Agricoltura biologica in Toscana
Luci e ombre di un settore in ascesa
L’agricoltura biologica è un metodo di coltivazione e di allevamento che ammette solo l’impiego di sostanze naturali, presenti cioè in natura, escludendo l’utilizzo di sostanze di sintesi chimica (concimi, diserbanti, insetticidi). Agricoltura biologica significa sviluppare un modello di produzione che eviti lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali, in particolare del suolo, dell’acqua e dell’aria, utilizzando invece tali risorse all’interno di un modello di sviluppo che possa durare nel tempo. Tutti concetti in linea con il modello di transizione ecologica verso cui le istituzioni di ogni livello stanno mirando.
Come si pone la Toscana in questo passaggio così delicato verso un modello agricolo più sostenibile? Secondo l’ultimo monitoraggio Sinab-Ismea per il mercato agricolo alimentare, la nostra regione è al terzo posto in Italia tra le regioni più bio.
In particolare, la Toscana è passata in un anno da 180.242 (2020) ettari di superficie bio a 225.295 (2021), segnando un incremento del 25%.
Oggi sono 225.295 gli ettari certificati, pari al 34% della superficie agricola regionale, mentre sono quasi 7mila operatori del biologico in Toscana (l’8% del totale nazionale).
Le superfici bio in Toscana incidono a livello nazionale per il 34,1% mentre per le aziende ci si attesta sul 13,8%. Gli operatori bio attivi a livello regionale sono 6974 (2021) rispetto ai 5.987 del 2020 (+16,5%).
Insomma, la Toscana nel suo piccolo ha già superato il target Farm to Fork del 25% di SAU (Superficie agricola utilizzata) bio, da raggiungere entro il 2030. Tale strategia fa parte dell’European Green Deal e mira a trasformare il sistema alimentare europeo, rendendolo più sostenibile sotto diversi aspetti e riducendo il suo impatto sui Paesi terzi, per esempio riducendo l’uso di pesticidi chimici, fertilizzanti, antimicrobici e antibiotici. Altri obiettivi sono sostenere la transizione verso abitudini alimentari sane, ridurre gli sprechi alimentari e combattere le frodi alimentari lungo la filiera.
In Toscana nel 2022 crescono anche le coltivazioni bio: +2,8% per le superfici investite a cereali trainate soprattutto dai maggiori investimenti a grano duro e tenero, stabili le colture foraggere (-0,7%) e i prati e pascoli (-0,8%). In aumento le colture permanenti (+3,5% nel complesso).
Se da una parte si riducono gli agrumeti (arance -17,2% e limoni -0,8%) e rimangono sostanzialmente stabili i meleti bio (-0,4%) e gli oliveti (+0,5%), aumentano i noccioleti (+12,5%) e i vigneti (+9,2%)
La viticoltura è quella che a livello biologico ha avuto il maggiore exploit: il 32% della superficie a vigneto regionale (oltre 19 mila ettari) è coltivata secondo il metodo dell’agricoltura biologica, ossia circa un terzo dell’intera superficie a vigneto regionale è coltivato con metodi sostenibili, il 17% della superficie a bio in Italia. 350mila gli ettolitri bio, il 15% dei 2,2 milioni di ettolitri prodotti a livello nazionale.
Buone notizie arrivano anche dalla modifica al Piano di sviluppo Rurale per il 2022 che la giunta regionale della Toscana ha presentato alla Commissione europea: alla nostra regione è stato infatti concesso un incremento della dotazione finanziaria della misura 11 “Agricoltura biologica” – per il finanziamento della seconda annualità di impegno (2022) per tutte le aziende beneficiarie del bando 2021.
Un contributo importante alla conservazione della biodiversità e alla salvaguardia dell’ambiente, primi presupposti dell’agricoltura biologica, lo danno sicuramente realtà toscane come i 37 Distretti del Cibo iscritti nel Registro Nazionale del Ministero delle politiche agricole (10 rurali, 1 biologico, 21 strade del vino, dell’olio e dei sapori e 5 Comunità del cibo) e i 6 Paesaggi Rurali: Paesaggio Rurale Storico Di Lamole – Greve In Chianti; Paesaggio Collinare Policolturale Di Pienza e Montepulciano; Paesaggio Policolturale Di Trequanda; Paesaggio Policolturale Di Fibbianello – Comune Di Semproniano; Paesaggio storico della Bonifica Leopoldina in Valdichiana; Paesaggi silvo-pastorali di Moscheta.
L’agricoltura biologica sta quindi ricevendo sempre più le giuste tutele: a livello normativo è intervenuta la legge del 9 marzo 2022 n. 23, secondo la quale la produzione biologica viene definita attività di interesse nazionale con funzione sociale e ambientale. Dal testo è stata eliminata la tutela dell’agricoltura biodinamica, che inizialmente era stata equiparata a quella biologica.
