IL PIANO PREVISIONALE ANNUALE
Alla domanda “come sta andando la tua azienda?” l’imprenditore, prescindendo dal vero e proprio risultato, è solito rispondere in vari modi. Nell’un caso può fare riferimento ai precedenti periodi, evidenziando che è andata meglio, o “meno meglio”. Nell’altro enuncia le aspettative di budget e sintetizza il risultato confrontandolo con le stesse. Trascurando le interpolazioni tra le due differenti prese di posizione, potremmo sintetizzare che nel primo caso l’imprenditore imposta un atteggiamento conservatore e nel secondo caso fa emergere un piglio sicuramente più dinamico dove il driver non è la storia ma le attese di obiettivo.
In entrambi i casi si focalizza l’aspetto positivo per essere in grado di fornire un’adeguata risposta, non sempre scontata. Entrando più nel merito, pur non volendo generare preconcetti basati solo sulle sensazioni, la seconda risposta è la più gradita ai vari stakeholders. Lascia intendere che l’azienda abbia ben chiare le idee sul suo prossimo posizionamento e i tasselli che compongono il percorso per raggiungerlo. La risposta non può avere senso compiuto senza il precedente sviluppo di un piano previsionale su base annuale ed una sua adeguata mensilizzazione.
Ma cosa si intende per piano previsionale annuale? In un precedente contributo si è parlato del valore della pianificazione strategica, almeno con gittata tre anni. Richiede all’imprenditore di mettere su carta la sua visione d’impresa, stimolandolo a compendiarla con altre riflessioni: mezzi, modi, tempi, alternatività al disegno originario. Dopo il suo sviluppo il piano va riportato ad anno. Se, pertanto, si sta parlando di strategia triennale va ripartito nei tre anni di cui è composto.
Nel rapporto tra piano annuale e triennale, a chi spetta la medaglia d’oro? Da che parte si comincia?
Ci sono vari modi di operare: si può partire dall’annuale e si sviluppano i restanti due, o si realizza il triennio, declinando a ritroso negli anni di cui è composto. Ferma restando la massima libertà di azione la seconda soluzione sembrerebbe più pertinente per una serie di motivi. Puntando sul triennio i pensieri dell’imprenditore hanno maggiore possibilità di essere “allocati” e trasformati in azioni, e conseguentemente in numeri. La conoscenza dell’impresa, dei suoi fattori produttivi, con conseguente loro possibile evoluzione, consentono di declinare il risultato triennale in ciascuno degli anni di cui è composto.
Una volta risolto il rapporto tra piano strategico e piano annuale, concentriamo l’attenzione su quest’ultimo e sulla necessità di poterlo confrontare, non solo con i risultati annuali ma anche infrannuali. Solo a titolo di esempio: la situazione consuntiva gestionale al mese di aprile dovrà essere confrontata non certo con quanto previsto per il 2022, ma con quanto è previsto al mese di aprile 2022. Per fare questo occorre mensilizzare il piano previsionale per l’anno 2022. L’attività non è di poco conto e, in linea di massima, si dovrebbe prescindere dalla tentazione di suddividere meccanicamente la previsione del 2022 in dodicesimi e far confrontare, ad esempio, la situazione gestionale consuntiva di aprile con i quattro dodicesimi del previsionale 2022.
Qualsiasi azienda, per sua natura, presenta delle stagionalità che generano risultati differenti tra mese e mese, pur in logica di un’adeguata soluzione di continuità. Pertanto sarebbe quanto meno opportuno sforzarsi per suddividere i risultati previsionali mensili tenendo conto delle stagionalità, combinando le esperienze degli andamenti pregressi con quanto si ritiene gli stessi possano variare.
In questo caso lo scostamento tra risultato consuntivo infrannuale, e relativo previsionale, fornisce la migliore informazione possibile con quanto si è prodotto, quanto si sarebbe dovuto produrre ed il relativo scostamento. Allo scostamento non si deve riporre solo un’attenzione “aritmetica”. Bisogna, invece, argomentarlo e farne oggetto di discussione con i collaboratori dell’imprenditore. Se negativo, e legato ad un fattore congiunturale recuperabile, bisogna trovare il sistema per colmare il gap nei mesi a venire. Qualora derivasse da fattori strutturali è opportuno adottare meccanismi più articolati per raggiungere le attese di budget, magari rimodulando anche i fattori produttivi, per quanto possibile. Ad ogni modo quanto più l’informazione sul gap è tempestiva, tanto meglio si potrà gestire nei mesi a venire.
Gestione delle risultanze di periodo, determinazione delle attese di budget, rilevazione ed analisi del gap tra le due grandezze, strategia per annullarlo nei mesi a venire: questo è il paradigma che ciascun imprenditore dovrà fare proprio per condurre al meglio la sua impresa e generare quel valore che la sua visione aveva individuato.