La missione di Invest in Tuscany

Filippo Giabbani
La storia, la missione, i risultati di Invest in Tuscany: dedicata a chi vuol mettere radici in regione. Parla il direttore Filippo Giabbani
La Toscana è una delle regioni europee di medie dimensioni più attrattive per gli investimenti dall’estero, con quasi 3mila unità locali di aziende multinazionali (il 6,2 per cento del dato nazionale) per oltre 80mila lavoratori.
Invest in Tuscany è la direzione che da oltre 10 anni lavora direttamente in contatto con la Presidenza della Regione per supportare le aziende che vogliono mettere radici sul territorio.
Sono in tutto 95 i progetti di investimento che hanno ricevuto assistenza da parte di questa struttura – diretta da Filippo Giabbani – nel periodo 2018-2022, mentre tra gli investimenti di rilievo avvenuti nel 2023 si segnalano quelli di Dior, Ecopol e Sorgenia (nuove imprese), Ginko, Marzocco Group, 7-Industries Holding, Valmet Oyi (acquisizioni) e Baker Hughes, Biomerieux, Aboca, Solvay, Verallia, Yachtline (espansioni).
Filippo Giabbani, quali sono le principali richieste e necessità delle aziende nazionali o estere che desiderano investire in Toscana?
«Le richieste sono differenti a seconda della fase del ciclo di investimento in cui l’azienda si trova. In una fase iniziale, le richieste riguardano informazioni generali sulla regione, la normativa nazionale che regola l’attività delle imprese (tassazione, incentivi, ecc.) e, spesso, la ricerca di agenti o distributori.
Prima di investire, infatti, molte aziende provano a “testare” il mercato tramite operazioni di internazionalizzazione commerciale. In una fase successiva, quella di investimento, le richieste più comuni sono relative alla ricerca di aree o immobili a destinazione produttiva e alle pratiche autorizzative».
Il lavoro di Invest in Tuscany prosegue anche durante e dopo la fase di insediamento di un’azienda? In che modo?
«Invest in Tuscany ha sempre dedicato molta attenzione al cosiddetto aftercare, ovvero l’attività di supporto post-insediamento e, più di recente – a seguito della firma di un protocollo d’intesa con Confindustria dedicato al tema della retention – questa attenzione si è rafforzata ancora di più.
In concreto organizziamo cicli di visite periodiche alle aziende insediate in regione per rilevare lo stato di soddisfazione rispetto alla localizzazione, incoraggiare progetti di espansione e prevenire possibili disinvestimenti.
Organizziamo poi incontri con potenziali partner (imprese, centri servizi, organismi di ricerca, ecc.) per incoraggiare un maggior radicamento dell’impresa e la creazione di quelli che tecnicamente si chiamano backward linkages».
Ci può fare alcuni esempi di aziende extra-toscane che hanno investito nella nostra regione grazie anche ai vostri contatti e al vostro lavoro?
«Potrei citare alcune esempi recenti di investimenti che sono stati accompagnati anche da un protocollo d’intesa tra Regione, amministrazione locale e azienda: l’investimento di Marzocco Group a Scarperia-San Piero a Sieve, Fendi a Bagno a Ripoli, Erqole a Monte Argentario e Verallia a Pescia».
Come si è mossa e come si muoverà in futuro la Toscana in questo settore rispetto ad altre regioni sue competitor?
«L’approccio della Regione Toscana è molto pratico. Siamo consapevoli che vi sono regioni in Italia con un potenziale di attrazione più elevato (su tutte, la Lombardia). Quello che differenzia il nostro approccio è un accompagnamento attento ai bisogni dell’impresa che investe, un vero e proprio “prendere per mano” l’investitore al fine di agevolarne l’attività.
E questa linea d’azione è stata riconosciuta anche a livello internazionale, visto che il Financial Times ci ha incluso tra le dieci migliori d’Europa per la strategia di attrazione, nella categoria delle “regioni di dimensione media”».
Le crisi geopolitiche internazionali hanno influito sulla situazione economica e in particolare sugli investimenti diretti verso la Toscana?
«In linea generale l’instabilità internazionale, insieme a una serie di fattori di natura economica di medio-lungo periodo (riorganizzazione delle catene del valore, transizione industriale, digitale ed ecologica), hanno provocato una contrazione dei flussi di investimento a livello globale.
La Toscana non si differenzia da questo scenario generale e ha fatto registrare un minor dinamismo degli investimenti in entrata. Ma non esiste un “caso Toscana”. È molto probabile che anche i prossimi mesi siano caratterizzati da forte incertezza.
Dobbiamo farci trovar pronti a una probabile ripresa futura, investendo ad esempio sulla riqualificazione della forza lavoro: le skills ad alto valore aggiunto, adatte a rapportarsi con le tre transizioni di cui parlavo in precedenza e con lo sviluppo dell’intelligenza artificiale rappresenteranno un potentissimo fattore di attrazione».
Leggi altro su Storie di Copertina – Economia toscana