Filippo Giustini, il marketing hero che fa accadere le cose impossibili

Marketing Toys è un brand sotto il quale lavora un gruppo variegato ed eterogeneo (e rumoroso!) di professionisti dell’ambito del marketing e della comunicazione. La sede principale è nel Mugello, a Scarperia e San Piero. Si occupa di innovazione di processi e di prodotti, sviluppa soluzioni people-centriche con un atteggiamento proattivo nei confronti di clienti e mercato, elabora internamente soluzioni personalizzate per poi proporle ancora prima si manifesti una domanda. Nella maggior parte dei casi questa audacia si trasforma in un nuovo cliente.
Abbiamo incontrato Filippo Giustini, che si definisce un “marketing hero”: statistico mancato, gioca ancora coi Lego, ha uno yo-yo, uno skateboard sempre nel bagagliaio e più di 40 anni. Strategist nel cuore, appassionato a tutto l’appassionabile, accetta sogni dagli sconosciuti nella speranza di capire cosa fare da grande.
Ciao Filippo, grazie per la tua disponibilità ad essere intervistato. Inizio col farti una domanda: “Cosa hai fatto da grande?”
Da grande ho fatto tanti sbagli. Ho sbagliato praticamente tutto, dall’inizio alla fine. Però mi sto divertendo un sacco. Sto sbagliando con persone ormai insostituibili, mia moglie, i miei colleghi e tanti amici. Falliamo ripetutamente, in modo seriale: falliamo nel fare impresa, falliamo nei progetti. Noi siamo quelli che stanno nelle sfumature della vita, stiamo lì perché è dove troviamo il disordine, il caos, l’irrequietezza. Ci piace l’impazienza, l’insicurezza, la velocità e da grande è tutto più divertente. Perché ti accorgi che davvero un giorno moriremo tutti, te ne accorgi dopo aver superato i 40. A quel punto non puoi più permetterti di rimandare, corri con chiunque ha voglia di inseguirti, e lo fai a folle velocità, ininterrottamente. Siamo fiumi in piena, senza controllo, auto impazzite che corrono sempre sul bordo del precipizio. Amiamo questa vita, questa vita da grandi. Ci piace da morire ed un giorno sì, moriremo tutti. Funziona così questa vita, godiamoci il viaggio.
Cosa non è per te l’innovazione?
L’innovazione non è tecnologia. L’innovazione non è disuguaglianza. L’innovazione non è disparità. L’innovazione deve essere per tutti, dobbiamo riequilibrare questo folle concetto che l’innovazione è degli innovatori. L’innovazione è di tutti e deve risolvere problemi importanti ed imminenti: il cambiamento climatico, il dialogo transgenerazionale, la responsabilità di fare impresa, l’educazione, lo spazio. Ecco questo è un altro tema sul quale una nostra collega sta lavorando e che sta entusiasmando tutti: la diplomazia spaziale. Questi sono i tempi di cui dobbiamo iniziare a parlare e con pensiero innovativo dobbiamo cercare di affrontare. L’orizzonte temporale si deve spostare da 5-10 anni a 100 e più anni, dobbiamo avere un atteggiamento più responsabile rispetto a quello che facciamo e alle nostre scelte. Dobbiamo diventare la migliore versione di noi stessi.
Sono curioso di conoscerti meglio: Cosa hai sulla scrivania in questo momento?
Ho il caos: 10 giorni fa avevo meno confusione. In questo momento ho due computer, uno sempre acceso con un monitor 29 pollici collegato. Ho una serra idroponica che da 6 mesi sta cercando di far crescere una piantina di peperoncini. Abbiamo un progetto aperto in Sahara per la trasformazione di container in moduli auto sostenibili dove impiantare una serra idroponica, così stiamo sperimentando. Ho poi un taccuino di Gucci, che ci siamo regalati con Camilla e Beatrice (colleghe) dove scriviamo i progetti impossibili di Marketing Toys. Quando un collega ci ha chiesto “Ma voi di preciso cosa fate in Marketing Toys?”, gli abbiamo risposto che “noi siamo quelli che fanno accadere le cose impossibili”. Dovevamo avere un taccuino da 170 euro dove annotare queste follie…
Ho poi un profilattico, perché abbiamo un progetto di promozione dell’amore, inteso come sessualità, in auto. Stiamo creando un kit fatto di un profilattico, un lecca lecca ed un adesivo “sex mobile approved” da mettere sulle auto. Un progetto interno, un po’ folle. Ho poi una bottiglia di Champagne ammezzata, ormai svanito ed un calice con del rossetto (non mio). Una clessidra, molti libri, un amazon button, delle palline da giocoliere, pennarelli a china e degli schizzi che ogni tanto faccio ma nessuno vede, e un sigaro toscano che mi piace tenere in bocca – da spento – dopo il caffè. Oggi poi è arrivato pure un orso gigante che non è sulla scrivania ma ne vedo il riflesso mentre stiamo parlando: è alto 260 centimetri, tenerissimo!
