• 15/01/2025

Gli etruschi in Toscana: un viaggio in tredici musei tutti da scoprire

 Gli etruschi in Toscana: un viaggio in tredici musei tutti da scoprire

Museo Archeologico Nazionale di Chiusi – Il coperchio dell’abbraccio

«In realtà, una volta strappata la maschera orientalizzante che li travestiva, gli Etruschi sono gli Italici di ieri e di oggi che ci appaiono in una impressione allucinante di consanguineità».

Così scriveva nel 1967 Jacques Heurgon, latinista ed etruscologo francese, nel suo “Vita quotidiana degli Etruschi”.

Una riflessione che sembra confermare l’ipotesi a cui gli studi genetici ed antropologici sono approdati, ossia che gli etruschi siano stati un popolo autoctono, vissuto tra il IX secolo a.C. e il I secolo a.C. nell’antica Etruria, un’area corrispondente alla Toscana, all’Umbria occidentale e al Lazio settentrionale e centrale.

In Toscana le opportunità di conoscere questo affascinante popolo sono molteplici, grazie al patrimonio conservato nei musei regionali. Ecco una panoramica su queste preziosi scrigni di storia.

Museo Etrusco Guarnacci di Volterra

È uno dei musei etruschi più antichi ed importanti d’Italia. In esso sono conservati la maggior parte dei materiali provenienti da scavi e ricerche a Volterra e nel suo territorio.

Il nucleo principale del museo è costituito da circa 600 urne funerarie etrusche, destinate a raccogliere le ceneri dei defunti. La produzione si diffuse a Volterra fra il IV e il I secolo a. C. usando vari materiali: terracotta, pietra, alabastro. Fra i reperti più famosi vi sono l’Ombra della Sera, un bronzetto etrusco dalla caratteristica forma allungata, la Stele di Avile Tite, l’Urna degli Sposi.

Museo archeologico del territorio di Populonia

Tra le principali attrazioni di Piombino, il Museo rappresenta il naturale completamento alla visita del Parco Archeologico di Baratti e Populonia. L’esposizione si snoda su tre piani dello storico Palazzo Nuovo (in P.za Cittadella, 8) e in 1800 metri quadri ospita oltre 2.000 reperti preistorici, etruschi e romani.

Una voce narrante, accompagnata da musiche realizzate con riproduzioni di strumenti antichi, racconta la storia di tre simboli del territorio di Populonia e, più in generale, della Val di Cornia: la tomba dei Carri, monumentale tomba a tumulo etrusca del VII sec. a.C., visitabile al Parco Archeologico di Baratti e Populonia; il mosaico “dei Pesci”, scoperto al santuario dell’Acropoli di Populonia, oggi visibile all’interno del museo; l’anfora argentea di Baratti, capolavoro di età tardoantica, recuperato nel Golfo di Baratti.

Museo etrusco di Populonia Collezione Gasparri

Inaugurato nel 1943 per volontà di Giulia e Tommaso Gasparri, raccoglie i reperti archeologici della collezione privata della famiglia, proprietaria dei terreni di Baratti e Populonia. Qui, nella prima metà del Novecento, furono riportate alla luce le necropoli etrusche. Dal 1988 ha sede nell’ex frantoio del Castello di Populonia. Il Museo ripercorre la storia del popolo etrusco di Populonia attraverso i resti della loro cultura materiale, ossia gli oggetti che utilizzavano per le attività quotidiane. Le vetrine della prima sala ospitano i corredi funerari di alcune tombe oggi visibili nel Parco Archeologico di Baratti. Nella quarta sala sono esposti cippi di varie tipologie, sarcofagi e una tomba “alla cappuccina”, destinata alle classi meno agiate. Tra gli oggetti più interessanti e significativi: un coperchio di sarcofago scolpito che ritrae il defunto semisdraiato, una testa scolpita nella pietra vulcanica, ornamenti e suppellettili di bronzo, vasi di produzione etrusca e ceramica importata da tutto il bacino del Mediterraneo.

