Comunicare i valori delle aziende attraverso i brand
La missione di David Conti, il nuovo volto del marketing di prodotto
Abbiamo intervistato un giovane imprenditore senese, che ha inventato un nuovo modo di comunicare le aziende e i loro prodotti. Mettendoci la faccia e anche il cuore. Perché acquistare un prodotto spesso vuol dire innamorarsi della storia dell’azienda che lo ha creato
Come si è articolato il suo percorso di studi e come ha influenzato il suo attuale ruolo lavorativo?
“Mi piace partire dalle mie origini: sono cresciuto a Pienza e ho frequentato il liceo scientifico a Montepulciano. Si tratta, insieme a Montalcino, di luoghi iconici per il vino. Un aspetto non trascurabile per lo sviluppo di una delle mie passioni principali, quella per l’enologia e per il mondo della champagnerie. Durante quegli anni ero solito organizzare le feste di istituto nelle discoteche locali e lo facevo con spirito imprenditoriale, tanto che nel 2014, l’anno della maturità, riuscii ad avere come ospite l’attore toscano, Massimo Ceccherini, rivelazione del cinema italiano dei primi anni 2000. Ho sempre avuto la passione per l’economia, sia coltivando le pubbliche relazioni come nel caso delle feste, sia cominciando a gestire quello che guadagnavo. Mi sono orientato verso il mondo della finanza e ho scelto di iscrivermi alla Facoltà di Economia e Commercio di Siena. Successivamente ho frequentato la specialistica in Corporate Finance. Durante la triennale, nel 2018, sono stato invitato dalla Maison De Champagne Moët & Chandon a calcare il red carpet del Festival del Cinema di Venezia per l’anteprima mondiale della serie tv “L’Amica Geniale”. Questi contesti rappresentano una vetrina in cui i brand del lusso promuovono i propri prodotti, in quanto producono un effetto domino a livello comunicativo: i media li riprendono, circolano tantissime fotografie e racconti sulle vicende personali e professionali degli attori e dei registi. Dopo questo evento, cominciai ad essere contattato da tantissime altre aziende, alcune delle quali già conosciute per la mia esperienza diretta di consumatore dei loro prodotti.
Preferisco non usare il termine genericamente utilizzato dai media di brand ambassador, perché il rapporto che instauro con i marchi con cui entro in contatto vanno dal semplice coinvolgimento in alcuni contesti promozionali come quello di Venezia a legami di lungo periodo, basati sulla condivisione di filosofia e valori aziendali. Ad esempio, sul red carpet ebbi l’occasione di indossare un orologio Tag Heuer che mi era stato regalato dai miei genitori e questo mi permise di cominciare a collaborare con il marchio, senza però essere necessariamente un brand ambassador dei loro prodotti.
Oltre all’aspetto ‘mondano’ che gira intorno ai grandi brand, sono sempre stato interessato all’organizzazione finanziaria delle aziende, desiderando di poterla vivere dall’interno in veste di azionista o di shareholder, come si usa dire. Durante gli anni della triennale, questo era un aspetto che avrei voluto conoscere ma che veniva purtroppo trascurato. Dunque cominciai ad affrontarlo divenendone parte attiva: ho investito i primi guadagni ricavati dalla mia attività di organizzatore di eventi nell’acquisto di un’azione di della holding LVMH, ricavandone un discreto guadagno e cominciando ad osservare dall’interno alcune dinamiche finanziarie. Attualmente, a fianco della mia passione per il marketing, esercito anche un’attività di gestione patrimoniale, che rappresenta un solido pilastro a garanzia del mio futuro”.
Quanto è importante oggi per un’azienda comunicare i propri valori attraverso le persone, come ha fatto lei mettendosi in gioco direttamente con il proprio volto?
“Questa domanda mi riporta alla memoria la prima lezione universitaria di economia aziendale, in cui l’azienda veniva paragonata a un organismo vivente. Anche io penso che ogni azienda possa essere considerata un universo a sè stante, soprattutto dal punto di vista della presenza o meno della personalità giuridica, che è ciò che differenzia le società di capitali dalle società di persone. Da ciò si evince quanto sia importante il legame che un’azienda, e in particolare un marchio, deve necessariamente avere con le persone. Il punto fondamentale è proprio quello dei valori che si desidera comunicare all’esterno: riuscire a individuare quella persona che condivide gli stessi valori dell’azienda è di grande importanza, poiché ne deriva una precisa strategia di marketing e di promozione, che si basa sulla comunicazione di princìpi e obiettivi in cui si crede fermamente e che con la stessa forza devono essere trasmessi all’esterno. Ecco perché io scelgo sempre aziende con una lunga storia alle spalle. Per esempio, un brand con cui collaboro da poco è Ettinger, riconosciuto dalla Casa Reale Britannica come fornitore ufficiale. È interessante notare come molti altri brand che si fregiano del Royal Warrant, come Barbour o Benson & Clegg, dopo l’incoronazione di Re Carlo III abbiano aumentato molto il loro valore in borsa. Con questi brand storici condivido gli stessi valori, non solo relativamente alla costruzione del prodotto ma anche rispetto a come si pongono sul mercato e sulle loro scelte di comunicazione, optando per una presenza non invasiva sui social. Io stesso non ho aperto una pagina Instagram: se questa piattaforma è senza dubbio una vetrina in cui il consumatore individua i prodotti di suo interesse, la scelta di acquistare, in particolare oggetti di lusso, viene effettuata altrove.
