Cibo: cultura, storia e futuro

Lido Vannucchi, lucchese, classe 1961, si definisce fotografo dalla nascita; estremamente curioso, dote necessaria per intraprendere questa professione, oggi è uno dei più affermati food photographer sulla piazza e collabora con diversi magazine italiani e internazionali. A Toscana Economy racconta come è approdato in questo mondo e cosa vuol dire fotografare il cibo, che seppur “oggetto inanimato” è vivo e trasmette emozioni.
Come ha iniziato a fotografare cibo?
«Ho iniziato a fotografare per vivere, fotografavo oggetti, poi un giorno è arrivato in studio un prosciutto e dei vini e tutto è cambiato: fotografavo e degustavo, era notevolmente più piacevole. Scherzi a parte, provengo da una famiglia dove mia madre cucinava in maniera fantastica, mi sono appassionato. Fotografia, cibo e vino: un’ossessione! Ho fatto corsi da sommelier, corsi di enologia, corsi di cucina, ho fatto il cuoco, e in parallelo fotografavo cibo e vino, ho iniziato a collaborare con molti magazine italiani e internazionali, poi libri sul vino e libri sul cibo, il resto è storia recente».
Come si racconta attraverso la fotografia del cibo?
«Fotografare cibo significa portarlo fuori dal suo habitat, dalla cucina, dai suoi territori. Il cibo è cultura, è turismo, è movimento di persone, è storia, è futuro. È futuro perché con le mie fotografie accendo sogni gastronomici e cerco di mettere in moto persone, turisti, appassionati, faccio questo, decanto e promuovo il cibo di grandi territori, di grandi cuochi, di grandi osti. Il cibo si racconta non tradendolo, non fotografo mai un cibo finto: o ha un’ anima, un messaggio, un’etica o rimane nel piatto. Non fotografo per documentare dove sono a cena o a pranzo, lo trovo sterile, infelice ed esibizionista. Fotografo il cibo per far sì che qualcuno lo sappia apprezzare e mangiare».
Cosa vuol dire raccontare i territori attraverso le loro specialità?
«I territori si raccontano camminandoli, parlando con gli abitanti, conoscendo la storia, aneddoti e personaggi, le luci e gli spazi. I territori vanno solo rispettati, non dobbiamo chiedere loro il formaggio migliore del mondo, o la verdura migliore: dobbiamo valorizzare la verdura e il formaggio identitari di quel territorio».
Le persone ritratte insieme al cibo, nelle sue fotografie, sono protagoniste o complementi?
«Le persone nelle mie foto sono assolutamente dei protagonisti, sono coloro che valorizzano e promuovono quel determinato cibo. Non fotografo star, non fotografo attori non protagonisti; fotografo cuochi, camerieri, vignaioli, contadini, agricoltori, pescatori e pastori ecc., e cerco di dare loro una grande dignità».
Qual è il suo rapporto con la Toscana e con Lucca?
«Sono toscano e sono lucchese, amo la mia terra, non potrei farne a meno, osservo il mio territorio per allenarmi a vederne altri. Apprezzo le differenze e sono pronto ogni giorno a lasciare il mio territorio per visitarne e fotografarne altri, col pensiero che Lucca e la Toscana per me sono casa. Lucca è cresciuta molto gastronomicamente parlando, ha preso una sua identità, sul vino una sua anima ben riconosciuta; è una città forse modello, o almeno mi fa piacere crederlo».