Museo Archeologico Nazionale di Siena

È uno dei percorsi di visita del complesso museale del Santa Maria della Scala, l’antico ospedale di Siena. Una città nella città, con i suoi 13mila metri quadri aperti al pubblico e i suoi sette diversi livelli architettonici. Furono proprio i reperti etruschi a costituire il primo nucleo di questo museo, costituito nel 1933 in via della Sapienza ad opera di Ranuccio Bianchi Bandinelli col nome di Museo Archeologico Nazionale Etrusco di Siena, per poi passare, nel 1941, alla denominazione di Regio Museo archeologico. Fu solo alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso che il museo venne trasferito nella sede attuale.

I materiali provenivano dall’Accademia dei Fisiocritici  e dalla collezione Bargagli di Sarteano, oltre che, a partire dagli anni Cinquanta, dalla collezione di Bonaventura Chigi Zondadari e dalla collezione di Emilio Bonci Casuccini, relativa all’archeologia chiusina.

La prima sezione racchiude i materiali provenienti dalle stratigrafie di epoca etrusca, intorno al VII sec. a.C: frammenti di bucchero decorati a cilindretto, frammenti di lastre white on red e ceramica acroma. La sezione topografica è divisa per aree di provenienza dei reperti: la zona di Chiusi, con i canopi antropomorfi delle tombe a ziro (III-IV secolo d.C.), buccheri, vasi protocorinzi, bronzetti e oggetti in oro; l’area di Montepulciano, con buccheri, vasi attici a figure rosse, corredi funerari provenienti dalle necropoli della zona (VIII-VI secolo a.C.), frammenti di decorazioni fittili appartenenti ad una residenza arcaica signorile dell’area archeologica etrusca di Poggio Civitate presso Murlo; la zona di Sarteano, con urne di alabastro in stile volterrano (dalla tomba dei Cumere, II secolo a.C.).

Museo Nazionale Etrusco di Chiusi

La città di Chiusi (Siena) è considerata dalle fonti latine una delle prime e più importanti città etrusche: lo storico latino Servio afferma infatti che fu fondata dall’eroe Cluso, figlio del principe Lidio Tirreno, che secondo Erodoto guidò la migrazione che diede origine al popolo etrusco.

In epoca etrusca Chiusi divenne una delle principali città della dodecapoli etrusca e nel VI sec. a.C. cominciò a stringere i primi contatti con Roma, che il lucumone chiusino Porsenna mise sotto assedio nel 506 a.C.

Il Museo, già prima dell’ingresso, affascina per le sue eleganti forme neoclassiche, opera del senese Giovanni Partini, lo stesso architetto al quale si deve la creazione di Piazza Salimbeni, sede del Monte dei Paschi. La visita inizia dalle prime attestazioni di frequentazione umana, databili all’età del Bronzo  (XIII-X secolo a.C.) e, attraverso le testimonianze dell’età del Ferro (IX-VIII secolo a.C.), abbraccia il periodo etrusco con l’esposizione di rilievi, statue, ceramiche in bucchero e attiche, corredi tombali, urne e sarcofagi. Tra i numerosi reperti esposti si segnalano i vasi cinerari villanoviani, tra i quali il “Coperchio dell’abbraccio” che rappresenta una straordinaria scena di abbraccio tra due figure in terracotta. Ricordiamo che la cultura villanoviana rappresenta la fase più antica della civiltà etrusca.

La Necropoli di Poggio Renzo e la Tomba del Colle, collegate al museo, sono temporaneamente chiuse per carenza di personale.

Museo Civico Archeologico di Sarteano

Il museo, ospitato nel cinquecentesco Palazzo Gabrielli, documenta l’occupazione umana nel territorio di Sarteano, un borgo al confine tra la Val d’Orcia e la Val di Chiana. Nonostante un saccheggio durato secoli, sono rimaste tracce ricchissime e significative soprattutto per quanto riguarda la fase etrusca, dal IX al I sec. a.C.

