Al primo Festival del Giornalismo di Siena l’ambiente uno dei temi chiave
Quattro relatori per parlare di sviluppo sostenibile tra PNRR, Carbon Free, Green Deal, transizione ecologica, bioenergie e rinnovabili
Il 10 e 11 giugno si è svolta la prima edizione del Festival del Giornalismo di Siena, organizzata dal Gruppo Stampa Autonomo Siena, presieduto da Giovanna Romano, in collaborazione con il Magistrato delle Contrade. Un autentico successo, sia per i numeri che ha saputo raccogliere, che per la qualità degli argomenti.
Tra le materie trattate l’ambiente e le sue tante connessioni in ambito sociale ed economico. Federica Scali, vicepresidente del Gruppo Stampa, ha introdotto i relatori intervenuti sabato 11 giugno nel Museo della Contrada della Chiocciola: Annalisa Bruchi, giornalista Rai, conduttrice di #Restart; Luca Aterini, direttore di Greenreport.it; Tommaso Ciuffoletti, Head Content di Treedom; Giovanna Poma, Ufficio Stampa di Estra.
In apertura Scali ha ricordato le parole del premier Draghi per definire il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: «È una straordinaria opportunità per rendere l’economia più innovativa e sostenibile e per ridurre le disuguaglianze sociali. L’ambizione del PNRR è costruire un’Italia più moderna, in grado di cogliere appieno le sfide sociali ed economiche dei prossimi anni. Per fare ciò è fondamentale far evolvere in maniera sostenibile il sistema economico, investendo in una transizione radicale del settore produttivo e delle filiere dei servizi».
Ad Annalisa Bruchi, giornalista specializzata in temi economici, il compito di delineare le prospettive di crescita del nostro paese in relazione alla transizione ecologica. Sulla bilancia del PNRR ci sono infatti costi e benefici e c’è la necessità di conciliare le esigenze ambientali con quelle energetiche e del sistema produttivo.
Bruchi ricorda che il Ministero della Transizione Ecologica è quello su cui convergono ben 70 miliardi, dei 200 previsti dal PNRR. L’imperativo è decarbonizzare, per arginare i danni dovuti al cambiamento climatico. In Italia, dove il mix energetico è sempre stato dipendente dalle fonti di altri paesi – il gas russo, per esempio ha un peso del 40% – la guerra potrebbe spingerci ad accelerare sulle rinnovabili. Un settore dove purtroppo siamo indietro, dove vale il principio “Not In My Back Yard”, per l’importanza data all’impatto paesaggistico. A frenarle i paletti imposti dalle Sovrintendenze ed anche il recente scontro tra il Ministro Cingolani e il Ministro Franceschini, in disaccordo sulla realizzazione di nuovi impianti. In Toscana la querelle è sulla centrale geotermica a ciclo binario in Val di Paglia, nel comune senese di Abbadia San Salvatore, molto vicino al Sito Unesco del Parco della Val d’Orcia.
Inoltre – si chiede la giornalista senese – è possibile realizzare questa rivoluzione senza creare danni occupazionali? «Siamo il secondo paese manifatturiero d’Europa e tale dobbiamo rimanere, è la nostra forza». E aggiunge: «Lo stop al diesel e alla benzina fissato dall’UE al 2035 potrebbe mettere in estrema difficoltà settori dell’automotive che hanno investito nell’ibrido. Si rischia di bruciare posti di lavoro se corriamo troppo con la transizione ecologica e di mettere a rischio il pianeta se andiamo troppo piano. Le linee guida sono generali, ma non tutti gli stati europei si trovano nelle stesse condizioni. In Italia, per esempio, dove il 30% della componentistica per i motori delle auto è prodotto nel Nord Est, senza fondi per la riconversione, cancelleremmo 500mila posti di lavoro, naturalmente riferiti anche all’indotto».
Sull’elettrico pesa ancora il fatto che le batterie sono costruite in Cina, non essendo l’Italia ancora dotata di una gigafactory di batterie per auto elettriche. Altri svantaggi sono il minor utilizzo di manodopera e il maggior costo finale, che, senza adeguati incentivi, rischia di penalizzare l’utente. Ultimo aspetto, non meno importante, è che le colonnine devono essere ricaricate con fonti energetiche rinnovabili, ancora troppo poco sfruttate. Il PNRR è un’occasione unica, ma i fondi vanno spesi bene e non vanno sbagliati i tempi, conclude Bruchi.
Con Luca Aterini, direttore di Greenreport.it, la testata italiana, nata nel 2006, che per prima si è dedicata integralmente all’economia ecologica, è stato affrontato il tema della comunicazione ambientale: un compito reso difficile dalla sfiducia verso chi fornisce le informazioni e dalla tendenza a fidarsi dei social media e delle notizie che scegliamo di consultare.
Il giornalista evidenzia come gli stati nazionali siano in difficoltà nell’affrontare le sfide legate alla complessità e siano sempre meno capaci di proporre soluzioni proattive. Di contro, i cittadini hanno scarsi strumenti cognitivi per interpretare le interconnessioni di cui è fatta la realtà, oppure pensano di avere già le risposte pronte, senza aprirsi al confronto. Il lavoro del comunicatore dovrebbe ripartire dalla consapevolezza che la transizione ecologica non è un processo intrapreso per salvare il pianeta, ma per mantenere e migliorare la qualità del nostro benessere, rimodulando le nostre abitudini di consumo.