Prima ti ho chiesto cosa farai da grande, ora dicci: Cosa non farai da grande?
Da grande ho deciso che non mi annoierò. Ho deciso che voglio fare solo le cose che mi piace fare e voglio scegliere le persone delle quali circondarmi. Ho 42 anni, dei vistosi tatuaggi sulle mani, con la mia giovane collega andremo a farsi un piercing al naso per scommessa, possiamo ora permetterci anche di scegliere clienti e progetti. Noi facciamo queste cose, e poi si, mandiamo tante persone a vaxxxxxxxx.
Lavoro, libertà, passione: come far funzionare tutto (male)?
É abbastanza complessa la faccenda e sto cercando di trovare una soluzione a tutto questo. In realtà sono 42 anni che sto cercando una soluzione, la quadra alla tua domanda. Ho fallito miseramente fino a 35 anni: baratri, burnout, momenti di crisi. Non potevo andare avanti così. Però sapevo, dentro di me, che qualcosa di bello sarebbe successo, che avrei sempre potuto scegliere da che parte stare. Ecco, io sono uno di quelli che per vivere così cerca di comprendere le regole del gioco, ed ora è tutto un vivere sul filo del rasoio, in una corsa folle tra notti in bianco, biscotti, caffè latte, pasta riscaldata e pizza fredda. Birra svanita, bottiglie di prosecco a pranzo e giorni di burnout totale. Abbiamo messo in conto tutto, gestiamo quasi tutto, anche gli arcobaleni, gli unicorni e la magia. Abbiamo una frase che ci piace citare: “noi non perdiamo mai, o vinciamo o bariamo”. Ecco questa frase rende abbastanza l’idea di come facciamo funzionare, male, tutto questo, questo folle equilibrio tra lavoro, libertà e vita.
Fare impresa oggi
Oggi fare impresa in Italia è una follia, è un gesto eroico. Ma di quelli veri. La tassazione è alle stelle, il mercato dell’M&A è quasi assente, fare startup non significa niente e solo marginalmente abbiamo accesso a round di investimento importanti. Fare impresa non è per tutti. Fare impresa significa scommettere continuamente sul presente, barare, nascondere assi nella manica, lasciare il tavolo bluffando. Fare impresa richiede poi – oggi – più che mai, un forte senso di responsabilità verso i mercati, i consumatori, la propria organizzazione aziendale, i territori sui quali l’azienda insiste. Responsabilità verso le future generazioni. Noi ci stiamo sobbarcando in una follia unica, solo per il gusto di perdere tutto. Il 2022 sarà l’anno dello spazio, stiamo creando un team di lavoro, stiamo cercando investimenti, stiamo creando qualcosa solo per il gusto di imprendere, di correre nuovamente senza regole, in un mercato spaziale in fermento, costantemente in crescita, dove ci giochiamo soldi, menti, progetti e visioni. Ecco là, in quel “mercato” abbiamo voglia di tornare a fare impresa, qua, in questi mercati io personalmente mi annoio a morte. Ma io, si sa, sono uno che si annoia facilmente.
Ho visto il titolo di un tuo post su Medium che mi ha incuriosito: cosa intendi quando dici “cercare il marketing fuori di libri di marketing”?
Io credo che stiamo perdendo il rapporto dapprima con noi stessi, e poi il rapporto col mondo. Molti ragazzi mi chiedono consigli su libri di marketing. La risposta potrebbe anche in questo caso essere 42, ma forse è perché la domanda è mal posta. Cosa vuoi fare? Vendere? Bene, impara a conoscere le persone. Credi davvero di imparare a conoscere le persone studiando il marketing? Non credo. Ho conosciuto dei ragazzi che hanno una startup che si occupa di “nipoti in affitto”. I founder personalmente andavano dagli anziani perché volevano capire come poterli aiutare. Questo è un bel modo di fare marketing ed impresa. La questione del marketing forse è spiegata bene da come le persone oggi hanno travisato, molte, l’ultimo libro di Seth Godin. Qualcuno non è riuscito a leggerlo, altri mi hanno detto che è stato deludente. Quel libro è deludente perché tutti si aspettavano un libro di marketing, un po’ come l’autore aveva educato i propri lettori. Ma quel libro è in realtà un percorso di consapevolezza che Godin ha vissuto in prima persona. E quello di cui parla è un bel concetto di marketing, è astrazione, è passione, è amore. Ecco, un buon libro di marketing dovrebbe non parlare di marketing ma parlare di persone, amore e consapevolezza.
Andrea Romoli