Il nuovo codice della crisi di impresa
… ed il rapporto di lavoro subordinato
Come l’entrata in vigore del nuovo codice della crisi d’impresa innoverà l’attuale regolamentazione dei rapporti di lavoro nelle procedure concorsuali? L’avvocato Laura Bonarini ci guida nella comprensione delle novità contenute nel decreto n.14/2019
L’entrata in vigore del codice della crisi di impresa, (d.lgs. n.14/2019), che inizialmente era prevista per il 15 agosto 2020 per consentire a tutti i soggetti coinvolti di continuare ad operare secondo una disciplina consolidata e per permettere al sistema economico di superare la fase più acuta dell’emergenza economica, è stata differita all’1 settembre 2021.
Il contenuto del suddetto decreto ha rilevanza anche nei rapporti di lavoro subordinato ed è pertanto giusto porre l’attenzione sul se, ed in che modo, la riforma in questione innoverà l’attuale regolamentazione dei rapporti di lavoro nelle procedure concorsuali;
la legge delega n. 155/2017 ha incaricato il legislatore delegato il compito di coordinare la disciplina dei rapporti di lavoro con quella delle procedure di gestione della crisi e dell’insolvenza.
Giusto porre l’attenzione sul fatto che, per la prima volta, il diritto della crisi di impresa prende in considerazione in modo specifico i rapporti di lavoro subordinato riconoscendone la rilevanza.
Nel nuovo codice della crisi di impresa la conservazione dell’azienda è l’elemento centrale e l’obiettivo è quello della tempestiva rilevazione degli indizi di crisi di impresa e della sollecita adozione delle misure che siano idonee alla sua composizione. Il punto focale è costituito dal fatto che un’adeguata gestione della crisi può essere fatta solo con una precoce emersione della situazione di crisi ed infatti, la rilevazione “anticipata” (della crisi) è stata ritenuta come la vera e propria innovazione della riforma in questione. Per prevenire la crisi, il nuovo codice ha introdotto da un lato le cosiddette procedure di allerta e di composizione della crisi e dall’altro, (aspetto strettamente correlato), il dovere di istituire adeguati assetti organizzativi. In concreto, gli strumenti di allerta, si sostanziano nell’obbligo di segnalare agli amministratori di società la presenza di fondati indizi della crisi, obbligo gravante sugli organi di controllo societari, sui revisori contabili e sulle società di revisione ed anche sui creditori pubblici qualificati (ergo agenzia delle entrate, inps, ed agente della riscossione) ed in caso di inerzia o di non adeguata risposta degli amministratori questi soggetti devono informare tempestivamente l’organismo di composizione della crisi di impresa che attiva la procedura di composizione assistita della crisi, se non raggiunge un accordo con i creditori, la parte debitrice, è invitata a presentare domanda di accesso ad una delle procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza, laddove ciò non avvenga, ne viene data notizia al pubblico ministero il quale, se ritiene fondata la notizia dell’insolvenza propone il ricorso per l’apertura della liquidazione giudiziale.
Quanto alla sorte dei rapporti di lavoro nella legge fallimentare, all’indomani della dichiarazione di fallimento, è stata una delle questioni più spinose nel diritto concorsuale del lavoro e, per cercare di risolvere, almeno in parte, le varie mancanze sorte nella pratica quotidiana, si era ricorsi, in ausilio, all’art 2119 c.c. il quale aveva precisato che il fallimento dell’imprenditore non costituisce giusta causa di risoluzione del contratto di lavoro ed aveva dunque introdotto una sorta di “ tutela” in favore del contraente receduto anche se limitata al periodo di preavviso o al pagamento dell’indennità sostitutiva.
Il problema che si è posto è quello dell’applicabilità o meno anche ai contratti di lavoro dell’art 72 l.f che, per il contratto di vendita non ancora eseguita da entrambi i contraenti, prevedeva la sospensione della sua esecuzione all’indomani della dichiarazione di fallimento.
Il codice della crisi di impresa ha risolto la questione con l’art 189 stabilendo che i rapporti di lavoro in essere al momento della sentenza dichiarativa della liquidazione giudiziale restano sospesi fino a quando il curatore comunica di voler subentrare assumendosene i relativi obblighi, ovvero il recesso. In tal modo, il curatore ha un proprio spazio per poter decidere quale sia la soluzione migliore per la procedura, in termini di convenienza. Il codice prevede, inoltre, che il recesso del curatore ha effetto dalla data della liquidazione giudiziale. Pertanto, la sua entrata in vigore darà seguito ad un più completo statuto dei lavoratori delle imprese in crisi o insolventi e quale naturale conseguenza integrerà l’attuale regolamentazione dei rapporti e dei crediti di lavoro che impattano in situazioni di crisi o di insolvenza dell’impresa.
Il Codice della crisi d’impresa entrerà in vigore dal 1° settembre 2021
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