• 08/12/2024

La GESTIONE dell’OUTSOURCING

 La GESTIONE dell’OUTSOURCING

Esternalizzare un’attività o un processo: richiede un’attenta valutazione progettuale e, a seguire, una costante verifica affinché la scelta possa continuare a manifestare l’utilità valutata ab origine.

Il gergo gestionale utilizza il termine “outsourcing” per individuare l’esternalizzazione dei servizi. La sua traduzione letterale dall’inglese è “approvvigionamento esterno”. Ma cosa riguarda, espressamente? Di fatto un’impresa, per varie motivazioni che proveremo ad enunciare, si rivolge ad altre strutture organizzative – società di persone, ditte individuali, cooperative, altro – per svolgere uno/a o più processi/attività rientranti a pieno titolo nel proprio processo produttivo. Le modalità per svolgere detta attività sono molteplici. In alcuni casi si richiede il suo svolgimento dotando l’impresa interlocutrice di mezzi, strumenti e materiali al punto che, per la stessa, l’incarico si confina all’organizzazione del lavoro per il compimento dell’incarico. In altre situazioni ci si accorda su quanto necessario e per definire il tutto l’outsourcee – così è definito il mandatario – oltre alla messa a disposizione di risorse umane, deve approvvigionarsi e mettere in fase gli altri fattori produttivi necessari (materie prime, organizzazione). Le interpolazioni tra questi due estremi sono ovviamente numerose e graduate in funzione alle singole organizzazioni e necessità dei due attori, outsourcer e outsourcee.

Nel corso del tempo i rapporti tra i due soggetti possono evolvere per necessità sopravvenute da ambo le parti e/o per maggiore minore fiducia intervenute. In questo quadro, di norma, la maggior facoltà negoziale è in capo all’outsourcer.

Le motivazioni per cui si ricorre alla esternalizzazione sono molteplici ma tutte tendono verso un unico target: l’ottimizzazione quali – quantitativa del processo produttivo.

Si ricorre allo strumento per due ordini di motivi:

  • Per scelta;
  • Per necessità.

Riguardo alla prima – per scelta – la principale molla è il risparmio dei costi e la flessibilizzazione della propria struttura organizzativa. Conferendo attività all’esterno a strutture specializzate, e ben organizzate, il costo può essere inferiore alla produzione interna. Non va sottaciuto il benefico effetto della flessibilità: l’eventuale over produzione, magari anche stagionale, non richiederebbe all’outsourcee di organizzare i suoi fattori produttivi, ma solo di incrementare la dazione a terzi.

La necessità di conferire attività all’esterno si ha quando in azienda non sono presenti gli skills adeguati. Potrebbe essere il caso della gestione delle paghe, contabilità, sicurezza  ed altre incombenze. Troppo spesso la dimensione esigua dell’azienda non consente di avocare a sé tutte le Figure professionali necessarie, rendendo inevitabile il ricorso all’outsourcing.

Vediamo insieme quale potrebbe essere, ovviamente a titolo esclusivamente orientativo, la tipologia di attività da conferire all’esterno:

  • Gestione della contabilità ed altre incombenze correlate;
  • gestione amministrativa del personale (paghe, pagamento contributi, aspetti amministrativi assunzioni e cessazioni, cassa integrazione, etc);
  • gestione della sicurezza e della qualità;
  • servizi legali;
  • servizi di contabilità industriale e di controllo di gestione;
  • servizi informatici;
  • servizi di manutenzione;
  • pubblicità, comunicazione, marketing;
  • portineria, mensa, logistica, pulizie, magazzino;

Le aziende devono essere particolarmente attente a non spossessarsi del know how necessario al proprio core business, e a non offrire il fianco ad altre realtà organizzative incoraggiando una competizione che si potrebbe rivelare dannosa in futuro.

Bisogna sempre tenere conto dei vantaggi e svantaggi, almeno di quelli più evidenti. L’outsourcing vale la pena in quanto consente:

  • la riduzione e variabilizzazione dei costi;
  • una migliore qualità dei servizi e prodotti offerti;
  • la flessibilità dei costi, perché l’azienda sarebbe preparata a differenti carichi di lavoro;
  • una maggiore efficacia consentendo alla stessa di potersi concentrare sull’attività core.

Ci sono anche i rovesci della medaglia, qualora non si facciano le adeguate valutazioni ab origine.

Occorre tenere conto dei seguenti possibili rischi:

  • attribuendo mandato ad una società terza si potrebbe diventare fortemente dipendenti, con possibili effetti sulla qualità e quantità del servizio;
  • il personale interno, nella misura in cui già svolgeva un’attività poi esternalizzata, si potrebbe trovare demotivato;
  • se l’attività prevede il rapporto con il pubblico l’azienda avrebbe maggiori difficoltà a cogliere spunti evolutivi per mancanza della relazione;
  • più in generale si rischia di perdere il controllo della situazione complessiva.

In termini di responsabilità il mandante risponde direttamente nei confronti dei suoi clienti, anche se un segmento dell’attività (prodotto o servizio ) è stata svolta dall’outsourcee. Per quanto ovvio il mandante si potrà rivalere sul mandatario ma, verrebbe da dire, a quel punto i giochi sono fatti. Proprio per questo motivo, e quanto espresso precedentemente, la dazione a terzi di attività deve essere perfezionata cum grano salis.

Sarebbe quanto meno opportuno evitare alcune pratiche che rischiano di trasformarsi in un boomerang. Solo a titolo di esempio:

  • Accordi poco chiari;
  • Contratti scadenti e scarsamente descrittivi;
  • Scelta non ben ponderata dell’azienda a cui riferire le proprie attività;
  • Esternalizzazione arbitraria perfezionata solo per risparmiare.

I rapporti in questione possono essere reversibili. Anzi, è opportuno che lo siano. Nel corso del tempo le evoluzioni dei due soggetti coinvolti potrebbero modificare il loro rapporto. Magari il mandante avrebbe possibilità di reinternalizzare l’attività perché ha trovato spazio per una gestione in proprio. Lo stesso potrebbe incrementare i processi oggetto di outsourcing. Non è infrequente il caso in cui tra le due aziende maturi una relazione più profonda al punto da generare una rete d’impresa, uno spin off per la cura di uno specifico business o, addirittura, una fusione.

Concludendo, l’outsourcing è una pratica molto utilizzata, attivata da finalità diverse che, tuttavia, confluiscono nella volontà di ottimizzare i fattori produttivi utilizzati per svolgere il proprio business. Il coinvolgimento di una o più aziende nel proprio processo produttivo richiede grande attenzione. Tutto è ammesso tranne la completa assuefazione dell’imprenditore solo perché ha conferito incarico a terzi. Nel proprio interno l’azienda deve comunque governare l’attività esternalizzata perché la responsabilità verso il cliente non cambia. Si tengano bene a mente i rischi, non ultimo quello di consegnare un pezzo della propria azienda ad altri che potrebbero attivare una competizione nei nostri confronti.

Pertanto, avanti ma con grande senso di responsabilità. Parafrasando Renzo Arbore: Meditate, imprenditori, meditate!

Umberto Alunni

Giornalista, consulente aziendale, motivatore, scrittore

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