Il nuovo rapporto dell’IPCC, il gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, dice che è il momento di agire è ora, che possiamo dimezzare le emissioni entro il 2030: è un processo che possiamo riportare entro limiti accettabili, coordinandoci a livello internazionale. Come aveva fatto l’Europa, agli albori della pandemia, con il Green Deal e i suoi 1000 miliardi di euro in 10 anni per clima e lavoro.
La crisi climatica ci deve responsabilizzare all’azione anche a livello locale: in Toscana, la geotermia è una fonte rinnovabile che soddisfa il 30% del fabbisogno annuale di energia elettrica e che può servirsi di impianti sostenibili, cioè compatibili con la salute umana e con la salute del pianeta.
Siena, dove il 92% dell’energia elettrica deriva dalla geotermia, è un esempio per tutto il pianeta: dal 2011, la sua provincia è certificata come Carbon Neutral, ossia le emissioni di gas serra sono state ridotte per essere assorbite dall’ecosistema locale.
Sempre dal territorio senese, dove ha una sua sede operativa, nasce l’impegno nella promozione dei valori della sostenibilità da parte di ESTRA, la multiutility nata in Toscana nel 2009 e attiva in tutto il Centro Italia, che fornisce gas naturale, gpl ed energia elettrica ed eroga servizi nel campo dell’efficientamento energetico e delle rinnovabili, oltre ad occuparsi di connettività in fibra e di diverse attività nel ciclo ambientale.
Giovanna Poma, responsabile dell’ufficio stampa, illustra gli obiettivi green dell’azienda.
«Il nostro Piano Strategico 2021-2025 mette al centro l’essenzialità delle persone, il cambiamento
climatico, la transizione tecnologica. Traiettorie che incrociano otto dei diciassette SDGs (Sustainable Development Goals) dell’Agenda 2030 e sui quali Estra opera fattivamente.
Nel 2021 Estra ha prodotto da fonti rinnovabili 30,3 milioni di kWh di energia elettrica (85,7% dal fotovoltaico, 14,1% dalle biomasse e 0,2% dall’idroelettrico).
Altri dati significativi: il 94% dei rifiuti prodotti nelle nostre sedi vengono recuperati anziché smaltiti; in tre anni abbiamo piantato 9.000 alberi; l’energia termica prodotta dal nostro impianto a biomasse ammonta a oltre 18 milioni di kWh. Infine, con la società Estra Clima abbiamo sostituito le caldaie tradizionali con caldaie a condensazione.
Sosteniamo le comunità locali con iniziative a scopo sociale, culturale e artistico ed abbiamo istituito il premio giornalistico “Estra per lo Sport. Raccontare le buone notizie”.
Abbiamo educato alla sostenibilità ambientale i ragazzi delle scuole secondarie di primo grado e i bambini delle scuole primarie con i progetti “Energicamente” e “Roarr”.
La transizione ecologica non è una chimera, è qualcosa che si compie ogni giorno con azioni virtuose. Solo educando le nuove generazioni a buone azioni quotidiane possiamo assicurarci un futuro migliore».
L’ultima testimonianza proviene da Treedom, azienda innovativa rappresentata da Tommaso Ciuffoletti. La missione di questa B Corporation è semplice, ma rivoluzionaria: piantare alberi in paesi in via di sviluppo con un click, seguire online la storia di ciascun albero e rendere il pianeta più verde. In 12 anni Treedom ha piantato 3 milioni di alberi, grazie all’apporto di 1 milione di persone e alle oltre 9mila aziende che hanno sposato il progetto e hanno reso vertiginosa la crescita dell’azienda.
Per lavorare in Treedom, Ciuffoletti ha lasciato, nel 2017, un ruolo da direttore marketing in un importante gruppo di aziende vinicole, dando una svolta alla sua vita e abbracciando la causa ambientale.
«Noi realizziamo progetti agroforestali – spiega – convinti che il tema ambientale sia centrale quanto quello sociale. La creazione di questi sistemi fornisce infatti una più ampia varietà di prodotti rispetto alla monocoltura (per esempio il mais). Spesso la scelta ricade su leguminose utilizzate per la concimazione naturale del terreno e su alberi da frutto. Gli alberi vengono piantati presso comunità locali, in 17 paesi di tre continenti (America Latina, Africa e Asia).
Tutti contesti non facili, in cui, grazie al nostro impegno sociale, contribuiamo al perseguimento di 10 dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dall’Agenda 2030.
L’albero è il principale strumento di assorbimento e stoccaggio della CO2, ma è anche molto di più se viene piantato per migliorare le condizioni di vita delle popolazioni.
Abbiamo superato la diffidenza nei nostri confronti e affrontato le diffidenze interne ad alcuni gruppi etnici, gestendo anche la vendita dei prodotti derivati dalle piantagioni: aiutiamo i contadini a creare cooperative, per evitare l’influenza dei broker dei grandi gruppi internazionali che impongono i loro prezzi e cerchiamo di superare sistemi legislativi che impediscono alle donne di essere proprietarie di terreni. In questo caso scegliamo cooperative di sole donne il cui titolare è un uomo. Il vero prodotto di Treedom è il racconto che sta dietro ad ogni albero scelto dall’utente attraverso la piattaforma. E il singolo albero ha senso nel quadro del racconto del lavoro generale svolto dall’azienda. Piantare un albero – conclude Ciuffoletti – è solo il punto di caduta di un lavoro infinitamente più complesso, capace di generare un impatto reale su una comunità».