Ad esempio guardando un film: qui i prodotti possono essere collocati per mezzo di una strategia di product placement, in base alla quale lo spettatore-consumatore è indotto a identificarsi con l’attore o l’attrice che utilizza quel particolare oggetto e a rispecchiarsi con il sistema di valori che quella persona comunica all’esterno. Si può essere felici di acquistare qualcosa dopo un’esperienza come questa. Nei social, invece, questo tipo di relazione è meno forte, in quanto sapere che l’influencer o il blogger del caso è stato pagato per pubblicizzare quel dato prodotto può indurre ugualmente all’acquisto ma allo stesso tempo causa un’immediata perdita di interesse e soprattutto causa un deficit di identificazione e di ammirazione per quella persona.
Sempre nella famiglia reale inglese, un grande punto di riferimento per la moda femminile è rappresentato da Kate Middleton, la quale con le sue scelte di stile, anche in senso sostenibile, è diventata popolare e iconica.
Ancora riguardo a Instagram, va detto che l’ampliamento dell’offerta e la nascita di una pletora di influencers o presunti tali ha reso questo social un po’ inflazionato e meno efficace per la vendita dei prodotti. Inoltre, a mio parere Instagram si basa su un target di età medio-bassa, che non è quello corrispondente a chi acquista prodotti di lusso, ossia quelli che rappresentano il mio principale interesse. Sono consapevole che rinunciando a Instagram, perdo anche una fetta di guadagni, ma sono altrettanto convinto di continuare su questa strada per il tipo di comunicazione e di lavoro che a me interessa e che mi è più congeniale”.
Esistono brand toscani con cui collabora?
“Generalmente i brand con cui collaboro hanno la propria sede a Londra, a Parigi o a Milano, come nel caso di marchi legati a delle multinazionali. Va detto che molte aziende della moda internazionale hanno scelto di produrre anche in Toscana, come nel distretto fiorentino della pelletteria e che altre ancora stanno scegliendo la nostra regione come location per i loro spot pubblicitari.
Posso dire che la mia attività ha ispirato altri giovani come me a fare impresa, alzando il livello delle proprie aspirazioni: il mio assistente personale ha realizzato un piccolo agriturismo nella campagna di Pienza e con questa struttura si sta impegnando a fornire ai suoi ospiti servizi basati sulla sostenibilità ambientale.
Pur dovendo concentrare le mie attività altrove, ove possibile mostro con orgoglio le mie radici: la Val d’Orcia, dove sono nato, è Patrimonio Mondiale UNESCO ed anche il marketing ultimamente la tiene in altissima considerazione, come del resto tutta la Toscana, quale sinonimo di Bellezza e di Arte e quale luogo ideale per la promozione e la comunicazione dei prodotti”.
Come entra in contatto con i marchi dei quali si fa portavoce? E che tipo di relazione si stabilisce, oltre a quella economica?
“Si sono creati solidi legami con le persone e i manager che ho avuto la fortuna di conoscere mi hanno dato delle possibilità e hanno investito su di me. La differenza la fa l’essere capaci di sfruttare e di valorizzare queste possibilità. La sola presenza ad eventi importanti non garantisce visibilità, soprattutto se ci si trova in mezzo a personalità già conosciute. Mi è capitato di apprezzare ancora di più i brand con cui collaboro per il modo in cui le persone li rappresentavano e li promuovevano e dalle quali ho imparato i fondamenti della comunicazione e del marketing, visto che io partivo da studi incentrati su economia e finanza.
Mi piace citare la collaborazione con Sperry-Topsider, azienda con sede a New York, che, sfruttando una geniale idea di business, ha inventato delle scarpe da barca ispirate all’anatomia di un piccolo cane cocker. Ed ancora Nikon Italia, gestita dalla torinese Nital S.p.A. e, per rimanere in Piemonte, anche Acqua Lauretana. Sono tutte aziende che mi hanno dato grandi soddisfazioni, anche per il tipo di rapporto che si è instaurato con i manager, basato sulla fiducia personale. In definitiva le aziende le fanno le persone, con i loro valori e le loro priorità”.
Osservando i marchi con cui è in relazione, quale valore viene dato alla sostenibilità ambientale?
“È un tema condiviso, tutte le aziende stanno considerando la sostenibilità come un parametro imprescindibile. In particolare, sto notando che in settori come l’alberghiero, il luxury e il retail questa tendenza è particolarmente accentuata e lo sforzo è più intenso rispetto a settori dove questo passaggio è più veloce, per esempio laddove si tratta solamente di semplificare un processo produttivo”.
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