Viene poi istituito il marchio biologico italiano per quei prodotti biologici ottenuti da materia prima italiana e prevista tutta una serie di obiettivi volti ad agevolare la conversione al biologico, sostenendo la costituzione di forme associative e contrattuali per rafforzare la filiera delle piccole aziende agricole biologiche e incentivando il biologico nella ristorazione collettiva e nelle mense pubbliche.
Sul fronte comunicativo l’obiettivo è promuovere progetti per i prodotti provenienti dai distretti biologici che permettano la tracciabilità delle diverse fasi produttive e l’informazione al consumatore sulla sostenibilità ambientale, la salubrità del terreno, la lontananza da impianti inquinanti, l’utilizzo di prodotti fitosanitari ecocompatibili e le tecniche di lavorazione e imballaggio utilizzate.
Il ‘caso’ Toscana Biologica
Per far conoscere e diffondere le buone pratiche del biologico e promuovere in modo coordinato i prodotti agricoli toscani e biologici, nel 1983 alcuni pionieri del biologico in Toscana decisero di costituire il Coordinamento Toscano Produttori Biologici. La certificazione del bio riconosciuta dalla Comunità Europea nascerà diversi anni dopo, con la Legge 2092/91.
Da questa realtà nacque il Consorzio no profit Toscana Biologica, di cui facevano parte ufficiale 18 aziende che conferivano i propri prodotti, insieme a quelli di circa altre 60 realtà agricole sempre bio e toscane, alle botteghe di Toscana Biologica dei centri città di Firenze e Pisa.
Purtroppo, dal 30 settembre scorso Toscana Biologica ha chiuso l’attività e i suoi negozi sono stati rilevati da NaturaSì, marchio nato nel 1985 per sostenere le aziende agricole biodinamiche e biologiche.
Marco Bignardi, ex coordinatore di Toscana Biologica, ha dichiarato che l’attività è stata travolta dal terribile momento legato al post pandemia, alla paura, alla guerra, agli aumenti spaventosi dell’energia.
La gestione di un luogo dove parlare di biologico, scambiare opinioni, esperienze, dare risposte, oltre che selezionare i migliori prodotti biologici toscani, per Bignardi è risultata essere troppo costosa rispetto agli scarsi margini che il settore può permettersi.
Domanda e offerta non si attraggono abbastanza secondo Bignardi, «allontanate dalle paure, dalla concorrenza della grande distribuzione, da una carenza di comunicazione sul valore del cibo, sui modi e sui motivi per indirizzare la proprio spesa».
Anche il biologico può essere economico?
Il dibattito sui pro e i contro del biologico ha una dimensione internazionale. Interessante in questo senso la riflessione dell’economista belga Pierre-Alexandre Billiet, secondo il quale «il bio deve comunicare in modo diverso, adeguando il proprio marketing». «I consumatori – continua Billiet – equiparano sempre più il biologico ai prodotti di lusso. Gli alimenti bio sono di norma un po’ più cari, ma assolutamente competitivi rispetto a quelli non biologici. È indispensabile informare meglio il consumatore sulle proprietà e caratteristiche offerte dal settore, che sono il vero tratto distintivo rispetto a cibi più economici». Associazioni come la francese Maison de la bio e la tedesca BÖLW (Federazione dell’industria alimentare biologica) tengono a precisare che nel contesto inflazionistico, proprio i prodotti biologici potrebbero rappresentare un’alternativa più economica, dato che sono svincolati dai fertilizzanti azotati di sintesi, i cui costi nell’agricoltura convenzionale sono invece in aumento.
Il mercato bio è in espansione
Secondo l’Osservatorio SANA 2021 di Nomisma, le vendite alimentari bio sono cresciute del 5% rispetto al 2020 con un boom del +67% nel canale e-commerce. L’Italia si guadagna la seconda posizione nella classifica globale a valore dell’export di prodotti bio, raggiungendo quota 2,9 miliardi. La base clienti che negli ultimi dodici mesi ha acquistato un prodotto biologico nel 2021 ha raggiunto l’89% delle famiglie (nel 2012 questa percentuale era del 53%). Questo significa che oggi quasi 9 famiglie su 10 hanno acquistato almeno una volta nell’ultimo anno un prodotto biologico e che in soli 9 anni il numero di famiglie acquirenti è aumentato di circa 10 milioni.
In oltre la metà delle famiglie italiane (54%), cibo e bevande bio si consumano almeno una volta a settimana e per il 50% dei responsabili degli acquisti alimentari il biologico nel carrello rappresenta sempre la prima scelta, soprattutto per alcune categorie di prodotti come frutta, verdura e uova.
Tra i fattori che attraggono i consumatori abituali, compare il valore della sostenibilità: il rispetto della biodiversità, del suolo, il benessere animale ma anche il giusto compenso per i lavoratori agricoli che lo producono rappresentano dei buoni motivi per comprare un prodotto alimentare biologico secondo il 39% dei consumatori.