La visita si apre con i reperti provenienti dalle tombe a pozzetto di Sferracavalli e dalle tombe di Poggio Rotondo. Dalla necropoli di Macchiapiana provengono un canopo (cinerario in forma umana) con coperchio a ciotola capovolta e una tomba a camera, in cui predomina un canopo femminile su trono, risalente al periodo tardo-orientalizzante. Degno di nota è il cippo in pietra fetida, rinvenuto in località Sant’Angelo, che rappresenta le scene di una cerimonia funebre etrusca.  Il piano inferiore del museo, ampliato e rinnovato nel 2009, è dedicato ai risultati degli scavi della Necropoli delle Pianacce, che sono iniziati nel 2000 e hanno condotto alla scoperta di venti tombe tra cui la sensazionale Tomba della Quadriga Infernale, visitabile settimanalmente su prenotazione.

L’Antiquarium di Poggio Civitate (Museo archeologico di Murlo)

Il Museo, allestito all’interno dell’antico Palazzo Vescovile, si trova al centro del piccolo borgo fortificato di Murlo (Siena), da cui si domina la boscosa valle del Crevole, al confine tra la Val di Merse e la Val d’Arbia. Le origini del luogo sono legate alla civiltà etrusca, come testimoniato dai ritrovamenti nella necropoli di Poggio Aguzzo (corredi orientalizzanti risalenti al VII secolo a.C.) e nell’insediamento di Poggio Civitate, tra i più importanti in Etruria, in quanto sviluppatosi sulle direttrici viarie che collegavano le città etrusche con quelle dell’entroterra.

Le indagini archeologiche a Poggio Civitate furono avviate da una missione americana negli anni Sessanta con il sostegno di Ranuccio Bianchi Bandinelli. Lo scavo del principesco palazzo che ne costituisce il nucleo ha costituito una tappa fondamentale nella scoperta dell’architettura residenziale etrusca e ha fornito informazioni preziose sull’ideologia del potere dell’epoca.

I reperti più significativi sono tre, tutti del VI secolo a.C.: l’acroterio maschile in terracotta detto Il Cappellone, una figura maschile con una lunga barba squadrata, che indossa un cappello a larga falda; la lastra fittile con la raffigurazione di una corsa di cavalli, montati da fantini che li cavalcano a pelo; l’antefissa con il busto di una gorgone in terracotta, dotata sia della funzione primaria di proteggere dall’acqua piovana le parti lignee dei tetti, sia della funzione secondaria di “spaventare” gli spiriti maligni.

Museo Archeologico Nazionale di Firenze

Inaugurato dal Re Vittorio Emanuele II il 12 marzo 1871, al tramonto dell’era di Firenze Capitale, il Museo Archeologico Nazionale di Firenze ospitava nel cosiddetto “Cenacolo di Foligno”, in via Faenza, le collezioni del Museo Etrusco e le antichità greche e romane delle collezioni medicee e lorenesi. Nella stessa sede di via Faenza era già stato allestito, nel 1855, il Museo Egizio, secondo in Italia solo a quello di Torino.
Nel 1880 il Museo Archeologico fu collocato nella sede attuale del Palazzo della Crocetta, a fianco dello Spedale degli Innocenti, nella centralissima Piazza della Santissima Annunziata. Oggi è possibile ammirare gran parte delle antiche collezioni mediceo-lorenesi (ceramiche, bronzi e sculture litiche), la collezione dei bronzetti etruschi, quella dei bronzetti greco-romani, il Monetiere, una delle più grandi e più complete raccolte pubbliche di monete antiche, la Galleria delle Gemme, una fra le più grandi e prestigiose del mondo, il Museo Egizio (inclusa una selezione di stoffe di epoca copta), una sezione con grandi complessi funerari etruschi provenienti da tombe principesche, il giardino monumentale e infine una ricca selezione dei vasi greci rinvenuti nelle tombe etrusche, tra i quali il celebre “Vaso François”, rinvenuto nella necropoli etrusca di “Fonte Rotella” a Chiusi nel 1844 dall’archeologo italiano Alessandro François.

