Intarget, si parte dalla sostenibilità
Intarget offre consulenza strategica nel customer journey. Della sostenibilità come punto di partenza abbiamo parlato con Nicola Tanzini, founder dell’azienda
Da più di vent’anni, Intarget (sito web) affianca le aziende che operano nei mercati business e consumer, costruendo con loro una strategia di marca efficace e misurabile lungo l’intero percorso del customer journey. Il lavoro di Intarget non conosce confini: supporta brand nazionali, ma anche internazionali, in un percorso verso la piena maturità digitale nei mercati globali.
Nicola Tanzini, Executive Chairman e founder della società, e il suo team definiscono Intarget come “partner per la consulenza strategica nel customer journey”. Ma cosa significa concretamente? «Come Intarget – ci spiega Tanzini – supportiamo il brand nel coprire il percorso che il proprio cliente fa per formarsi una propensione d’acquisto».
Per fare ciò, il lavoro della società inizia da uno studio approfondito, che viene affrontato non soltanto per capire chi sia il potenziale acquirente, ma anche il contesto competitivo e il percorso che potrebbe compiere nel mondo del digitale. Viene, quindi, preso in considerazione ogni aspetto, punti di forza e punti di debolezza, ma non solo.
Importante è capire anche quali sono le risorse economiche, che rappresentano un vincolo: i budget che le aziende dedicano al marketing non sono mai infiniti, ma devono necessariamente rispondere a “logiche bilancistiche” che consentano la sostenibilità del business stesso.
«Dopo questo primo processo di studio – continua Tanzini – definiamo un piano di copertura, che potrebbe essere a tutti gli effetti un piano strategico di marketing, che consenta di ottenere un rapporto tra quanto investito e quanto fatturato, che sia adeguato al business model del cliente. Questa è la parte di acquisizione della clientela, noi poi ci occupiamo anche della fidelizzazione, quindi tutto il processo di interazione e di relazione con il proprio mercato».
La mission di Intarget è quindi quella di riuscire a mettere in correlazione brand e utilizzatori sui nuovi media digitali. Mission che è rimasta la stessa fin dal 2001 – è semplicemente cambiato lo scenario da un punto di vista di offerta –, anno in cui Tanzini, anche grazie a un incontro casuale, ha scelto di fondare la società a Pisa, sua città di origine:
«Lavoravo nel digitale già dal ’97 – ci racconta –, il tempo dei grandi portali. Ero responsabile di un grande progetto, che tra i contenuti principali aveva il motore di ricerca. Avevo cominciato a individuare sul mercato americano le prime società che nascevano per fare marketing sui motori di ricerca. L’idea fu, quindi, quella di provare a portare quel modello in Italia. Decisi di aprire a Pisa, in seguito alla casualità di un incontro, non programmato, non pensato».
La nascita di Intarget arriva in un momento particolare, nel maggio del 2001, quando era da poco scoppiata la bolla di Internet. Il suo primo grosso cliente internazionale, seguito per tanti anni e che oggi non è più nel portafoglio clienti, è stato Mail Boxes Etc., poi sono arrivati L’Oréal e altri grossi gruppi. «Il nostro processo di internazionalizzazione – ci spiega Tanzini – è nato ben prima di quelli che sono normalmente gli sviluppi classici.
Un po’ anche per fortuna perché alle volte poi ci sono quegli incontri non programmati che si verificano e che in noi di Intarget hanno avviato quel cambio di mentalità che ci ha permesso poi di attuare in un percorso sempre in crescita, rivolgendoci a una clientela internazionale. Anche tanti nostri clienti italiani sono comunque realtà che operano a livello globale.
Sono tutti brand di primo piano che operano sui principali mercati». Intarget si rivolge, quindi, tendenzialmente ad aziende esportatrici, multinazionali. Per questo, nel tempo hanno aperto anche uffici all’estero. Di grande rilevanza è la sede di Shanghai, in Cina, che più che un ufficio è una vera e propria unità di operazioni.
