. La produzione si aggira tra i 60 e i 65 quintali certificati all’anno, con una distribuzione capillare in tutto il paese destinata principalmente ad alberghi, ristoranti e botteghe di un certo livello».
Per approfondimenti:
http://www.farrodellagarfagnana.it/
http://www.fagiolodisorana.org/it/il-ghiareto.html