• 17/02/2025

Alla ricerca dell’oro in azienda

 Alla ricerca dell’oro in azienda

Può sembrare impossibile ma troppo spesso l’imprenditore non sa di avere oro a disposizione in azienda. Una vera e propria miniera

Se in azienda si venisse a sapere della presenza di oro, ci sarebbero tali e tante turbe da mettere in seria discussione la correntezza operativa ed il fisiologico svolgersi delle attività quotidiane. Tutti si metterebbero a cercarlo, disimpegnandosi dalle mansioni assegnate.

Intanto veniamo al dunque e proviamo a fugare alcuni dubbi leciti: c’è veramente dell’oro in azienda? Di cosa si tratta e, del caso, come si potrebbe utilizzare? Si può vendere e/o scambiare?

Si, è presente ma non l’elemento chimico con numero atomico 79. Stiamo parlando di un altro oro: informazioni, dati, per essere più chiari.

In tema di fattori produttivi la recente dottrina affianca ai tradizionali “capitale” e “lavoro”, altri due elementi: l’organizzazione e i big data. Attribuisce minore rilevanza a “terra” e “Stato” per la differente sopravvenuta dinamica delle stesse aziende.

Focalizzeremo l’attenzione proprio sui big data, intendendo per tali uno o più repository di informazioni, originali o derivate, provenienti da fonti diverse, con possibilità di trattarli fino ad ottenere reportistiche di varia utilità e combinazione, non ultimo quella di carattere predittivo.

Ma come si alimenta un big data? In automatico o in modalità manuale? Attraverso una vera e propria applicazione all’uopo dedicata o per il tramite di rocamboleschi ribaltamenti?

A questo punto è opportuno invocare il criterio di proporzionalità.

Più l’azienda è grande e maggiori sono le probabilità che possa dotarsi di un sistema che, in automatico, spazzola l’intero sistema informativo, liscia le informazioni e le accoda correttamente ed ordinatamente per poterle poi utilizzare in modo sistematico e spot. Chiaramente si sta parlando di una dimensione aziendale tale da poter investire anche sulla composizione e stratificazione di un big data.

Ma non sempre è così: più si scende di dimensione e maggiore è la difficoltà nel trovare spazi e risorse per quanto sopra, anche se le utilità sono le medesime tra piccola e grande azienda.

Siamo ad un punto apparentemente morto, con l’unica certezza di non poter automaticamente contare su in big data in presenza di piccole e microaziende.

Ma è in queste situazioni che serve il guizzo, l’idea in grado di poter risolvere questioni apparentemente senza soluzione. E l’idea potrebbe essere: il big data ce lo creiamo noi, al nostro interno. È sufficiente avere cognizioni sulla gestione dei databases ed il gioco è fatto.

Vanno individuate le fonti sistematiche dalle quali attingere le informazioni e individuare un protocollo, una sorta di “stele di Rosetta” in grado di armonizzarle tra di loro. Contabilità generale e contabilità industriale sono le prime procedure a candidarsi come fonti. Seguono, se presenti, il DVR – documento di valutazione dei rischi, il DUVRI – documento valutazione rischi interferenti, il complesso mondo delle certificazioni, ISO 9001 in primis.

Evitando di fare un mero elenco non dimentichiamo le informazioni presenti nelle buste paga, nei piani di ammortamento dei prestiti, la segnalazione delle presenze, la presenza nei vari cantieri, commesse, centri di ricavo che dir si voglia.

Con idee chiare ed uno sforzo di sistematizzazione si potranno coagulare nel big data tutte le informazioni che servono e che erano già presenti in azienda.

E qui si ritorna alla presenza di oro, a volte non utilizzato, quanto meno non appieno. Si penserà di farlo attendendo il cavaliere bianco in grado di poterlo adoperare. Intanto si perde tempo e non si utilizza un bene, le informazioni presenti, che abbiamo già profumatamente pagato, sia in termini di costo delle applicazioni che di costo del personale per comporle e generarle.

Non bisogna ricorrere al pensiero laterale, così come coniato dallo psicologo maltese Edward de Bono, per argomentare il compimento dei processi in una determinata maniera, magari originale, che altri hanno svolto in altro modo.

Essere imprenditori significa assumere anche decisioni del genere evitando di tergiversare nell’utilizzo di un bene che, ripeto, è stato già pagato.

L’armonizzazione delle informazioni passa attraverso competenze professionali disponibili. Altro aspetto sarà l’utilizzo delle informazioni accodate e la individuazione di modalità semplici e friendly affinché l’imprenditore, o chi per lui, possa apprendere progressivamente il modus operandi con l’obiettivo di poter essere indipendente nell’uso del big data (approfondisci qui).

È una strada in salita ma, se ben tracciata, potrà consentire un proficuo viaggio e, finalmente, trovare l’oro e disporre del suo valore.

Da Umberto Alunni Consulting

Umberto Alunni

Giornalista, consulente aziendale, motivatore, scrittore

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