Museo Archeologico di Artimino “Francesco Nicosia”

Il Museo Archeologico di Artimino, nel comune di Carmignano (Prato) ospita straordinari corredi funebri etruschi del periodo orientalizzante provenienti dalle necropoli di Prato Rosello e di Comeana, fra i quali spiccano una coppa di vetro turchese, placchette e statuette di avorio, raffinati oggetti di bucchero, sculture funerarie, oltre a testimonianze rinvenute negli insediamenti etruschi di Artimino e Pietramarina.
Il Museo e i siti archeologici sono immersi in un contesto naturalistico e paesaggistico tra i più belli della Toscana. Nel 2011 è stata inaugurata la nuova sede all’interno del borgo di Artimino, negli ambienti delle ex tinaie.

Museo Archeologico Arezzo

Il museo ha sede nel monastero medievale di Monte Oliveto, edificio che sorge sui resti dell’anfiteatro romano. Il piano terreno espone reperti che ripercorrono la storia di Arezzo dalla sua fondazione in età etrusca fino all’età tardo antica. Al piano superiore si trovano la sezione preistorica e quelle tematiche (ceramiche, bronzi e preziosi) e le collezioni appartenute a cittadini aretini illustri. Tra i reperti più significativi della sezione etrusca si distinguono i gioielli della necropoli di Poggio del Sole, un’imponente decorazione frontonale policroma con scene di combattimento da Piazza San Jacopo (480 a.C.), una serie di teste-ritratto e busti votivi da via della Società Operaia (II-I a.C.), nonché i reperti del grandioso santuario di Castelsecco (lastre decorative, un altare in pietra e statuette votive di bambini in fasce) e un ciottolo iscritto per la divinazione. Dalle necropoli del territorio provengono l’anfora attica da Casalta con Pelope e Ippodamia, della scuola del pittore di Meidias (420 – 410 a.C.) e il torso di Marciano, scultura funeraria di età etrusca arcaica.

Museo archeologico del Casentino

Trasferito nel 2010 a Palazzo Niccolini a Bibbiena (Arezzo), il primo nucleo del Museo risale al 1996, anno di apertura della sede di Partina, nella quale trovarono spazio le collezioni rinvenute in circa trent’anni di ricerche condotte sul territorio da parte della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana e dal Gruppo Archeologico Casentinese.

Nella Sala 2 sono esposti i reperti provenienti da insediamenti di crinale o di fondovalle, che testimoniano la prima frequentazione etrusca del Casentino fra l’età arcaica e l’ellenismo: Pratello, Serelli e Masseto. La Sala 3 è dedicata al tema della religiosità etrusca e in particolare al santuario di Socana. La Sala 4 presenta i reperti provenienti dalla grande stipe votiva etrusca del Lago degli Idoli sul monte Falterona.

MAEC – Museo dell’Accademia Etrusca e della città di Cortona

Dal 1728 Palazzo Casali, altrimenti noto come Palazzo Pretorio, è la sede dell’Accademia Etrusca e del relativo museo. I due piani sotterranei, un tempo adibiti a carceri, ospitano il Museo della Città Etrusca e Romana di Cortona. Il Palazzo ospita anche, al primo piano, la biblioteca del Comune e dell’Accademia Etrusca e l’Archivio storico.

In oltre 2000 mq di spazio espositivo, sono esposti alcuni tra i più straordinari capolavori della civiltà etrusca.

Ecco i principali: la Tabula Cortonensis (III – II secolo a.C.), il terzo testo etrusco per lunghezza, menzionante una compravendita; il Lampadario Etrusco, sessanta chili di bronzo per un esemplare unico e arrivato integro fino a noi, forse destinato ad un santuario di rilievo del territorio e prodotto in officine dell’Etruria interna intorno alla metà del IV sec. a.C.; una fibula in oro ad arco che riproduce una pantera accovacciata, facente parte del corredo del tumulo del Sodo. Nella parte superiore della staffa è raffigurato il cosiddetto Albero della vita.

