Firenze, città d’arte e di scienza

Foto ©Sabina Bernacchini
Galileo Galilei è stato il padre della scienza moderna e oggi Firenze gli dedica un museo in piazza dei Giudici. Parla Roberto Ferrari, direttore del museo fiorentino dedicato al padre della scienza moderna: «Da noi si fondono attività di ricerca e divulgazione»
C’è chi all’innovazione ha dedicato la vita, fino a vedersi “confinare” nella propria abitazione perché sospettato di eresia, nonché costretto ad abiurare le sue tesi. A dirigere il museo dedicato a Galileo Galilei è Roberto Ferrari, che in passato ha anche partecipato al salvataggio degli Archivi Alinari e ha guidato la direzione “Cultura e ricerca” della Regione Toscana.
Dottor Ferrari, nel museo che lei dirige si fa più attività di ricerca o di divulgazione scientifica?
«Nel Museo Galileo convivono stabilmente due fronti di attività: la ricerca in storia della scienza, il fulcro dell’attività scientifica che questa istituzione porta avanti con gli studiosi interni e col concorso della comunità scientifica (qui da noi ha sede la Società italiana di storia della scienza), anche di quella specializzata sull’opera e la fortuna di Galileo Galilei, che riuniamo intorno alla rivista Galileana. Studies in Renaissance and Early Modern Science (direttore è lo stesso Ferrari, ndr); e la divulgazione, che continuamente portiamo avanti attraverso le attività della sezione didattica, i numerosi laboratori dedicati alle famiglie e alle scuole, il poderoso sito web che offre molti spunti e approfondimenti, i seminari e le mostre temporanee che portiamo in Italia e all’estero».
Il tema di questo numero di Toscana Economy è l’innovazione. La domanda è scontata, ma quanto è stato innovativo Galileo?
«Visto che nella terminologia manageriale si parla spesso di innovazione radicale, direi che è facile e perfino riduttivo parlare di Galileo come di un innovatore, in quanto ha davvero demolito una concezione del mondo vecchia di molti secoli! Le sue scoperte nel campo della meccanica e dell’astronomia, per limitarci a quelle più note, hanno trasformato per sempre sia il modo di guardare il cielo, sia il metodo stesso della ricerca scientifica, segnando profondamente un’epoca, con influenze che arrivano direttamente fino a giorni nostri».
Una delle sezioni più interessanti del museo è dedicata alla geografia e alla cartografia: quali innovazioni ha portato Galileo in questo campo?
«La visita delle sale dedicate all’arte della guerra e allo sviluppo della cartografia permette di cogliere l’ampia varietà e la ricchezza di strumenti di calcolo e di misurazione che, come per il compasso, servivano a diversi scopi, dalla topografia alla balistica, dal disegno al carteggio nautico. Anche Galileo, uomo del suo tempo, partecipò all’invenzione e alla costruzione di orologi, compassi e diede un contributo importante alla società del suo tempo».
La cultura scientifica a Firenze è sempre stata percepita come la “sorella povera” della cultura artistica e monumentale. È davvero così? E lo è ancora?
«È certamente vero che nell’immaginario collettivo Firenze è città d’arte, più che di scienza, nonostante le molte istituzioni storico-scientifiche che ancora oggi testimoniano una storia meno nota. L’Accademia dei Georgofili, il Gabinetto Vieusseux, l’Osservatorio Ximeniano e il Museo Galileo, solo per citare alcuni esempi noti, permettono infatti di conoscere aspetti importanti della storia scientifica di questa città e della Toscana. Al Museo Galileo siamo impegnati, con un contributo della Regione Toscana, nell’acquisizione dell’imponente archivio del Reale Museo di fisica e storia naturale, il “padre” delle principali collezioni storico-scientifiche toscane. E questa storia meno nota potrà ancor meglio essere raccontata a partire da questo importante progetto».
Nel 2022 si sono celebrati i 100 anni dalla nascita di Margherita Hack, un’altra scienziata che ha dedicato la sua vita alla ricerca e all’innovazione. Ci sono punti di contatto tra i due geni?
«L’anno scorso qui al museo abbiamo celebrato i 100 anni dalla nascita di Margherita Hack ed è stata l’occasione per raccontare anche il rapporto della scienziata con Firenze, i suoi luoghi dell’infanzia, della vita quotidiana fino all’università. Difficile non rimanere colpiti dal suo entusiasmo nell’affrontare le sfide professionali e umane che la vita le ha messo di fronte. Le analogie sono sempre difficili, ancor di più se a distanza di secoli, ma certo di entrambi colpisce un certo uso della parola, senza inutili orpelli, aderente alle cose da dire, da spiegare».
Leggi altre notizie da formazione e impresa