Aerospazio e la propulsione elettrica
Una passione incrollabile, una lunga gavetta e una grande preparazione. Poggia su questi pilastri il percorso che ha portato Fabrizio Scortecci a fondare Aerospazio Tecnologie s.r.l. nel 2000, con l’obiettivo di fornire test altamente qualificati nei settori della propulsione elettrica, del termovuoto e della simulazione spaziale
Ma come è nata questa passione e come si è trasformata nel suo lavoro?
«Per la mia tesi di laurea mi fu offerto di partecipare al progetto di un propulsore elettrico innovativo, era il 1988. Dopo 2 anni di lavoro la passione era subentrata e chiesi al mio relatore, il Prof. Andrenucci del Dipartimento di Ingegneria aerospaziale dell’Università di Pisa, se c’erano delle possibilità di rimanere nel centro che mi ospitava per la tesi (il Centrospazio del Consorzio Pisa Ricerche). Da lì, dopo una lunga gavetta fatta di borse di studio e contratti co.co.co., arrivai finalmente al contratto di lavoro ordinario. Al Centrospazio, ho imparato tutto e devo tutto, sono stati anni indimenticabili, di invenzioni, di pazzie, di amori, come solo l’energia di un gruppo di giovani ricercatori può dare. Molti di noi sono partiti da lì per affermarsi nelle maggiori aziende europee del settore e nelle agenzie governative. L’attuale presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana, Giorgio Saccoccia, viene da lì, abbiamo vissuto insieme i momenti più entusiasmanti ed esaltanti dello sviluppo tecnologico europeo e reso Pisa uno dei maggiori centri continentali della propulsione elettrica spaziale».
Abbiamo parlato di propulsione elettrica: in cosa consiste nello specifico, quali tecnologie richiede? E soprattutto, può essere traslata a “usi terrestri”?
«Nella propulsione elettrica si sfrutta l’energia del sole, attraverso i pannelli solari, per creare delle scariche elettriche, o meglio degli archi (un plasma tipo quello della saldatrice ad arco) in un gas, che poi viene espulso ad alta velocità con un gioco di campi elettrici o elettromagnetici.
Per questo scopo si utilizzano gas nobili come lo Xenon, il Kripton o l’Argon. Tutti gas inerti che per loro intrinseca natura non sono tossici, esplosivi o portatori di particolari rischi per l’uomo e l’ambiente. È sicuramente una propulsione “green”. Al contrario, la propulsione chimica utilizza l’energia che si libera nella combustione di due reagenti per accelerare questi attraverso un ugello di scarico verso l’ambiente esterno (lo spazio). È un tipo di propulsione, pertanto, che utilizza di solito gas tossici, esplosivi, con problematiche importanti per l’ambiente. È tuttavia l’unico sistema di propulsione che consente alte spinte e costituisce l’unico sistema possibile per i razzi vettori (tipo Ariane, Vega).
Essendo basata sulla creazione di plasmi, la propulsione elettrica ha certamente ricadute su applicazioni terrestri, basti pensare ai sistemi di trattamento delle proprietà dei materiali per bombardamento ionico, bruciatori ad arcogetto, certi strumenti per il taglio a plasma anche nel settore medicale».
Come si è trasformata l’attività di Aerospazio in questi oltre 20 anni di vita?
«Ho iniziato, come si fa spesso, nel garage di famiglia. All’inizio era una attività assolutamente artigianale, abbiamo costruito il primo laboratorio e la prima camera a vuoto con il personale dell’azienda paterna. Muratori, gente fantastica, che non si spaventa di nulla. Di giorno lavoravano con mattoni e cemento per costruire case e a fine serata venivano da me ad aiutarmi a montare parti complicatissime della camera a vuoto. Successivamente, con lo svilupparsi delle attività, abbiamo potuto assumere sempre più persone e strutturarci come una azienda industriale. Oggi abbiamo 5 laboratori in Toscana tra Rapolano Terme (SI) e Collesalvetti (LI), le camera a vuoto non le conto più».
Uno dei vostri punti di forza è l’attività di testing dei motori dei satelliti. Come si svolge e chi sono i vostri principali clienti?
«Lavoriamo soprattutto per clienti industriali europei. I costruttori satellitari, Airbus, Thales Alenia Space, e i costruttori dei propulsori, Safran, ArianeGroup, Thales. Riceviamo i propulsori, li controlliamo e poi li installiamo all’interno della camera a vuoto. Si esegue una serie di collaudi secondo un piano di prova prestabilito, con molte misurazioni specialmente del getto di scarico. Si redige un rapporto di lavoro che spiega cosa si è fatto e certifica le prestazioni del propulsore. Facciamo anche molta attività di ricerca, sia su fondi regionali che europei. È una parte essenziale del nostro lavoro perché ci consente di accrescere le nostre conoscenze, sviluppare nuovi metodi o prodotti e in generale restare al vertice della tecnologia».
Fate parte di ToscanaSpazio, quali sono i principali benefici che ha portato al settore la nascita dell’associazione?
«L’associazione ha svolto un ruolo molto importante nei rapporti tra le aziende toscane dello spazio e gli enti pubblici. Far conoscere le problematiche delle imprese, sollecitare la messa in campo di strumenti di intervento specifici per lo sviluppo del settore è essenziale per mantenere la competitività delle imprese, specie considerando che la concorrenza internazionale può contare oggi su enormi finanziamenti che in Italia, purtroppo, non possiamo avere».
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