Il lampadario etrusco merita qualche parola in più: si tratta di una lampada ad olio realizzata in bronzo con fusione a cera persa, in cui il liquido infiammabile veniva versato nella vasca concava centrale che si collega a ciascuno dei sedici beccucci esterni alla circonferenza, secondo il principio dei vasi comunicanti. Interessante ricordare che il sedici per gli Etruschi era un numero sacro.

Su ogni beccuccio era posizionato uno stoppino che, incendiato, produceva la fiamma alimentata dall’olio. Nel medaglione centrale è raffigurato il volto della Gorgone o Medusa, una figura apotropaica, con la funzione di allontanare gli spiriti maligni. Nella prima fascia decorativa ci sono leoni, pantere e grifi che cacciano cinghiali e cerbiatti. Seguono delle onde cavalcate da delfini e infine sulla terza fascia sono raffigurati dei sileni intenti a suonare il doppio flauto e delle sirene. Tra un beccuccio e l’altro è riprodotto il dio Acheloo, divinità dei fiumi e delle acque dolci.

Il MAEC è anche il punto di accoglienza e di informazione per accedere al Parco Archeologico di Cortona con i suoi 11 siti archeologici ubicati nel centro storico (tra i quali ricordiamo le mura e la porta bifora) e nel territorio (in particolare i tumuli del Sodo, la tanella Angori e la tanella di Pitagora).

Parco Archeologico Città del Tufo Sorano

Il Parco Archeologico Città del Tufo e il Sistema Museale di Sorano (Grosseto) comprendono i seguenti siti: la Necropoli Etrusca di Sovana; gli insediamenti rupestri di San Rocco e di Vitozza; il Museo di San Mamiliano di Sovana; il Museo Civico Archeologico e Fortezza Orsini di Sorano.

Nell’ambito delle tumultuose vicende politiche di un territorio che risentiva l’influenza di tre città stato (Vulci, Volsinii  – l’attuale Bolsena – e Chiusi), Sovana fu un centro importante durante tutta l’età etrusca, registrando momenti di particolare sviluppo nel VI sec. a.C., quando fece parte della coalizione che fronteggiò Vulci, come attestano gli affreschi della Tomba François.

Molto suggestive sono le Vie Cave di Sorano e Sovana, sentieri scavati a cielo aperto nelle colline, tra pareti di tufo alte anche più di venti metri. Alcune di esse sono sicuramente riconducibili, nel loro impianto originario, al sistema viario di epoca etrusca. Sulla loro funzione sono state formulate diverse ipotesi: che fossero canali per convogliare le acque piovane dai pianori alle valli, semplici vie di comunicazione, passaggi strategici studiati contro i nemici, o ancora sentieri cerimoniali.

La necropoli di Sovana si trova ad un chilometro dal piccolo borgo medievale in direzione San Martino sul Fiora, sulle colline a nord del torrente Calesine. Essa comprende alcune monumentali architetture funerarie rupestri: le tombe a fronte colonnata come la tomba Pola e la tomba Ildebranda, che prende il nome dall’illustre cittadino sovanese Ildebrando Aldobrandeschi, divenuto Papa nel 1073 con il nome di Gregorio VII; le tombe a edicola del Tifone e dei Demoni Alati. A poca distanza, in un altro settore della necropoli, detto di San Sebastiano – Sopraripa, si trovano le tombe a dado, semidado, falsodado, e la tomba a edicola della Sirena.

Toscana Economy- Gli etruschi in Toscana: un viaggio in tredici musei tutti da scoprire
Museo Civico Archeologico Di Sarteano – La tomba della Quadriga Infernale

Giulia Baglini

Giornalista specializzata sui temi dell’innovazione e della sostenibilità

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