La scelta di aprire una sede proprio in Cina nasce dal fatto che, per una industria come quella del lusso era, ed è, un mercato fondamentale: «Molti dei nostri produttori – racconta –, ma anche aziende non italiane che operano nel settore del lusso, hanno in Cina, se non il primo, il loro secondo mercato. È un mercato di altissima rilevanza anche per altre industrie che non sono afferenti minimamente al mondo del lusso, ma che sono legate al turismo, all’alimentare, alla nostra manifattura. Molto B2B italiano ha forte interesse sulla Cina perché fornisce nella supply chain di molte industrie cinesi componentistica importante».
Intarget lavora anche con la Regione Toscana, il Ministero per l’estero, l’Enit e, proprio in queste settimane, sta pianificando ciò che sarà il futuro della promozione italiana sul mercato cinese. Non sono tante le aziende che riescono a raccontare un processo di internazionalizzazione verso certi Paesi. È un valore aggiunto. «La nostra prossima sfida – ci anticipa l’imprenditore – sarà quella di passare questo modello alle aziende cinesi che vogliono internazionalizzare, cioè che vogliono fare export.
Noi avendo ormai da cinque anni una società in Cina, il cui staff è tutto cinese, eccetto per il managing director – quindi una realtà cinese a tutti gli effetti – abbiamo l’obiettivo di aprire una divisione che offra alle aziende cinesi la possibilità di avere un’agenzia con un reparto di 200 professionisti in Occidente. Anche questa è una unicità: in Cina realtà che operano nel nostro mondo con una divisione in Occidente così strutturata e completa sono pochissime, se non nessuna».
L’attenzione di Intarget non si rivolge, però, solamente all’esterno, ma parte soprattutto dal suo interno. Dall’inizio di quest’anno è diventata società benefit, scelta che, come ci tiene a sottolineare Tanzini «non è un punto di arrivo, ma un nuovo punto di partenza di un asset valoriale che ci ha sempre caratterizzato». A livello di impatto sociale, la società di consulenza ha sempre cercato di lavorare molto sul proprio territorio, investendo su di esso e instaurando rapporti con le istituzioni locali.
Inoltre, su richiesta proprio del giovane team che la compone, Intarget ha avviato, già da qualche anno, delle iniziative che sottolineano la sua sensibilità ambientale: la raccolta differenziata, un programma al sostegno del riciclo (i computer che utilizzano, quando hanno bisogno di essere rinnovati, li donano alle scuole del territorio), un piano di impegno nel ricercare una sostenibilità che punti allo zero come uso di risorse. All’impatto sociale e all’attenzione alla sostenibilità ambientale si aggiunge un altro tassello importante: la sostenibilità aziendale.
Nel tempo, infatti, Intarget ha costituito una vera e propria politica welfare fortemente proiettata nel cercare di mettere tutti nella condizione di avere in primis un bilanciamento vita lavorativa-vita personale. Con la pandemia del Covid-19 quello che la società di consulenza ha cercato di fare, oltre a venire in supporto a tutti cercando di contribuire alla crescita delle spese familiari, è stato instaurare un programma di assoluta flessibilità, che è in atto tutt’oggi.
Gli ambienti lavorativi sono poco frequentati. Le 200 e più persone che vi lavorano hanno massima autonomia nell’organizzazione del proprio tempo lavorativo. Inoltre, non mancano sostegni alla maternità e alla paternità. È un’attenzione al proprio capitale umano a 360 gradi.
«L’essere diventati società benefit, in qualche modo ci impegna a raccontarci anche all’esterno. Fino a due anni fa, quello che facevamo, faceva parte del nostro quotidiano. Adesso con questa scelta formale siamo impegnati anche a dichiarare degli obiettivi, a condividerli e pubblicarli. Diventare società benefit è stato un primo obiettivo, adesso puntiamo a diventare una società Bcorp», conclude Tanzini.