COME DIVERSIFICARE LA PROPRIA OFFERTA
Diversificare la propria offerta commerciale, sia per un’impresa manifatturiera, di servizi o altro che sia, è un presupposto significativo. Per la sua importanza, e l’effetto domino in termini di organizzazione che ne deriva, va pensata, elaborata e messa a terra in un particolare momento della vita aziendale: sempre!
L’esordio con provocazione ci sta. Adesso, però, vediamo insieme il perché di questa apparentemente strampalata conclusione e, soprattutto, se può ritenersi condivisibile. Un’azienda ha bene a mente il proprio core business e ne fa outing tutti i giorni attraverso la sua operatività, anche la più spicciola. Produce beni e / o servizi e li immette sul mercato. Non è detto che la tipologia di produzione sia costante per tutto il tempo della sua vita, anzi non sarebbe assolutamente auspicabile. Ci sono situazioni che stimolano il variare la tipologia di prodotti da commercializzare. Le molle possono essere esterne, interne, caricate da noi (push) o da altri (pull).
Per semplificare, gli stimoli esterni e pull si attivano quando il mercato, più o meno implicitamente, richiede qualcosa di diverso o complementare a quanto già offerto. Può scaturire da un input dei consumatori, che manifestano espressamente un gradimento, o da differenti proposte della concorrenza da poter emulare. Gli stimoli interni e push possono scaturire dal pensiero dell’imprenditore, o da un proprio collaboratore più o meno innervato nelle fasi produttive e commerciali dell’azienda.
Più in generale, considerato che anche le montagne, per erosione ed altri eventi naturali, tendono a spianarsi e livellare, per le imprese il destino non è più clemente: con l’andare del tempo i mercati si stabilizzano e i prodotti della singola azienda tendono ad omologarsi, ad essere sempre più uguali a quanto prodotto da altri, al punto da scolorire progressivamente quella differenza che ne sosteneva il gradimento del consumatore.
La omologazione, di fatto, rischia di recitare il de profundis a molti prodotti nella misura in cui non vi si affianchi un’ulteriore appetibilità che, il più delle volte, non si discosta da un prezzo più basso.
Insomma, per le motivazioni addotte, e per tante altre, siamo inesorabilmente condannati alla diversificazione della nostra offerta di prodotti. Possiamo scegliere solamente, si fa per dire, le relative modalità di attuazione.
In alcuni casi l’apertura a nuova operatività potrebbe richiedere lo sviluppo di un nuovo piano d’impresa. Di norma qualsiasi azienda opera in virtù di un piano triennale di sviluppo che declina nel previsionale annuale. I numeri presenti nel piano sono l’algoritmica conseguenza di ragionamenti profondi che l’imprenditore ha sviluppato. Gli stessi, di norma, tendono ad evidenziare dove vuole arrivare nel periodo individuato dal piano, sia in termini di quota di mercato da raggiungere che di modalità attraverso le quali finalizzare l’intenzione.
In altri casi l’implementazione della propria offerta assume caratteristiche ordinarie, light al punto da non richiedere la revisione del piano. Magari l’azione può rientrare nelle accezioni residuali che qualsiasi piano che si rispetti dovrebbe prevedere.
La diversificazione dell’offerta, intendendo per tale un nuovo prodotto / servizio, un’implementazione dello stesso, una commercializzazione presso altri mercati, deve essere preceduta da un’attenta analisi della concorrenza per valutare al meglio il possibile posizionamento.
Implicitamente si dovrà anticipare la risposta alla domanda dei potenziali clienti: “perché devo acquistare il servizio -x- presso questa azienda e magari non presso un’altra che offre proposte similari?”. Solo una risposta sensata, credibile e convincente, in primis verso noi stessi, renderà possibile inanellare le nostre aspettative di diversificazione.
In prima battuta ho espresso l’idea che il concetto di diversificazione dell’offerta non può essere spot ma un vero e proprio mantra.
E’ però altrettanto vero che, quando si è in laboratorio, qualche alambicco rischia di rompersi e di questo non ce se ne deve fare un cruccio. Dobbiamo solamente pianificare al meglio la tipologia di diversificazione ed assumere la migliore consapevolezza all’approccio.
Si può parlare di esperimento non invasivo, intendendo per tale una diversificazione leggera che non richiede particolari risorse. A questo potrebbe conseguire una visione più ragionata della diversificazione, o un abbandono qualora non se ne ravvisi la sostenibilità. La gradualità dell’azione ci fa giungere al processo più impegnativo per il quale sono richieste significative risorse. E qui viene il bello. Qualsiasi idea di sviluppo dovrà essere complementata da un più che proporzionale approccio in grado di valutare l’assorbimento di fattori produttivi e la sua sostenibilità.
Il mondo delle imprese non è costellato da scelte giuste ma da intelligenti intuizioni alle quali deve seguire un più pragmatico approccio che ne valuti la sostenibilità individuando i fattori necessari al suo perfezionamento. Di tutto questo si dovrà fare tesoro e ragionarci sopra, magari seguendo anche i suggerimenti di San Pio da Pietralcina:”Chi non medita è come colui che non si specchia mai”.